Bambini soldato del Darfur combattono per i sauditi nello Yemen

di Guido Keller –

Dopo la denuncia del New York Times di qualche giorno fa dell’impiego da parte della coalizione a guida saudita nello Yemen di bambini soldato importati dal Darfur, continuano a fioccare video e testimonianze che mettono in imbarazzo i vertici militari e la stessa casa reale Saud. Nel suo articolo David D. Kirkpatrick ha riportato quanto riferitogli da miliziani sudanesi, arrivando ad indicare in 480 dollari il soldo di un 14enne sudanese senza esperienza impiegato nel conflitto dello Yemen, stipendio puntualmente pagato in ryal, mentre uno con esperienza porterebbe a casa 530 dollari. A queste somme si aggiungerebbero tra i 185 e i 285 dollari per ogni mese in cui vi è un impiego diretto nei combattimenti, cioè in prima linea, oltre all’una tantum di circa 10mila dollari versati nella Faisal Islamic Bank of Sudan, in parte di proprietà dei sauditi.
Secondo il rapporto del Nyt i minorenni reclutati soprattutto in Darfur e nelle altre regioni povere del Sudan ed arruolati come soldati sarebbero fra il 20 e il 40 per cento dei 14mila sudanesi impiegati nel conflitto dello Yemen, iniziato nel gennaio 2015 con il golpe degli houthi e che è già costato decine di migliaia di vittime soprattutto civili, epidemie e carestie.
Molti sudanesi sarebbero miliziani delle Forze di supporto rapido, gruppo tribale accusato in di crimini di guerra commessi nel conflitto del Darfur, ed i mercenari intervistati dal New York Times hanno riferito degli strumenti radio e gps forniti loro dai sauditi e dagli Emirati Arabi Uniti per essere coordinati.
L’impiego di minori fra le fila dei mercenari rappresenta un’onta per la coalizione a guida saudita, per quanto è noto che dalle parti di Ryad il concetto di “diritti umani” sia molto vago. Certo è che la coalizione a guida saudita sta faticando ad avere la meglio sugli avversari in un conflitto in corso da ormai 4 anni, ed anche alla recente consegna del porto d Hodeida da parte dei ribelli houthi si è arrivati grazie ad un compromesso mediato in Svezia dall’Onu.
La guerra nello Yemen ha preso il via nel gennaio 2015 a seguito del golpe degli houthi (sciiti), dietro al quale vi sarebbe stato l’Iran, che però ha sempre negato: per mesi i ribelli avevano chiesto invano alcuni riconoscimenti come l’inserimento di 20mila appartenenti alla minoranza sciita nelle forze armate governative, l’assegnazione di 10 ministeri e l’inclusione nella regione di Azal, di Hajja e dei governatorati di al-Jaw. L’intervento della coalizione a guida saudita e che vede coinvolti Egitto, Sudan, Giordania, Marocco, Bahrain, Qatar e Emirati Arabi Uniti, ha permesso la ripresa di una parte dei territori, in particolare del governatorato di Aden, roccaforte del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, mente la capitale e la zona dei principali impianti petroliferi resta saldamente in mano ai ribelli sciiti, che sostenevano l’ex presidente Ali Abdallah Saleh ucciso da loro stessi dopo che aveva cercato un compromesso con i sauditi.