America latina. Come i popoli indigeni combattono la diffusione del COVID-19

di Alberto Galvi

I popoli indigeni dell’America Latina in paesi come la Colombia, il Perù, l’Ecuador, la Bolivia, il Brasile e il Perù si stanno isolando volontariamente per fermare la diffusione della pandemia COVID-19. Finora non ci sono studi che dimostrano che gli indigeni siano più inclini a questo nuovo tipo di coronavirus, ma in Amazzonia ci sono almeno 76 persone che vivono in isolamento e il sistema immunitario dei suoi abitanti è molto più vulnerabile alle malattie.
Inoltre una delle raccomandazioni di base per evitare la diffusione del coronavirus è il lavaggio frequente delle mani con acqua e sapone. Tuttavia, in America Latina, questa semplice raccomandazione può essere difficile da soddisfare poiché la regione convive con una costante contraddizione.
Sebbene la regione abbia il 31% delle fonti di acqua dolce del mondo, quasi 37 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile, secondo fonti della Banca mondiale. Mentre in Bolivia le comunità indigene praticano la semina dell’acqua, in Perù l’acqua viene catturata dalla nebbia. La popolazione zapoteca in Messico svolge da molti anni lavori di raccolta dell’acqua in buche costruite a tale scopo.
Le prime misure attuate in America Latina a favore delle comunità indigene contro il coronavirus sono state attuate alcuni giorni fa. Il governo colombiano ha deciso di chiudere 2 delle più grandi aree e riserve naturali del paese dove vivono circa 30 mila indigeni appartenenti ai gruppi etnici dei Kogui, dei Arhuaco, dei Wiwa e dei Kankuamo.
La mancanza di servizi e delle cattive condizioni ospedaliere per queste città, hanno reso urgente la misura del divieto di ingresso ai turisti. Allo stesso modo, il governo del dipartimento della Magdalena, che contiene la più grande percentuale territoriale del parco della Sierra Nevada, ha vietato ogni tipo di attività turistica a livello dipartimentale.
In Messico e in Perù, le situazioni delle popolazioni indigene presentano caratteristiche simili come la povertà e la mancanza di servizi che ostacolano le misure di pulizia necessarie per evitare il contagio.
In America Latina ci sono attualmente 522 popolazioni indigene divise nei seguenti paesi: Messico, Bolivia, Guatemala, Perù e Colombia raccolgono l’87% del totale degli indigeni della regione. Il restante 13% della popolazione indigena risiede in 20 stati diversi.
Le principali popolazioni indigene sono le seguenti: diversi milioni sono i Quechua, i Nahua, gli Aymara, i Maya, i Yucateco e i Ki’che, mentre sono tra i 500 mila e 1 milione i Mapuche, i Maya, i Q’eqchi, i Kaqchikel, i Mam, i Mixtec e gli Otom.
Una cosa che colpisce molto sul destino delle popolazioni indigene è che sopravvivono alle epidemie senza causarle, come quelle portate dagli spagnoli appena scoperto il Nuovo mondo come il vaiolo, l’influenza e il morbillo, che hanno causato il crollo delle civiltà precolombiane.
Inoltre i diversi tentativi di distruzione delle popolazioni indigene attraverso la deforestazione e la contaminazione di fiumi e terreni, hanno confermato il rapporto che c’è tra queste distruzioni e le nuove mutazioni virali, a seguito del sovraffollamento di varie specie animali in spazi confinati, che hanno causato malattie come Ebola e il COVID-19.