Addio Tripoli, bel suol d’amore!

di Ercolina Milanesi –

La Libia italiana fu una colonia del Regno d’Italia nell’Africa settentrionale, durata dal 1912 al 1947 e, ufficialmente come colonia unica, dal 1934 al 1939.
A 100 anni esatti dalla prima volta, l’Italia va di nuovo in guerra contro la Libia. Era infatti il 1911 quando l’allora capo del governo, Giovanni Giolitti, intraprese, contro l’impero Ottomano, la breve guerra che portò, nel 1912, a rendere la Libia colonia italiana. Rimase tale fino al 1943, anno in cui le truppe italiane, assieme a quelle tedesche, dovettero ritirarsi, incalzati dagli inglesi. Le mire italiane sulla Libia vennero appoggiate dalla Francia, che vedeva di buon occhio l’occupazione di quel territorio in funzione anti-britannica. Fino al 1927, il territorio di quella che oggi è la Libia fu chiamato Africa Settentrionale Italiana. Poi venne diviso in due colonie, la Cirenaica e la Tripolitania, fino al 1934, quando venne adottato il nome “Libia”, termine usato dai Greci per indicare tutta la parte di nord Africa che non includeva l’Egitto.
Gli italiani dovettero vincere la resistenza guidata da Omar al Mukhtar, religioso e guerrigliero – a capo di un’organizzazione musulmana che si proponeva il rinnovamento dell’Islam e la liberazione dei paesi arabi da qualsiasi influenza europea – il quale fu messo a capo degli insorti all’età di 60 anni. Gli interventi dell’esercito italiano contro gli insorti, specialmente tra il 1928 e il 1932, furono molto duri.
Ma le successive politiche di Mussolini per riconquistarsi la fiducia delle popolazioni locali – comprensive anche della fondazione di 10 nuovi villaggi per gli arabi e i berberi – per fecero sì che, nel 1940, quasi 30 mila arabi e berberi si unirono all’esercito italiano per combattere gli inglesi. Nel 1939, fu persino fondata l'”Associazione Musulmana del Littorio”.
Al principio degli anni trenta, Mussolini ordinò l’inizio di una vasta immigrazione di coloni italiani nelle aree coltivabili della Libia. I coloni provenivano in particolare da Veneto, Sicilia, Calabria e Basilicata. Nel 1939 gli italiani erano 120 mila, pari al 13 per cento della popolazione, concentrati nella costa intorno a Tripoli e Bengasi (dove erano rispettivamente il 37 per cento ed il 31 per cento della popolazione). Italo Balbo, governatore dal 1934 al 1940, diede un forte impulso allo sviluppo economico della Libia, creando un’ampia rete di infrastrutture, comprendente 4 mila chilometri di strade e 400 di ferrovie a scartamento ridotto, oltre ad impianti industriali ed insediamenti agricoli, scuole, cattedrali, palazzi, viali e Tripoli divenne una città bellissima. Anche l’archeologia fiorì: città romane scomparse (come Leptis Magna e Sabratha) furono riscoperte ed indicate come simbolo del diritto italiano a possedere la Libia già romana. Nel 1939 la colonia della Libia fu incorporata nel territorio metropolitano del Regno d’Italia e conseguentemente considerata parte della Grande Italia, col nome di Quarta Sponda e tutti i loro abitanti ottennero la cittadinanza italiana.
Ora in Libia e nelle grandi città esistono solo rovine e tali rimarranno anche se parecchi stati avidi di potere come la Francia, l’Inghilterra e l’America sono già pronte ad entrare per…il petrolio. Che dire di noi italiani? Traditori come al solito, prima grande amore con Gheddafi, poi guerra. Gran brutta razza gli italiani che non sanno mai tenere fede ad una parola data.
Gli insorti libici sono pari ai partigiani italiani della seconda guerra mondiale, stesso ghigno satanico visto alla TV. Ma sono musulmani e vogliono tutta la Libia sotto l’Islam e non ci stupiamo se vedremo i corpi di Gheddafi e dei suoi figli impiccati su un piazzale Loreto. Con il Rais che faceva da scudo agli immigrati che volevano entrare in Italia avevamo una sicurezza. Ora in mano a musulmani estremisti dovremo vedere l’invasione aumentata di numero notevole finchè la nostra Patria dovrà lasciare le chiese a chi ne farà moschee.
Addio Tripoli, bel suol d’amore! Chi ha vissuto nella tua bella città non ti potrà mai dimenticare!