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Gli Usa hanno colpito alcune postazioni radar dei ribelli Houthi nello Yemen, dopo che un missile a medio raggio, quasi certamente uno Scud modificato, è stato lanciato verso l’incrociatore USS Mason. Il mezzo navale non è stato colpito, ma la cosa è stata interpretata come un atto ostile dai ribelli, che già una decina di giorni fa avevano bersagliato una nave degli Emirati Arabi Uniti danneggiandola gravemente.
Gli Houthi controllano parte del paese, tra cui due porti e la capitale Sanaa: il loro golpe, dietro al quale vi sarebbe l’Iran (che però nega), è arrivato dopo che per mesi avevano chiesto invano alcuni riconoscimenti come l’inserimento di 20mila appartenenti alla minoranza sciita nelle forze armate governative, l’assegnazione di 10 ministeri e l’inclusione nella regione di Azal, di Hajja e dei governatorati di al-Jaw. Gli houti sostengono l’ex presidente Ali Abdallah Saleh.
A sostenere le operazioni delle forze fedeli a Mansour Hadi, dal 26 marzo vi sono i raid della coalizione della Lega Araba, guidata dall’Arabia Saudita e che vede coinvolti Egitto, Sudan, Giordania, Marocco, Bahrain, Qatar e Emirati Arabi Uniti. Ai militari di terra si sono aggiunti mercenari di ogni dove, ed in ottobre si è appreso dell’arrivo di 800 colombiani esperti di guerriglia, in appoggio alle forze di Abd Rabbo Mansour Hadi.
In questo quadro l’azione contro gli Usa potrebbe essere stato un errore, anche perché fornirebbe il casus belli per un intervento più strutturato degli Usa nel paese.
Il cacciatorpediniere americano è stato invece inviato da Washington per garantire il traffico marittimo.