Usa. Trump al discorso sullo stato dell’Unione: tanti slogan e nessuna analisi del lavoro fatto

di Guido Keller –

E’ un’America rinata quella che il presidente Usa Donald Trump ha dipinto nel suo primo discorso sullo stato dell’Unione, il paese del “sogno americano”: “non c’è mai stato momento migliore per iniziare a vivere il sogno americano”.
In quasi un’ora e mezza di slogan e di promesse il capo della Casa Bianca ha parlato di ”straordinari successi” raggiunti in un anno di presidenza, ed ha chiesto agli americani di “mettere da parte le divisioni e le differenze per individuare un terreno comune su cui ritrovare l’unità”. Nel suo discorso da campagna elettorale, più che di analista che fa il resoconto di un anno di lavoro, Trump ha parlato “del tipo di futuro che avremo e del tipo di nazione che saremo. Tutti noi, insieme, come una sola squadra, un solo popolo, una sola famiglia americana”, perché contano “la fede e la famiglia, non il governo e la burocrazia”.
Così, dopo aver teso la mano ai democratici e aver aver speso tempo e energia per galvanizzare la platea, Trump è passato in modo rapido e non esaustivo su temi centrali puntando il dito contro i “nemici”, una volta i nordcoreani, un’altra i russi, poi ancora gli accordi commerciali. “Abbiamo finalmente voltato pagina su decenni di accordi commerciali ingiusti che si sono fatti a spese della nostra prosperità, dei nostri posti di lavoro i posti di lavoro e della nostra ricchezza nazionale”, ha spigato al Congresso il presidente Usa, mentre in tema di energia ha fatto notare di aver “posto fine alla guerra sul carbone pulito, per cui oggi siamo esportatori di energia”. “Abbiamo fatto i più importanti tagli delle tasse – ha continuato – e dalle elezioni abbiamo creato 2,4 milioni di nuovi posti di lavoro. Dopo anni di stagnazione, finalmente vediamo i salari aumentare”. “Le richieste di sussidi di disoccupazione hanno raggiunto i livelli minimi da 45 anni” (…) “e, cosa di cui sono orgoglioso, vi è stato un drastico calo della disoccupazione tra gli immigrati e gli islamici”.
“Grazie ai tagli fiscali le aziende stanno tornando negli Usa”, ha fatto notare Trump, aggiungendo che “molte case automobilistiche stanno costruendo ed espandendo i loro impianti negli Usa, cosa che non vedevamo da decenni”.
Sui migranti Trump ha tirato fuori con enfasi le sue politiche migratorie facendo notare che “anche gli americani sono dreamers, devo proteggerli”, ed ha ricordato il suo piano di legalizzare 1,8 milioni di immigrati presenti sul suolo Usa fin da piccoli in cambio del finanziamento per la costruzione del muro, che a dire il vero da campagna elettorale avrebbe dovuto pagare il Messico.
In tema di Esteri Trump ha dato l’impressione di vedere per un motivo o per l’altro nemici da tutte le parti, per cui “chiedo al Congresso una legislazione volta ad assicurare che gli aiuti economici degli americani servano sempre gli interessi dell’America e vadano solo agli amici degli americani”. Ha poi parlato della necessità di “modernizzare e ricostruire il nostro arsenale nucleare, nella speranza di non doverlo mai usare, ma rendendolo cosi forte e potente per fare da deterrente a qualsiasi atto di aggressione”.
Per il presidente Usa “Mosca e Pechino stanno minacciando ora la nostra economia, i nostri interessi e i nostri valori. Per questo dobbiamo rendere più forti le nostre Forze armate per dissuadere chiunque da qualsiasi aggressione contro l’America”. E sulla Corea del Nord ha detto che “Non possiamo accettare che ci siano concessioni verso un regime degenerato che vuole distruggere gli Stati Uniti. Basti vedere il carattere depravato del leader nordcoreano per comprendere la natura della minaccia nucleare per gli Usa e i suoi alleati”. “Non commetterò gli errori delle amministrazioni passate”, ha aggiunto.
Sull’Iran ha osservato che “Quando il popolo iraniano ha protestato contro i crimini della loro corrotta dittatura non sono rimasto in silenzio. L’America sta con il popolo iraniano e la loro coraggiosa lotta per la libertà”, per quanto – va detto – la composita protesta di inizio anno va visto in più parti i conservatori di Ahmadinejad scendere in piazza. E sull’accordo sul nucleare, che ha già annunciato di volere demolire, ha invitato il Congresso ad affrontarne “le principali falle”.