
di Giuseppe Gagliano –
L’Algeria ha scelto ancora una volta di privilegiare la difesa nazionale come pilastro del proprio bilancio statale. Con oltre 25 miliardi di dollari stanziati per il 2026, il Paese nordafricano conferma un trend che, a partire dal 2020, ha progressivamente trasformato l’apparato militare in un attore centrale della vita politica e strategica nazionale. Una cifra che, se rapportata ai 135 miliardi complessivi di spesa pubblica, testimonia il peso politico delle forze armate. La difesa riceve risorse pari a quelle del Ministero delle Finanze, superando di gran lunga sanità e istruzione.
Dietro questa scelta non c’è solo la difesa dei confini ma una visione più ampia: l’Algeria intende consolidare il proprio ruolo di potenza regionale in un contesto nordafricano e saheliano sempre più instabile. Le tensioni con Mali, alimentate dall’incidente con un drone maliano, si sommano alle sfide persistenti ai confini meridionali, traffico di armi, droga, militanza jihadista e migrazione irregolare. L’approvazione della “legge sulla mobilitazione generale”, che amplia il potere dell’esercito, mostra come la sicurezza sia ormai gestita come questione di Stato e non di governo.
La spesa militare, tuttavia, grava su un’economia fortemente dipendente dalle esportazioni di gas e petrolio. In un contesto di prezzi energetici volatili, mantenere livelli record di budget per la difesa significa sacrificare altre priorità strutturali. Mentre per la difesa si stanziano 25 miliardi, sanità e istruzione insieme arrivano a circa 17 miliardi di dollari, in un Paese con quasi 46 milioni di abitanti e un tasso di povertà stimato al 23%. Questa asimmetria riflette una scelta strategica: la sicurezza nazionale viene trattata come garanzia della stabilità interna e della sopravvivenza del regime.
L’esercito algerino mantiene una posizione dominante, consolidata dal suo ruolo nella guerra d’indipendenza e dal controllo quasi diretto su politica estera e difesa. Il presidente Abdelmadjid Tebboune è contemporaneamente capo dello Stato e ministro della Difesa. Dal 2022, difesa e diplomazia sono esentate dall’interrogazione parlamentare in nome del “segreto di Stato”. Questa struttura accentua la natura centralizzata e opaca delle scelte strategiche, rafforzando il legame organico tra potere politico e potere militare.
Sul piano militare, l’Algeria investe in sistemi avanzati di armamento, soprattutto di fabbricazione russa: missili balistici Iskander-E, caccia di nuova generazione e droni. La grande parata del 2025, con oltre cento velivoli esposti, ha sottolineato la volontà di presentarsi come attore strategico credibile e autonomo nel Maghreb e nel Sahel. Non è solo una questione di sicurezza: è una proiezione di potenza verso Marocco, soprattutto sul contenzioso del Sahara Occidentale.
Il rafforzamento dell’apparato militare è anche un mezzo per consolidare il consenso interno. Un esercito forte e visibile consente al potere di posizionarsi come garante di stabilità in un contesto di incertezza economica e sociale. Ma questo equilibrio è fragile: un calo prolungato dei prezzi energetici o una crisi sociale potrebbero rendere insostenibile un bilancio in cui le spese per la difesa prevalgono su quelle per welfare e sviluppo umano.











