L’Islanda e “La Teoria del Rifugio”

di Enrico Malgarotto

L’intervento del presidente Zelensky al Parlamento islandese lo scorso 6 maggio ha rappresentato una svolta nella storia dell’isola dal momento che per la prima volta in assoluto un leader straniero ha parlato, sebbene da remoto, all’Alþingi. Il leader ucraino ha posto l’accento sulla necessità di fermare le esportazioni russe nel Paese nordico e ha denunciato le presunte deportazioni di Ucraini in terra russa. La scelta di rivolgersi all’assemblea legislativa islandese non è casuale, ma è stata dettata dal fatto che il Parlamento di Reykjavik è il più antico del mondo e storico modello di libertà nell’emisfero occidentale.
Ma da dove deriva questo modello di libertà? Nell’Alto medioevo, l’Islanda è stata prima di tutto rifugio dei pastori, contadini, artigiani e mercanti scandinavi che fuggivano dalle loro terre a causa della sete di conquista di Harald I, vissuto tra il IX e il X secolo d.C. e considerato il primo re di Norvegia. Nel 930 d.C. nacque l’Alþingi (letteralmente “assemblea generale” in islandese) ovvero l’unione dei capi famiglia che possono votare e prendere parte alle decisioni politiche dando quindi inizio al modello islandese di democrazia. Durante l’occupazione danese e norvegese dell’isola (entrambe le terre erano sotto un unico monarca) a partire dal 1380 circa, il ruolo dell’assemblea islandese perse importanza fino al XIX secolo quando un decreto reale permise la costituzione di un nuovo Alþingi presso la capitale. l’Islanda ottenne l’indipendenza dalla Danimarca solo nel giugno del 1918, anno in cui il re danese, attraverso un trattato federativo denominato Act of Union, riconobbe l’isola come Stato sovrano con una monarchia costituzionale unita alla persona del regnante della ex potenza dominatrice. Il vincolo tra i due Stati aveva validità fino agli anni Quaranta e, a partire da questa data, abrogabile entro tre anni per iniziativa di uno dei due Parlamenti.
Ma fu soprattutto durante la Seconda Guerra Mondiale che l’identità politica dell’isola cambiò per sempre. A causa della sua posizione strategica, l’Islanda fu sempre oggetto di interesse da parte del Terzo Reich nel corso degli anni Trenta. Allo scoppio del conflitto nel settembre del 1939, la Danimarca (e quindi anche l’Islanda) si dichiararono neutrali ma a causa del crescente interesse tedesco per l’isola, il governo britannico cercò di spingere il Paese ad entrare in guerra a fianco degli Alleati. Tentativo vano in quanto Reykjavik confermò la propria imparzialità. A seguito dell’invasione della Danimarca da parte delle truppe tedesche il 9 aprile del 1940, l’Alþingi dichiarò il sovrano danese Christian X impossibilitato a governare e annunciò formalmente la propria autonomia dal governo di Copenhagen.
Londra, di fronte alla forte volontà da parte dell’Esecutivo islandese di restare neutrale, ordinò alle proprie truppe di entrare in azione. Il 10 maggio del 1940 forze britanniche dei Royal Marines invasero l’Islanda dando inizio all’Operation Fork per evitare che l’isola potesse rafforzare i suoi contatti commerciali e politici con la Germania. Il governo islandese inviò formale lettera di protesta ma senza risposta da parte di Downing Street. Di fronte al silenzio della capitale britannica in merito all’invasione appena avvenuta, Reykjavik optò per la cooperazione con le truppe di Sua Maestà invitando la popolazione a fare lo stesso. Fin dalle prime ore dell’occupazione da parte delle forze inglesi (integrate successivamente da quelle canadesi), molti cittadini tedeschi furono arrestati e molti edifici e mezzi di trasporto furono requisiti per le esigenze degli occupanti. Sebbene la sezione intelligence delle forze di sbarco si aspettasse una forma di resistenza da parte soprattutto della minoranza tedesca presente nell’Isola, presto le truppe britanniche si accorsero che la sola forza armata presente era costituita dalla Polizia di Reykjavík forte di soli settanta uomini. La presenza di 25mila uomini del contingente anglo-canadese segnò profondamente e in maniera definitiva l’Islanda; prima di tutto il paesaggio venne modificato dal momento che cominciarono i lavori per la costruzione di porti, strade, ponti, ospedali e aeroporti indispensabili per le operazioni delle truppe straniere, dall’altra perché iniziò il fenomeno chiamato “La Situazione” ovvero l’unione di donne islandesi con gli occupanti che portò alla nascita di figli con padre sconosciuto. Questo capitolo della storia islandese è molto controverso e all’epoca dei fatti anche censurato al punto da definire questa prole come “i Figli della Situazione “.
Nel luglio del 1941, il controllo e la protezione dell‘Islanda venne affidata alle truppe di Washington che integrarono quelle del Commonwealth. Gli USA all’epoca si dichiaravano ancora neutrali: solo nel dicembre
dello stesso anno ci sarebbe stato l‘attacco giapponese di Pearl Harbour e quindi l‘ingresso degli Stati Uniti in guerra. Ciononostante, la posizione strategica dell‘isola rappresentava un punto fondamentale nell‘assicurare i trasporti aeronavali tra il Vecchio Continente e il Nuovo Mondo. Inoltre, le necessità belliche britanniche esigevano la presenza delle proprie truppe in altri teatri di guerra lasciando così scoperta l‘isola.
Nel maggio del 1944. attraverso un referendum costituzionale, la popolazione islandese optò per la repubblica come forma di governo. Il 17 giugno dello stesso anno, allo scadere del vincolo dell‘Act of Union del 1918, venne proclamato definitivamente sciolto il legame che univa l‘Islanda alla monarchia danese. Sveinn Björnsson venne nominato primo Presidente della Repubblica e come Primo Ministro Björn Þórðarson.
l’Islanda elaborò la cosiddetta “Teoria del Rifugio” (The Shelter Theory in inglese) nel contesto del secondo conflitto mondiale. Secondo questa tesi i piccoli Stati, a causa della loro vulnerabilità (anche dal punto di vista militare), individuano nella dimensione internazionale la propria sicurezza che solo un’organizzazione o una superpotenza possono garantire. Sebbene molti studiosi abbiano analizzato il comportamento dei Paesi considerati piccoli individuando caratteristiche di flessibilità che permettono agli stessi di adattarsi ad ogni circostanza, i mutamenti di ordine economico e politico costringono i governi locali a delle scelte. L’Islanda, non avendo un proprio Esercito o una Forza Aerea, nel 1949 aderì alla NATO e accettò, nel 1951, con uno speciale accordo tra le parti (Bilateral Defence Agreement), la presenza permanente di truppe, navi e velivoli statunitensi per garantire la difesa dell’Isola e il controllo del settore nordeuropeo. Nel 1948 Anche l’Islanda beneficiò del piano di aiuti economici statunitensi conosciuto come Piano Marshall per un totale stimato di quarantatré milioni di dollari. Anche alla fine della cosiddetta Guerra Fredda, quando la presenza militare statunitense in Europa diminuì e la minaccia rappresentata dall’Unione Sovietica venne meno, l’interesse per l’isola da parte degli Stati Uniti rimase. Attualmente, nel contesto di un quadro geopolitico europeo in costante mutamento, la difesa dell’isola viene affidata alle aviazioni dei Paesi NATO che a rotazione per alcune settimane rischierano i propri velivoli presso la base aerea di Keflavik. Priorità della dottrina di difesa dell’Alleanza Atlantica è infatti quello che in gergo militare viene chiamato GIUK GAP: acronimo di Greenland, Iceland, and United Kingdom, settore compreso tra Regno Unito, Islanda e Groenlandia che è considerato strategico per il traffico aeronavale tra Europa e Stati Uniti nonché la porta d’ingresso per la flotta russa per l’Atlantico e il Mediterraneo (attraverso le Colonne d’Ercole).
Nel mese di maggio 2022, l’Aeronautica Militare Italiana ha inviato i propri caccia di ultima generazione nella base islandese per prendere parte alle missioni di Air Policing. L’Operazione “Northern Lightning III”, che prende il nome da quello degli assetti impiegati, riporta l’Italia al centro della scena dopo che il nostro Paese già nel 2019 aveva avuto il privilegio di impiegare proprio in Islanda, per la prima volta a livello NATO, l’F-35A in un’operazione reale. Chissà cosa avrebbe pensato il vecchio eroe delle Saghe islandesi Grettir vedendo uno di questi aerei decollare dalla sua terra. Seppur nello stupore di vedere delle macchine volanti, probabilmente avrebbe pronunciato una delle frasi trascritte nelle leggende: “Ber er hver að baki nema sér bróður eigi” ovvero la schiena è vulnerabile, a meno che non si abbia un fratello (che te la protegge) (1).

Note:
1 – Traduzione dell’autore; fonte: The Viking Rune.