A chi conviene l’Europa?

di Antonio Carbonelli * –

Il filosofo Popper in un’intervista a Marcello Pera su La Stampa del 6.10.92 a proposito dell’Europa disse che “Penso che coloro che hanno cercato di organizzare la comunità europea siano completamente irresponsabili. Hanno visto che l’America è una federazione e hanno pensato di fare qualcosa di simile. Gli USA hanno studiato il problema del bilanciamento dei poteri. A Bruxelles non sappiamo a chi questa gente risponde e non c’è potere per bilanciarli. C’è sì un parlamento a Strasburgo, ma non ha potere di controllare l’amministrazione. L’Europa fu suggerita da Churchill, e non è la prima volta che una buona idea di Churchill è stata applicata male. Churchill nella History of the English Speaking Peoples, III volume, the age of revolution, tratta estesamente della rivoluzione americana e della guerra di indipendenza. Nessuno di quelli che dirigono l’Europa l’ha letto. Esistono sempre conseguenze non volute che vengono alla luce solo dopo. Tutto ciò che hanno fatto è mettere in piedi un esecutivo e niente più. Ciò che sessant’anni fa ho chiamato ingegneria utopistica. La costruzione dell’Europa fin qui è stata fatta molto male. L’Europa non ha una costituzione democratica, e questa gente non ha nessuna idea circa il controllo democratico. Al momento sembra che ci sia un accordo fra Germania e Francia e che tutti gli altri membri abbiano, per così dire, una funzione accessoria. Tutta la questione dovrebbe essere riveduta da capo su basi diverse. Io sono per l’Europa, ma non per questo tipo di Europa. Questa Europa non è democratica, è dogmatica. Non so chi sia l’architetto, ma so per certo che un cittadino ordinario che legge i giornali non ha nessuna idea chiara né su che cosa è stato fatto né su chi l’ha fatto. È tutto impenetrabile”.
Quello di cui Popper non si accorge è che l’Europa che descrive è funzionale al perseguimento delle politiche liberiste di due filosofi economici, Hayek e Mises, soprattutto con l’introduzione dell’area valutaria uniforme costituita dall’eurozona.
Eppure già nel 1752 un altro filosofo, primo autore che si sia occupato approfonditamente di economia politica, Hume, nel saggio Sulla moneta sosteneva un principio che viene riferito ancor oggi dal Nobel per l’economia Krugman in Economia monetaria internazionale, per cui gli squilibri commerciali internazionali sarebbero compensati dal valore dei cambi, perché i paesi che esportano più di quanto importino prima o poi si troverebbero con il valore della moneta aumentato e dovrebbero cessare di esportare più di quanto importino, con la conseguenza che prima o poi raggiungerebbero di nuovo l’equilibrio nella bilancia dei pagamenti.
Questo meccanismo, a parte il fatto che potrebbe richiedere decenni o secoli, non può operare all’interno delle aree valutarie bloccate, come è oggi quella dell’euro, con la conseguenza che gli squilibri commerciali internazionali si riflettono sulla possibilità per le banche nazionali di erogare crediti alle famiglie e alle imprese.
Le tensioni di questi giorni in merito ai coronabond rischiano di far saltare per aria l’Europa. Eppure spero proprio che Conte abbia la consistenza umana per contrastare certi egoismi miopi. Germania e Olanda infatti non possono permettersi di trovarsene fuori: senza la moneta comune bloccata, le loro monete andrebbero alle stelle, e addio esportazioni di Mercedes, Audi, Bmw.

* Avvocato giuslavorista e filosofo a Brescia.