Australia. Infiltrazioni cinesi nelle università e nell’industria per spiare le ricerche

di Giuseppe Gagliano

All’inizio del marzo scrso il direttore dell’Australian Security Intelligence Organization, Mike Burgess, è apparso davanti al Parlamento australiano per rispondere alle domande dei parlamentari sulle interferenze straniere nel territorio australiano. Durante la sua udienza Burgess ha spiegato, senza specificare quali, che i servizi segreti di nove paesi diversi stavano cercando di rubare ricerche e tecnologie sensibili alle università australiane e agli scienziati australiani. Nel febbraio 2021 Burgess ha detto che i ricercatori australiani e le loro famiglie sono stati minacciati, o addirittura costretti o intimiditi da attori esterni che cercavano di fornire i risultati delle loro ricerche sensibili a uno Stato straniero.
Mercoledì 17 novembre il primo ministro australiano Scott Morrison ha annunciato un elenco di 63 tecnologie che saranno soggette a misure di protezione specifiche. Gli industriali e il mondo accademico dovranno essere più vigili per quanto riguarda, tra le altre cose, l’IA, il 5G, la stampa 3D, i droni, i vaccini e i magneti. Secondo la dichiarazione di Morrison, questo maggiore monitoraggio di alcune tecnologie strategiche sarà effettuato in cooperazione con gli Stati Uniti e il Regno Unito nell’ambito degli accordi Aukus.
Tuttavia la maggior parte delle operazioni di intelligence tecnologica si svolgono nel cyberspazio. Ad esempio nel 2018, un gruppo di hacker cinesi si è infiltrato nella rete informatica dell’Australian National University per entrare in possesso di progetti del National Security College, che forma funzionari australiani della difesa e dell’intelligence e lavora su progetti tecnologici relativi alla difesa australiana.
Il cosiddetto programma “Mille talenti”, lanciato nel 2008 da Pechino, è un’illustrazione eloquente del furto di conoscenze mirate a beneficio di uno stato. Guidato dal Dipartimento dell’Organizzazione del Partito Comunista Cinese, mira ad attrarre imprenditori e ricercatori che lavorano in campi ad alto valore aggiunto, tra cui l’intelligenza artificiale e i semiconduttori.
La storia della fondazione della società cinese Koala AI è un caso di studio ben documentato sull’argomento. Nel 2014 il professor Heng Tao Shen, professore-ricercatore presso l’Università australiana del Queensland, è stato reclutato per dirigere il Computer Science and Engineering Center presso l’Università di Scienza e Tecnologia Elettronica della Cina. Un anno dopo ha fondato Koala AI, una società in collaborazione diretta con il Ministero della Pubblica sicurezza cinese. Shen è poi tornato in Australia per assumere colleghi e studenti australiani. La maggior parte dei dirigenti dell’azienda ha lavorato o studiato nelle università australiane, a volte sotto la direzione di Shen o dei suoi colleghi, prima di unirsi all’azienda con il sostegno finanziario del programma. I membri del team di ricerca di Koala AI includono ricercatori del piano “Mille talenti” che lavorano presso l’Università del Nuovo Galles del Sud e l’Università del Queensland, nonché importanti scienziati dell’Università di Melbourne e dell’Università Nazionale di Singapore. Koala AI è ora un attore importante nel sistema cinese di sorveglianza globale e di credito sociale ed è in corsa per l’innovazione in termini di intelligenza artificiale e riconoscimento facciale.
È chiaro che dal 2018 gli australiani hanno cambiato il loro approccio alle ambizioni regionali cinesi. Il cambiamento di approccio è accelerato dal caso Koala AI. Non solo l’Australia ha formato dirigenti di aziende che lavorano sul sistema di sorveglianza globale cinese, ma ha finanziato la ricerca di Heng Tao Shen sull’IA nei sistemi di sorveglianza per un importo di 2,6 milioni di dollari.
L’esempio del programma “Mille talenti”, per certi versi paradossale, mostra come alcuni Stati abbiano già acquisito una serie di strumenti offensivi. Insieme a campagne di guerra informativa, questi programmi potrebbero diventare altamente dannosi.