Azerbaijan. Al via i lavori della COP29. E c’è già chi grida allo scandalo

di C. Alessandro Mauceri

La COP è la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Un momento in cui i leader mondiali si riuniscono per “concordare le azioni per affrontare la crisi climatica, come limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius, aiutare le comunità vulnerabili ad adattarsi agli effetti del cambiamento climatico e raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050”. Un aumento di “solo 1,5°” che in molte zone del pianeta è già stato superato.
Già lo scorso anno aveva sollevato polemiche la decisione di tenere gli incontri a Baku, in Azerbaigian. Realizzare per il terzo anno consecutivo la COP in un paese che basa la propria economia sui combustibili fossili (il premier li ha definiti “un dono del cielo”) è apparso a molti assolutamente insensato. Il petrolio e il gas rappresentano circa la metà dell’economia totale dell’Azerbaigian e oltre il 90% delle sue esportazioni, secondo quanto emerge da alcune ricerche di analisti statunitensi. Per questo la decisione di tenere i lavori della COP29 in questo paese era stata aspramente criticata. Una decisione, quella di realizzare comunque i lavori a Baku, che aveva fatto crollare anche il numero dei partecipanti.
Ora, prima ancora dell’inizio dei lavori, un nuovo scandalo ha leso la fiducia di tutti sul modo in cui sarà gestita la Conferenza delle Parti del 2024. La BBC ha diffuso un video COP29 nel quale si vede Elnur Soltanov, vice ministro dell’Energia dell’Azerbaigian e capo della commissione che organizza i lavori della COP29, rispondere ad alcuni ambientalisti che lo avevano contattato fingendosi rappresentanti di un fantomatico gruppo petrolifero e del gas. Nel corso della telefonata si parla anche accordi e del modo per sponsorizzare la COP. Nel video Soltanov accetta di facilitare gli accordi sui combustibili fossili al vertice sul clima. Nella registrazione ha parlato anche di un futuro che include i combustibili fossili “forse per sempre”. Soltanov ha detto che sarebbe stato “felice di creare un contatto tra il vostro team e il loro team (Socar, il nome falso con cui si sono presentati gli ambientalisti) in modo che possano iniziare le discussioni” e che “Ci sono molte joint venture che potrebbero essere stabilite”. Ha poi descritto il gas naturale come un “combustibile di transizione”, aggiungendo: “Avremo una certa quantità di petrolio e gas naturale prodotto, forse per sempre”.
Tutte dichiarazioni che vanno in direzione opposta rispetto a quelli che dovrebbero essere gli obiettivi delle COP. Lo scorso anno i partecipanti alla COP28 avevano concordato di abbandonare i combustibili fossili. In quell’occasione l’organismo delle Nazioni Unite, l’Intergovernmental Panel on Climate Change, aveva confermato che lo sviluppo di nuovi giacimenti di petrolio e gas è incompatibile con gli obiettivi climatici sottoscritti nell’accordo di Parigi.
Informato dell’evento l’organismo delle Nazioni Unite che supervisiona la COP, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), ha risposto in modo molto diplomatico: ha affermato che i funzionari non dovrebbero usare il loro ruolo “per cercare un guadagno privato” e che ci si aspetta che agiscano “senza interesse personale”.
La telefonata al vice ministro dell’Energia dell’Azerbaigian non è il primo scandalo che riguarda la gestione delle COP. Lo scorso anno, sempre la BBC aveva accusato gli Emirati Arabi Uniti di aver utilizzato il ruolo di paese ospitante dei colloqui sul clima delle Nazioni Unite come un’opportunità per concludere accordi su petrolio e gas. Gli Emirati Arabi Uniti hanno pianificato di utilizzare i colloqui sul clima COP28 per concludere accordi petroliferi.
Christiana Figueres, che ha supervisionato la firma dell’accordo di Parigi del 2015 per limitare l’aumento delle temperature medie globali ben al di sotto dei 2°C, ha detto alla BBC di essere scioccata dal fatto che ci siano persone che nel processo della COP abbia usato la propria posizione per concludere accordi su petrolio e gas. E che tale comportamento è “contrario e vergognoso” allo scopo della COP. “Un tradimento” al processo che dovrebbe portare all’eliminazione dei combustibili fossili.
Secondo fonti delle Nazioni Unite, più di 100 capi di Stato e di governo hanno confermato la loro partecipazione alla Conferenza delle Parti di Baku. Ma sono molti i leader mondiali che hanno dichiarato che non voler partecipere ai lavori della COP29. A cominciare dal presidente francese Emmanuel Macron: i rapporti tra i due paesi sono tesi da quando Parigi ha condannato l’offensiva militare dell’Azerbaigian contro i separatisti armeni nella regione separatista del Nagorno-Karabakh. Grande assente anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz. E così il presidente USA, Biden, che mancherà per il secondo anno consecutivo. Il presidente russo Vladimir Putin manderà una delegazione guidata dal primo Ministro. Anche re Carlo non parteciperà ai lavori: il governo del Regno Unito ha deciso di non nominarlo come rappresentante (nonostante il suo decennale impegno per l’ambiente). Assente anche il primo ministro canadese Justin Trudeau. E poi il primo ministro indiano Narendra Modi, il presidente cinese Xi Jinping, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa e il primo ministro australiano Anthony Albanese: nessuno di loro pare essere intenzionato a partecipare alla conferenza sul clima di quest’anno. Tra gli “assenti” anche molti rappresentanti dei paesi più colpiti dai cambiamenti climatici. Già ad agosto, il primo ministro della Papua Nuova Guinea, James Marape, aveva annunciato che non avrebbe partecipato alla COP29 in segno di protesta per la mancanza di “un rapido sostegno alle vittime del cambiamento climatico”. Ma l’assenza più significativa, forse, è quella del presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva: il Brasile ospiterà la COP30 a Belem nel 2025 e la sua assenza ha un significato che va oltre ogni dichiarazione.
Lo scorso anno, al vertice di Dubai erano stati registrati 83.884 partecipanti. Quest’anno, l’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) prevede circa 40mila persone.
L’errore è stato assegnare l’organizzazione delle COP a paesi come l’Egitto, agli Emirati Arabi Uniti o all’Azerbaigian. E c’è già chi pensa a cosa potranno fare le grandi compagnie del petrolio per non rinunciare al petrolio e al gas “naturale” (ma anche il petrolio è “naturale”).