Afghanistan. Attacchi dei talebani a poche ore dall’intesa con gli Usa

di Marco Pugliese

Ammonta a 41 morti e a 15 feriti il bilancio ancora provvisorio di più attacchi terroristici avvenuti in due province settentrionali dell’Afghanistan, a basi dell’esercito di Kunduz e Baghlan. In entrambi i casi vi è stata la rivendicazione dei talebani tramite un comunicato del loro portavoce. Le azioni terroristiche arrivano a pochi giorni dall’ annuncio di Donald Trump del ritiro parziale delle truppe Usa come effetto degli accordi coltivati in Qatar.
I comandi Nato avevano immediatamente espresso perplessità, così come il governo afghano, preoccupato di non reggere l’urto futuro della forza militare talebana, che mira alla riconquista del paese.
In Qatar Usa e talebani hanno intavolato da alcuni anni trattative di pace fino ad arrivare ad una bozza di accordo, ma lo scoglio rimane il ruolo che avrà il governo di Kabul, per cui oggi un esponente della frastagliata parte talebana, Sher Mohammad Abbas Stanikzai, ha dichiarato ripreso dall’emittente Tolo che “L’attuale Costituzione è illegittima ed è stata imposta agli afghani dall’Amministrazione di Kabul. La Costituzione dell’Afghanistan deve essere ratificata dagli studiosi e dagli accademici religiosi dell’Afghanistan in modo che sia accettabile per il popolo afghano”.
Quello degli Usa più che un disimpegno è una vera e propria ritirata, per quanto puntano a mantenere nel paese alcune basi militari: in 17 anni di guerra hanno avuto migliaia di vittime e speso 100 miliardi di dollari per risultati militari nettamente al di sotto delle previsioni, tant’è che i talebani controllano ancora buona parte del paese.
Dal poco che si è appreso dell’accordo la parte talebana s’impegna a non creare una piattaforma per gruppi terroristici, come già era prima del 2001. La trattativa vera e propria passerebbe da Kabul, ovvero dal governo riconosciuto dall’Onu, la quale invita al dialogo e ricorda che solo nel 2018 la guerra ha provocato quasi 10mila vittime civili.
Kabul controllerebbe, stando alle visioni più rosee, il 55% del paese, mentre il resto è in mano ai talebani, organizzati militarmente e probabilmente in grado di sferrare attacchi in grado di permettere la ripresa di controllo del territorio.
Le zone per la produzione di oppio non sono mai di fatto passate sotto controllo della Nato.
Diversi generali Usa hanno lamentato una guerra condotta in modo non corretto sotto il profilo militare, con bombardamenti a tappeto inutili e poche vittorie via terra, l’impiego massiccio di droni e di reparti speciali ma spesso a difesa delle truppe in campo. Ed il risultato è stato un secondo Vietnam.
C’è poi la questione del ruolo italiano. Trump aveva chiesto più impegno, più soldi, truppe e mezzi, ma il ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha parlato di “contingente italiano” via dall’ Afghanistan in un anno, ovvero dopo le verifiche del Comando interforze. Nonostante la dichiarazione, alla Nato sono scettici, perché lasciare un hub internazionale del terrorismo senza controllo occidentale potrebbe significare ridare vitalità ad un processo pericoloso che si è tentato di bloccare in 17 anni di presenza sul territorio.