1984 in Cina?

di Dario Rivolta * –

Anche in Europa esiste l’elenco dei “protestati”, cioè di coloro che non hanno ripagato debiti commerciali precedentemente assunti. È pure previsto dalle leggi che chi sia incorso in fallimenti si veda limitato in alcune sue future iniziative economiche. Non ci sarebbe quindi da stupirsi se anche in Cina, oramai un’economia (parzialmente) di mercato, si provveda nella stessa direzione. A maggior ragione, poiché lo sviluppo in quel Paese è stato velocissimo, è comprensibile che si creino strumenti legislativi nuovi che aiutino le banche a decidere chi sia degno di nuovo credito e chi non lo sia. Tuttavia, sembra che Pechino sia andata perfino oltre.
Poco tempo fa è stato lanciato un piano, già attuato in alcune città pilota, per identificare chi è degno di credito o chi non lo è attraverso un sistema detto “credito sociale”. Non si tratta soltanto di valutare l’affidabilità economica di ogni singolo individuo ma di misurare quanto ognuno sia meritevole di essere considerato un vero “cittadino cinese” a tutti gli effetti. Il sistema prende in considerazione molte delle attività quotidiane nella vita di ciascuno e prevede benefici e penalizzazioni. Ad esempio, su ogni scheda individuale viene annotato se gli è capitato di fumare in una “no smoking area”, se ha portato a passeggio il cane senza guinzaglio e se non ha pulito le sue deiezioni, se in una coda davanti a un qualunque sportello pubblico non è stato disciplinato, se ha viaggiato sui mezzi pubblici senza biglietto, se ha speso denaro in acquisti frivoli, ha guidato sotto l’influenza dell’alcool, litigato con un vicino, passato troppo tempo con i video game o se ha diffuso on line chiacchiere maldicenti o notizie false. A suo favore, invece, si considera se sta aiutando parenti bisognosi, se dona denaro in beneficienza, se aiuta bambini o anziani ad attraversare la strada, se acquista pannolini per i propri figli e se è donatore di sangue.
Attualmente i dati sono raccolti manualmente dai funzionari comunali nelle città oggetto del test e sono poi comunicati anche agli amministratori di società considerate produttrici o fornitrici di beni o servizi di interesse generale. Il tutto sotto il controllo della Banca Popolare di Cina o della Commissione Nazionale per la Riforma e lo Sviluppo. Nonostante il progetto preveda in seguito una uniformità di procedure, ogni città pilota per ora può autonomamente decidere quali azioni prendere in considerazione e cosa farne. Tra le punizioni previste, oltre naturalmente alla difficoltà nell’ottenere crediti bancari, c’è la proibizione di poter soggiornare in certi hotel, di acquistare i biglietti per il treno in business class o nell’alta velocità, di non essere nominati o di essere rimossi da posizioni dirigenziali e di iscrivere i figli a certi tipi di scuole. Anche la ridotta velocità internet è prevista tra le possibili penalizzazioni. Chi al contrario accumula “crediti” ottiene sconti sui tassi di interesse bancari, check-in più veloci in aeroporti e hotel, check-up medici gratuiti e più facilità per i viaggi all’estero. In alcuni villaggi è previsto ottenere sconti sui combustibili per il riscaldamento e per l’acquisto di generi alimentari.
I media cinesi (non va dimenticato che la stampa è tuttora largamente soggetta ad un controllo governativo) hanno commentato il programma in maniera generalmente positiva, sottolineando come la popolazione abbia apprezzato e quanto questo sistema possa rendere più facili gli affari. I pochi critici hanno invece sottolineato i rischi di un aumento della burocrazia e soprattutto il pericolo che il sistema possa essere utilizzato da funzionari corrotti a scopi personali o magari corruttivi.
È evidente che ad un primo sguardo possa sembrare trattarsi di una procedura che semplicemente favorisca un maggiore senso civico e non dovrebbe quindi essere criticabile. Da un altro punto di vista però non si può fare a meno di notare come la registrazione ossessiva di tutti i comportamenti di un individuo assomigli molto a un controllo esercitato dal potere nei confronti di soggetti totalmente sudditi. Poiché il tutto rimane sotto la gestione dell’unico vero potere esistente di Cina, e cioè quello del Partito Comunista, è chiaro che esiste la possibilità di abusi e che il tutto finisca coll’essere un sofisticato modo per imporre standardizzazione dei comportamenti e conformismo sociale.
Molto realisticamente diventa possibile, se non probabile, che tra i comportamenti penalizzati possa essere inclusa ogni forma di dissenso, da atteggiamenti non del tutto conformisti a opinioni politiche non ortodosse. Qualcosa del genere è già prevista quando si decreta di voler punire chi diffonde pettegolezzi o maldicenze via internet. Chi e come stabilirà la differenza tra le notizie false o tendenziose e le semplici contestazioni di carattere politico? E criticare le decisioni governative sarà maldicenza o legittimo dissenso?
Non vogliamo dubitare a priori delle buone intenzioni di chi ha voluto far nascere il programma di “credito sociale”. Se però lo contestualizziamo alla centralizzazione assoluta del potere attuata dal presidente Xi e alla contemporanea repressione dei dissidenti/concorrenti (spesso attraverso l’accusa di corruzione), qualche sospetto può anche nascere.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.