Azerbaijan. Diritti civili: se la “verità” è di parte. Intervista all’ambasciatore Vaqif Sadiqov

di Giuliano Bifolchi –

sadiqov con bifolchiToccato negli ultimi tempi più volte dai media, l’argomento “’Azerbaigian” resta capace di dividere fra chi ne apprezza la modernità, lo spirito di accoglienza e la volontà di integrazione nelle delle principali organizzazioni mondiali, perseguendo modelli “occidentali”, e coloro invece che ne criticano il governo visto come dittatoriale, autore di limitazioni politiche e delle libertà, fautore di una politica estera aggressiva. Parlare di Azerbaigian è oramai doveroso, poiché questo piccolo paese del Caucaso meridionale, come conseguenza dell’instabilità del Nord Africa e dei rapporti tesi tra Russia ed Unione Europea, sta rappresentando un partner commerciale dal punto di vista energetico sempre più importante per Bruxelles e nello specifico per l’Italia, fattore che deve essere unito alla sua localizzazione all’interno della regione del Caucaso, vero ponte tra Europa ed Asia ed hub commerciale tra Mar Nero e Mar Caspio.
Notizie Geopolitiche ha incontrato l’ambasciatore dell’Azerbaigian in Italia, Vaqif Sadiqov, per conoscere l’Azerbaigian e trattare le tematiche attuali messe di recente in risalto dai media nazionali, tra le quali la questione dei Diritti umani e il quadro economico dopo la recente svalutazione del manat, moneta azerbaigiana, vista da alcuni esperti e media italiani come il primo segno di cedimento dello sviluppo economico di Baku.

– I media italiani nell’ultimo periodo hanno posto l’attenzione sulla questione dei Diritti umani nell’Azerbaigian, evidenziando una politica statale volta alla repressione delle libertà fondamentali come quella di stampa e di espressione. E’ apparsa su diversi quotidiani la classifica di Amnesty International che pone l’Azerbaigian nelle posizioni più basse per quel che concerne i Diritti umani; come risponde alle accuse effettuate nei confronti del Governo di Baku, etichettato come “regime”?
L’Azerbaigian ha ottenuto l’indipendenza nel 1991 e dall’inizio della nostra vita come Repubblica abbiamo dovuto affrontare problemi economici dovuti all’inflazione e problemi della sicurezza relativi al conflitto con l’Armenia. Durante gli ultimi 23 anni l’Azerbaigian ha effettuato notevoli progressi per quel che concerne la politica interna, l’economia, la tutela dei Diritti umani approvando una nuova Costituzione nel 1995, sostituendo quella dell’Unione Sovietica allora vigente, e avviando il processo di ingresso all’interno degli Organismi internazionali. Nel 1991 l’Azerbaigian che si presentava al mondo era molto differente da quello attuale il quale è stato rifondato attraverso un nuovo sistema giudiziario e legislativo che garantisce la libertà dei cittadini ed un nuovo sistema di controllo dei flussi migratori essendo il nostro paese, ed in generale la regione del Caucaso, punto di passaggio e di transito di persone tra l’Europa e l’Asia.
Analizzando la questione della libertà di stampa per prima cosa vorrei sottolineare come nel nostro paese esistano circa 5mila giornali e testate giornalistiche delle quali soltanto tre sono direttamente collegate e possedute dallo Stato, mentre le altre essendo indipendenti perseguono la loro linea editoriale che in molte occasioni attacca e si oppone all’attuale Governo, presentando dati più o meno corretti. Soltanto questo dato basterebbe a dimostrare l’apertura e la libertà di stampa vigente nel nostro territorio; se volessimo però ampliare il discorso al mondo di Internet, bisognerebbe dire che l’Azerbaigian dal 1992 non ha mai chiuso nessun portale ed ha invece garantito l’accesso al World Wide Web attraverso la realizzazione di una struttura interamente in fibra ottica come forma di supporto al network di Internet e attraverso la diffusione e promozione nelle scuole. In aggiunta è possibile evidenziare che la libertà di informazione in Azerbaigian è più alta di quella di molti altri paesi europei ed il Governo non ha mai chiuso le pagine ufficiali ed i siti Internet dei partiti di opposizione, rispettando invece la libertà di espressione politica.
La ragione per cui ci sono stati degli arresti nei confronti di giornalisti ed esponenti politici non è data dalla mancanza di libertà di espressione oppure dalla volontà di interrompere l’attività di informazione, ma dalle azioni che tali personaggi hanno condotto mirate ad istigare la violenza, la rivolta oppure incentrate sulle persecuzioni di particolari gruppi di persone o politici. Per far capire meglio la motivazione degli arresti occorre dire che l’esercizio della libera professione di giornalisti è ovviamente limitato dalle leggi presenti nella Costituzione dell’Azerbaigian, le quali mirano alla tutela delle libertà e dell’incolumità dei cittadini: se un giornalista nella propria attività di redazione di articoli scrivesse frasi a sfondo razziale oppure incitasse i propri lettori a prendere posizioni forti e violente contro una minoranza della popolazione, contro il Governo o contro uno specifico gruppo etnico, in questo caso non rispetterebbe quanto affermato all’interno della nostra Costituzione e quindi incorrerebbe in un procedimento penale e in un giudizio di una Corte. Un altro caso è quello del giornalista o politico il quale, partecipando in una manifestazione di piazza, esercitando quindi il diritto di libera espressione politica, agisca in modo violento contro le forze di polizia provocandone danni fisici: anche in questo caso, come forma di tutela di sicurezza, tale giornalista o politico sarà arrestato e avviato in un procedimento penale
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– Secondo quanto ha affermato, gli arresti che sono stati effettuati in Azerbaigian nei confronti di esponenti politici oppure di giornalisti sono stati motivati da ragioni di ordine pubblico e di sicurezza. Se però facessimo riferimento a quanto apparso sui media internazionali e nazionali, dovremmo parlare di “prigionieri politici” in quanto arrestati a causa della loro linea politica e della loro attività. Potrebbe chiarirci le posizioni del Governo di Baku in merito a tali prigionieri? E potrebbe spiegarci il motivo di tutta questa attenzione mediatica negli ultimi tempi nei confronti dei Diritti umani e della loro tutela nel vostro paese?
Il problema dei Diritti Umani trattato dai media internazionali e anche italiani è dato dalla mancanza di reali dati e dall’affidamento che viene riposto in pochi report promossi da alcune organizzazioni internazionali. Inoltre vorrei invitare a riflettere sulle parole “prigioniero politico” e sul loro significato: esiste una definizione internazionale per “prigioniero politico”? Amnesty International o Human Rights Watch definiscono “prigionieri politici” giornalisti e politici che vengono messi in prigione per la loro attività professionale, anche se occorre evidenziare come tale definizione sia vaga e soggetta a diverse interpretazioni. Per attività professionale si intende soltanto la redazione di articoli e l’organizzazione di manifestazioni di piazza, oppure anche attività violente volte a ledere l’incolumità fisica delle forze dell’ordine o di altri esponenti politici? Sulla base di quanto affermato da Amnesty International, come dovremmo allora considerare Snowden, un prigioniero politico oppure no? E cosa dovremmo dire allora di Assange oppure delle persone detenute a Guantanamo le quali sono state incarcerate senza il processo regolare in una Corte?
Tornando all’Azerbaigian le persone definite “prigionieri politici” dalle Organizzazioni internazionali in realtà sono state messe in prigione ed avviate ad un procedimento legale non per la loro attività professionale ma perché accusate di evasione fiscale, azioni violente contro le forze dell’ordine oppure ricatto ed estorsione.
In realtà la ragione reale di questi articoli sui ai Diritti umani è data dalla politica estera di Baku e dagli interessi che il nostro paese suscita per la sua posizione strategica e per le sue risorse. Perché non esistono report di Amnesty International o Human Rights Watch che parlano del milione di rifugiati dovuti a causa del conflitto del Nagorno-Karabakh? Perchè non analizzano l’attuale occupazione del territorio azerbaigiano da parte delle truppe armene, cioè il 20% del territorio corrispondente al Nagorno-Karabakh ed sette distretti limitrofi?. E perché l’inizio di queste critiche sono state effettuate a pochi mesi di distanza dai Giochi Olimpici Europei di Baku 2015 sulla falsa riga di quanto era avvenuto nel 2012 con l’organizzazione di Eurovision 2012, sempre nella capitale azerbaigiana? Inoltre perché Amnesty International ha avviato una campagna di boicottaggio dei Giochi Europei di Baku accusando l’Azerbaigian di aver speso ingenti somme di denaro per la loro realizzazione tralasciando i problemi interni ed invece non è intervenuta nei recenti episodi avvenuti a Francoforte in merito all’apertura della nuova sede della Banca Centrale Europea, il cui costo è stato superiore l’intera organizzazione dei nostri Giochi?

– Stando a quanto ha dichiarato e pensando al rapporto che si sta creando tra l’Azerbaigian e l’Europa, ed in questo caso anche all’Italia se guardiamo alla Tap (Trans Adriatic Pipeline, ndr.), non converrebbe al Governo di Baku impostare una politica differente che possa cambiare il modo in cui il vostro paese viene visto dall’esterno?
Il Governo di Baku non deve cambiare la propria politica interna ed il modo di gestire le problematiche incorse negli ultimi tempi perché, come evidenziato precedentemente, i procedimenti legali sono stati avviati nei confronti di giornalisti e di politici per il loro mancato rispetto di quanto affermato dalla Costituzione e non per motivi di repressione politica.
Inoltre invito il lettore a comprendere come il Governo dell’Azerbaigian sia posto sotto pressione nei momenti cruciali a livello internazionale, vedi ad esempio l’Eurovision 2012 oppure Baku 2015, con l’intento di influenzare la nostra politica estera.
Ovviamente vorrei concludere per quel che riguarda tale argomento dicendo che noi non siamo angeli, abbiamo i nostri problemi di natura interna, di sicurezza e di integrazione sociale, stiamo però cercando di allinearci seguendo le direttive del Parlamento Europeo e delle Nazioni Unite ed a fronte dei nostri problemi mi sento di dire che non siamo il peggiore stato del mondo verso cui le organizzazioni internazionali devono sempre puntare il dito in merito ai Diritti umani.

– Cambiando argomento e passando all’economia, recentemente il manat ha registrato una svalutazione ed una perdita di potere di acquisto come conseguenza dell’abbassamento dei prezzi del petrolio. Diversi economisti e specialisti del settore hanno parlato di una piccola crisi dell’economia dell’Azerbaigian palesando dubbi sul processo di sviluppo nazionale. Qual è l’attuale situazione economica del suo paese e quanto questa svalutazione ha influito sull’Azerbaigian?
Certamente l’economia nazionale dell’Azerbaigian è stata posta sotto pressione dalla riduzione del prezzo del petrolio il quale, favorito dalla diffusione del fracking negli Stati Uniti, ha influito sulle economie dei paesi produttori di petrolio, in special modo quelli facenti parte dell’Opec.
L’Azerbaigian è conscio dell’importanza che le fonti energetiche hanno giocato e possono continuare a giocare all’interno della propria economia ma, per ovviare proprio quanto accaduto di recente con l’abbassamento dei prezzi del barile, ha da tempo avviato un processo di diversificazione dell’economia il quale punta a potenziare il settore non energetico facendolo divenire quello capace di incidere maggiormente sul Pil. Tale obiettivo di diversificazione ha dato ottimi esiti lo scorso anno con il Pil nazionale generato per la maggior parte proprio dal settore non petrolifero riuscendo a mantenere il rating positivo della tripla B espresso dai più noti istituti internazionali.
Ovviamente il nostro paese non poteva continuare a mantenere una crescita costante ed a ritmi elevati perché, come insegna l’economia, ciò è impossibile: la crescita del Pil ha infatti subito una battuta d’arresto passando dal 5,8% al 3%, ma registra ancora un indice positivo. Inoltre la svalutazione del manat vista da alcuni con allarmismo e sospetto non è stata altro che una scelta sistematica affrontata dal Governo con l’obiettivo di mantenere stabile la nostra economia ed i finanziamenti ai progetti sociali. La riduzione delle spese è avvenuta in effetti in altri settori considerati meno importanti e strategici per lo sviluppo del paese
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– Nagorno-Karabakh: in passato Notizie Geopolitiche ha trattato l’argomento dando spazio alle diverse posizioni, tuttavia recenti articoli pubblicati da vari media hanno rilanciato il tema, sottolineando che l’Armenia non riconoscerebbe la legittimità dell’Azerbaigian su tale territorio per motivazioni di natura storica e di Diritto internazionale. Un’impostazione che di certo non la trova d’accordo…
Per prima cosa vorrei dire che in Italia molte volte ho avuto la possibilità di parlare del conflitto del Nagorno-Karabakh in occasione di conferenze dedicate oppure attraverso interviste pubblicate su quotidiani e media italiani, quindi mi sembra opportuno non addentrarmi troppo e nello specifico in questo argomento.
Vorrei però sottolineare che la storia non dipende da ciò che viene detto dalle persone, ma è data dai fatti e non può cambiare durante il tempo e questo è il motivo per cui l’Armenia non può presentare la storia nella modalità che la favorisca maggiormente. Inoltre devo dire che non essendo uno storico non posso analizzare la questione nello specifico e nella sua profondità da questo punto di vista, ma faccio solo notare che l’Azerbaigian è un paese con radici che trovano origine nell’antichità. Per di più nelle relazioni internazionali non è possibile definire i rapporti tra gli stati basandosi su elementi storici del passato risalenti a quattro o cinque secoli fa, perché se ci basassimo su questo principio dovremmo riscrivere e ridisegnare i confini della maggior parte delle nazioni della Terra.
Aggiungo che spesso viene riportato come elemento a favore dell’Armenia che il passaggio del Nagorno-Karabakh all’Azerbaigian è avvenuto nel 1923 grazie a Joseph Stalin, il quale perseguendo una politica di distribuzione territoriale dell’Unione Sovietica sovvertì la volontà della popolazione. Tale dato storico può essere accettato dalla maggior parte delle persone a causa della mancanza di informazioni dirette, perché in realtà il Nagorno-Karabakh già faceva parte dello Stato azerbaigiano; a dimostrazione di quanto detto vorrei sottolineare come nel referendum del 1923 i cittadini di allora andarono a votare dovendo scegliere secondo la formula di “rimanere ancora parte dell’Azerbaigian” e non di “divenire parte dell’Azerbaigian”, una piccola variazione che fornisce però una diversa interpretazione della storia.
L’Azerbaigian è divenuto un paese membro delle Nazioni Unite alla fine del 1991 con i confini di allora riconosciuti a livello internazionale e questa è una risposta a chiunque avanza ipotesi o pretese sul Nagorno-Karabakh il quale, alla fine dell’Unione Sovietica, faceva parte del nostro territorio nazionale. Alcune volte i rappresentanti armeni portano come prove della legittimazione dell’Armenia sul Nagorno-Karabakh il referendum del 1988 nel quale la popolazione del Karabakh votò per il distacco dall’Azerbaigian e l’ingresso nell’Armenia; tali dati sono inesatti e sfruttano la mancanza di informazioni sull’argomento fruibili dai lettori europei e dai media occidentali. Invito chiunque fosse realmente interessato a comprendere il processo storico che ha investito il Nagorno-Karabakh a studiare la Costituzione dell’Unione Sovietica ed a controllare i documenti degli archivi di Mosca in modo da poter confutare tali affermazioni.
Inoltre posso personalmente dire che nel 1991-1992, momento di inizio dei contrasti e del conflitto sul Nagorno-Karabakh, svolgevo già il mio incarico di rappresentante del Governo e di diplomatico e quindi ho potuto vivere direttamente un periodo storico così importante e fondamentale per l’Azerbaigian. Fra i documenti ve ne sono numerosi che potrebbero essere utilizzati per supportare le ragioni di Baku: il primo è l’Helsinki Final Act del 1975 adottato durante il periodo dell’Urss, il quale stabilisce nell’articolo VIII “Equal rights and self-determination of peoples” che gli Stati partecipanti rispetteranno gli eguali diritti dei popoli ed il loro diritto all’autodeterminazione, agendo in conformità con i fini ed i principi della Carta delle Nazioni Unite e all’interno delle norme rilevanti del Diritto Internazionale, tra cui quelle relative all’integrità territoriale degli Stati. Inoltre è possibile dire che l’autodeterminazione non prevede soltanto la possibilità di secessione territoriale, ma anche la concessione di particolari autonomie a livello economico, politico, culturale rispettando sempre l’integrità territoriale degli Stati.
Guardando invece alle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite adottate nel 1993, è assurdo pensare che queste non possano essere adottate attualmente nel caso del conflitto del Nagorno-Karabakh; parlando ancora di documenti vorrei ricordare il Documento di Lisbona, approvato dall’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce) nel 1996, il quale afferma nei principi base la liberazione dei territori occupati durante il conflitto, il ritiro delle truppe ed il ritorno dei profughi nelle proprie case e città d’origine. Posso raccomandare tale documento perché nel 1996 ero Ambasciatore dell’Azerbaigian presso l’Osce e quindi ho seguito direttamente il suo processo di redazione
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– Per concludere potrebbe darci un breve quadro generale dell’Azerbaigian e del suo posizionamento a livello internazionale e nei confronti dell’Italia?
L’Azerbaigian è un paese piccolo per estensione e popolazione e quindi nel quadro delle relazioni internazionali deve appoggiarsi a partner maggiori o più quotati come ad esempio l’Italia e l’Unione Europea. Certamente la nostra posizione geografica strategica e le nostre risorse energetiche stanno attirando sempre di più gli interessi internazionali e parlando di Italia si deve sottolineare l’importanza del Trans Adriatic Pipeline, gasdotto che partendo dalla Grecia arriverà in Puglia attraversando Albania e Mar Adriatico permettendo al gas azerbaigiano prodotto dal giacimento di Shah Deniz nel Caspio di essere esportato in Europa e conferendo quindi all’Italia un ruolo di primo piano nella politica di sicurezza energetica di Bruxelles.
Collegandoci proprio a questa centralità che Baku sta giocando ed avendo nello scacchiere geopolitico delle risorse energetiche, è possibile affermare che i diversi attori internazionali interessati all’Azerbaigian cercano di orientarne la politica estera e le relazioni internazionali sfruttando proprio il potere dei media e dell’informazione. Tuttavia è obiettivo del Governo di Aliyev quello di favorire ovviamente la crescita del paese e lo sviluppo economico, mentre a livello politico continuare sulla strada del riconoscimento internazionale e del miglioramento delle relazioni con i paesi dell’Unione Europea, affermando però sempre i nostri diritti territoriali e la nostra sovranità
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Nella foto: l’ambasciatore Vaqif Sadiqov intervistato da Giuliano Bifolchi