Abkhazia. E’ crisi energetica

di Giuseppe Gagliano

La Repubblica separatista di Abkhazia (Georgia) sta affrontando una crisi energetica senza precedenti, aggravata da questioni politiche interne e tensioni con il principale sostenitore esterno, la Russia. Il programma di interruzioni dell’elettricità, che limita l’approvvigionamento energetico a due periodi giornalieri di 2 ore e 20 minuti, evidenzia la drammatica situazione di una regione che lotta per mantenere la propria indipendenza autoproclamata, ma che rimane fortemente vincolata alla Federazione Russa.
L’Abkhazia è dipendente in gran parte dall’energia fornita dalla centrale idroelettrica di Enguri e dai trasferimenti energetici dalla Russia. Tuttavia il problema è stato esacerbato dall’attività illegale di mining di criptovalute, un processo che richiede un’enorme quantità di energia e che, nonostante il divieto ufficiale, è ancora ampiamente diffuso. La popolazione abkhaza percepisce con scetticismo le misure del governo per contrastare il fenomeno, ritenendo che le autorità siano conniventi con i grandi operatori del settore.
La Russia, tradizionalmente il principale fornitore energetico dell’Abkhazia, ha ridotto il supporto a causa dell’inadempienza abkhaza su accordi bilaterali, come la mancata approvazione di una legge che consentirebbe ai cittadini russi di acquistare proprietà nella regione. Il rifiuto di ratificare questi accordi ha portato a un incremento delle tariffe sull’energia fornita da Mosca, aggravando ulteriormente la crisi.
La crisi energetica ha catalizzato il malcontento popolare in Abkhazia, già segnato dalle dimissioni del presidente Aslan Bzhania a seguito di proteste contro la ratifica dell’accordo sugli investimenti russi. Con il potere presidenziale temporaneamente trasferito al vicepresidente Badra Gumba, la regione sta affrontando un vuoto politico che complica ulteriormente la gestione della crisi.
L’opposizione abkhaza, rappresentata dal canale Telegram Apsny Khabar, ha avanzato richieste di maggiore trasparenza e responsabilità, proponendo l’avvio di indagini su presunti illeciti nei settori del bilancio e dell’energia. La nomina di un nuovo procuratore generale è diventata un terreno di scontro, con l’opposizione che chiede di posticipare la decisione fino a nuove elezioni presidenziali.
Le tensioni con la Russia si riflettono anche sul piano economico. Mosca ha imposto un divieto all’importazione di mandarini abkhazi, ufficialmente a causa della presenza di un parassita, ma considerato dalla leadership abkhaza una misura punitiva per le recenti decisioni politiche della regione.
La crisi energetica dell’Abkhazia evidenzia il dilemma fondamentale della regione: la ricerca di autonomia politica si scontra con la dipendenza economica e infrastrutturale dalla Russia. Il Cremlino ha sempre considerato l’Abkhazia una pedina strategica per mantenere l’influenza nel Caucaso meridionale, ma le recenti tensioni suggeriscono che Mosca non è più disposta a sostenere incondizionatamente la Repubblica separatista.
Per l’Abkhazia, il futuro dipenderà dalla capacità di diversificare le proprie fonti energetiche e rafforzare la propria economia, ma le prospettive sono limitate. La dipendenza dalla centrale di Enguri e l’incapacità di attrarre investimenti esterni a causa dell’incertezza politica lasciano poche alternative.
La crisi abkhaza ha ripercussioni che vanno oltre i confini della regione. La crescente insoddisfazione popolare e l’instabilità politica potrebbero essere sfruttate dalla Georgia, che considera l’Abkhazia parte del proprio territorio, per intensificare gli sforzi diplomatici a livello internazionale. Allo stesso tempo, la Russia potrebbe utilizzare la crisi come leva per ottenere concessioni politiche dalla leadership abkhaza, consolidando ulteriormente il proprio controllo.
La situazione attuale rappresenta un banco di prova per il fragile equilibrio politico ed economico dell’Abkhazia. Mentre la regione cerca di navigare tra le pressioni interne e le aspettative esterne, la sua capacità di gestire la crisi energetica potrebbe determinare non solo il suo futuro, ma anche il ruolo che continuerà a svolgere nella strategia russa nel Caucaso meridionale.