Anno nuovo

di Cesare Scotoni

Anno nuovo. Come l’anno prima ascoltiamo con più compassione che simpatia l’italiano medio confrontarsi sui Media Mainstream con una faziosità degna del miglior tifo. Eternamente in attesa di un cambiamento degli equilibri geopolitici nel nostro scacchiere e delle ripercussioni che potranno avere sugli equilibri politici nel nostro Paese. Senza cogliere che nel frattempo quel cambiamento è ormai dietro le spalle e che in Italia manca solo un tassello importante ed un po’ di “cipria” alla Costituzione per concludere una transizione fin troppo lunga.
Il 28 maggio 2002, con gli accordi di Pratica di Mare, il confronto nella NATO tra chi da Londra poteva e chi da Berlino voleva, trovò spazi nuovi sul ruolo dell’Unione Europea e l’importanza del Mar Nero e della Turchia nelle ambizioni legate ad una Nuova Via della Seta, dal Pacifico al Grande Mediterraneo. Lo sforzo poi del governo di allora di diminuire la dipendenza italiana dal nucleare francese, e la possibilità di offrire da sud un’alternativa al Tarvisio era vista come il fumo negli occhi da una Germania che sul NorthStream I e II aveva costruito la sua egemonia nell’Unione Europea, fondata sull’euro e sull’export tedesco.
Senza le tante interferenze straniere, la più eclatante delle quali trovò sintesi nella Lettera Trichet – Draghi al governo italiano del 5 agosto 2011 e un establishment in buona parte votato all’opportunismo più egoista, forse gli esiti sarebbero stati meno drammatici per il nostro Paese. In ogni caso il concretissimo scontro “tra soci” dell’Alleanza sulla validità degli accordi Sykes Piqot del 1916 su Iraq, Siria e Libano prima, le pretese dei soci di riferimento dell’Unione Europea di prevalere con i loro interessi sulla NATO nei Balcani ed in Ucraina poi, hanno fatto saltare equilibri fragili quanto consolidati nell’ambito dell’Alleanza Atlantica.
Già nel 2015 la Russia si manifestò come “garante” dell’esistenza di Israele nei confronti dell’Iran, prima di intervenire in Siria a fianco dell’occidente e proporsi come interlocutore della Turchia in quell’area dopo il 2016. Mentre l’Italia, fuori dalla Libia grazie alla Francia e al silenzio di Washington, non era più in grado di giocare un ruolo internazionale neanche di rimessa, malgrado l’eccezionale lavoro dell’ENI sui giacimenti di gas nel tratto di Mediterraneo tra Cipro e l’Egitto. Il 13 agosto 2020 però lo schema della partita cambiava, grazie a D. J. Trump e a suo genero, con gli accordi di Abramo.
L’innegabile anomalia dei “voti postali”, che l’esito poi del novembre 2024 sancirà come eclatante e l’insediarsi alla Casa Bianca di quell’antica “mosca cocchiera” che è stato Joe Biden, a garantire continuità a potentati non più in grado di ricevere il conforto del voto popolare, le ambiguità ed i compromessi legati ad una carriera politica troppo lunga, gli indubbi limiti intellettuali emersi già in campagna elettorale e la scelta di porsi al fianco una vicepresidenza incolore, furono visti da Mosca, dove la provocazione era prevista ed attesa, come un’opportunità imperdibile per spingere Berlino fuori dalla NATO. E dall’Unione Europea.
Scommessa perduta quando, con la distruzione di un’infrastruttura strategica per la Germania e per l’Unione Europea a trazione franco-tedesca come il NorsStream da parte dei propri alleati, una Germania indebolita ed occupata accettò la nuova sconfitta ed affidò alla magistratura la propria risposta.
L’implosione delle ambizioni europee, dopo la passeggiata salentina di Joe Biden, si vide dopo la plebiscitaria rielezione di Trump alla riapertura di Notre Dam de Paris. E la scenetta von der Leyen, Macron, Zelensky.
In Italia nel frattempo il presidente che firmò nel 2021 gli accordi del Quirinale con Macron, fu rieletto nel 2022 in barba alle promesse ed alle ambizioni di Draghi. Perché, tramontato Biden, il nuovo presidente della Repubblica Italiana fosse poi eletto nel 2025 dalla nuova maggioranza che tutti si attendevano dalle urne. Il nodo di Palermo, così importante per le comunicazioni tra tre continenti, tornò quindi in mano sicure. Gesto di attenzione verso Washington cui un Macron sempre più indebolito non poteva certo opporsi. Su quel bel gesto l’Italia, che resta l’unico promotore del progetto europeo delle origini ad opporsi ancora ad un esercito europeo fuori della NATO, riebbe dopo anni di assenza un ambasciatore USA in Roma ed oggi cerca di essere un’alternativa alla Polonia nella nuova NATO grazie alla sua posizione nel Mediterraneo.
E ormai la questione politica che, spinta dalla cronaca, sembra pronta ad essere all’attenzione delle prossime discussioni ferragostane è solo quella di chi sarà il prossimo presidente della Repubblica. Che sarà eletto da un centrodestra in attesa di legittimarsi come moderato anche in Europa. L’uscita di scena di Elisabetta Belloni è un tassello di un percorso. Si vedrà poi dove porta.