Arrivano gli ispettori Oms e scoppiano i focolai: i dubbi sui dati ufficiali della pandemia in Cina

di Enrico Oliari

Proprio nel giorno in cui gli ispettori dell’Oms sono arrivati a Wuhan per indagare sulle origini del coronavirus che ha scatenato la pandemia, nella provincia di Hubei si è registrato un morto di Covid-19. Si tratta del primo caso dopo mesi, e la Commissione sanitaria nazionale parla ormai di focolai che hanno determinato 138 casi di contagio accertati ed un nuovo lockdown nell’intera regione settentrionale dello Heilongjiang.
La Cina cessa quindi di essere ufficialmente a zero casi nonostante la pandemia sia partita proprio da Wuhan, città sovraffollata da 11 milioni di abitanti, e le misure severe introdotte per contrastare l’epidemia hanno bloccato due dei dieci ispettori dell’Oms proprio perché risultati positivi ai test.
I bassissimi dati ufficiali di contagi e decessi, 87.844 e 4.634 nel paese abitato da quasi un miliardo e mezzo di abitanti e dalle megalopoli sovrappopolate, sono in forte contrasto con i dati globali della pandemia di quasi 93 milioni di casi accertati e 2 milioni di morti, per cui ciò che lascia stupiti è la concomitanza dell’arrivo degli ispettori dell’organizzazione dell’Onu con la ricomparsa dell’epidemia in Cina.
La task force di ispettori ha precisato che lo scopo della loro missione a Wuhan non è quello di “cercare colpevoli”, bensì quello di trovare elementi utili a combattere l’epidemia stessa, come pure di accertare o smentire una volta per tutte se l’epidemia sia stata dovuta alla fuga del virus dal laboratorio militare d Wuhan, di livello 4 (il massimo sulla scala della sicurezza).
Certo è che se le autorità cinesi hanno nascosto la polvere sotto il tappeto, questo non sfuggirà agli ispettori dell’Oms: non a caso già nei giorni scorsi il centro di Prevenzione e controllo delle Malattie cinese ha sconfessato i dati ufficiali di 50mila casi accertati a Wuhan: basandosi su un campione di 34mila persone, il centro ha rilevato un’incidenza di presenza di anticorpi del 4,43% negli abitanti di Wuhan, mentre in altre città della stessa regione di Hubei il tasso è dello 0,44%; nella realtà il numero dei contagiati nella città di Wuhan sarebbe stato di 500mila.
Il presidente Usa Donald Trump e la sua amministrazione si sono scagliati duramente contro le autorità cinesi non perché è da lì che è partita l’epidemia (la Spagnola che agli inizi del Novecento causò 50 milioni di morti aveva avuto origine negli Usa), bensì perché a dire di Washington i dati diffusi sarebbero stati tendenziosamente falsificati impedendo al resto del mondo di prendere le dovute misure per contrastare la pandemia, come ad esempio bloccare immediatamente il traffico aereo.
Forte dei rapporti dell’intelligence, il capo della Casa Bianca si era detto convinto che Pechino avesse mentito sui dati anche grazie alla collaborazione del numero uno dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, il quale a suo dire sarebbe stato eletto grazie al supporto dei paesi africani, oggi in mano all’imperialismo cinese. Da qui la decisione di ritirare gli Usa dall’Oms.
Tutto ruota insomma attorno alla relazione che i tecnici dell’Organizzazione mondiale della Sanità produrranno, per quanto in molti, non solo a Washington, non si fanno illusioni.