Biden e i vaccini: America first

di Domenico Maceri *

“Come vi ho detto in precedenza porto in tasca un foglietto con il numero aggiornato degli americani morti a causa del Covid”. Così Joe Biden, presidente Usa, reiterando ai media la sua concentrazione sulla lotta contro la pandemia. Fino ad oggi 30 milioni di casi positivi accertati e quasi 550 mila americani morti sono le cifre che preoccupano di più l’attuale inquilino della Casa Bianca. Le vaccinazioni continuano in maniera organizzata e celere e si prevede la vaccinazione dei 267 milioni di americani eleggibili entro il mese di luglio. Il 23 percento degli americani ha ricevuto almeno una delle prime dosi del vaccino. I numeri dei casi positivi sono anche in calo ma preoccupano ancora nuove possibili impennate soprattutto a causa delle varianti del Covid.
Biden si preoccupa prima degli americani e in secondo luogo dei cittadini in altri Paesi perché dopotutto l’America è al primo posto nella classifica al mondo per quanto riguarda il numero dei casi positivi e deceduti. In parte ciò si deve alla debolissima reazione del predecessore Donald Trump il quale aveva minimizzato il pericolo del Covid-19. Nessuna politica avrebbe potuto bloccare tutti i casi positivi né tutte le morti ma certamente si sarebbe potuto fare molto di più. Altri Paesi con leadership più serie come quelle di Nuova Zelanda e Australia, con casi e morti relativamente bassi, ci servono da esempio.
Biden ha ereditato una situazione disastrosa e si capisce dunque la sua priorità di concentrerai prima sugli americani. La pandemia però non conosce confini, anche se i diversi Paesi si sono ovviamente preoccupati principalmente di proteggere in primo luogo i loro cittadini. Allo stesso tempo però le politiche nazionalistiche nella lotta contro la pandemia si sovrappongono. Alcuni avrebbero preferito una reazione globale che non distinguesse fra Paesi poveri e ricchi, poiché il virus stesso non discrimina a seconda dei soldi in tasca. Ciononostante le risorse economiche hanno influito e continuano ad influire.
I Paesi ricchi si sono accaparrati dei vaccini prenotandosi anche prima di sapere quali sarebbero stati efficaci. Il sistema capitalista ha funzionato a beneficio dei ricchi mentre i poveri sono rimasti indietro. Le aziende farmaceutiche occidentali hanno sviluppato quattro vaccini che hanno ottenuto il permesso di somministrare ai cittadini dei Paesi che li hanno comprati. I due vaccini iniziali, Pfizer e Moderna, hanno avuto i primi permessi di somministrazione ai quali si è aggiunto AstraZeneca e poco dopo quello di Johnson e Johnson. Gli Stati Uniti hanno abbastanza dosi per vaccinare 500 milioni di americani, quasi due vaccini a persona. Hanno anche il diritto di comprare altre 100 milioni di dosi di AstraZeneca che ancora non è stato autorizzato negli Usa. Il Canada da parte sua ha contratti per vaccinare i suoi cittadini nove volte. Un’analisi della World Bank ci informa che fino ad oggi l’82 percento dei cittadini in Paesi benestanti hanno iniziato le vaccinazioni. Solo il 3 percento dei Paesi poveri possono dire altrettanto. La vaccinazione per i cittadini dei paesi poveri non avverrebbero fino al 2024, mentre negli altri Paesi, incluso quelli di reddito medio, la vaccinazione potrebbe portarsi a conclusione alla fine di quest’anno.
Considerando questo gap, un gruppo di Paesi poveri sotto la guida dell’India e il Sudafrica aveva fatto richiesta al World Trade Organization di sospendere i brevetti dei vaccini approvati. Questa azione avrebbe potuto accelerarne la produzione e proteggere tutto il mondo in breve tempo. La richiesta è stata bloccata dai Paesi benestanti, inclusi gli Usa, l’Unione Europea, la Gran Bretagna, il Canada e l’Australia, i quali hanno prenotato in diverse misure i vaccini per i loro cittadini. Senza la sospensione dei brevetti, il controllo totale della produzione rimane nelle mani di poche aziende farmaceutiche le quali si interessano al bene comune ma il loro scopo principale consiste nel guadagno.
I profitti si fanno anche con i vaccini sviluppati da altri Paesi ma in modo diverso. In Russia il vaccino denominato Sputnik V è stato anche lanciato, ricevendo buone notizie di efficacia (91 percento, simile a Pfizer e Moderna) secondo la rivista scientifica Lancet della Gran Bretagna. Anche questo vaccino è in vendita, ma nell’occidente rimangono esitazioni anche se in alcune piccole realtà, come la Repubblica di San Marino, è stato somministrato. È anche usato in Paesi del terzo mondo in Africa, Asia, e America Latina. Si è anche parlato di produrlo in Italia, e non sarebbe impensabile che sia approvato per l’impiego generale in Europa. Inoltre la Russia ha stabilito accordi in India che condurrebbero alla produzione di 500 milioni di dosi. Per i russi, oltre ai profitti economici, lo Sputnik V servirebbe a riconfermare la potenza e il prestigio del loro Paese nel mondo.
La Cina da parte sua ha sviluppato ed approvato cinque vaccini, che però fino ad adesso non sono stati adottati dall’occidente perché non hanno ancora completato la fase 3 dei test. C’è da tenere presente anche la poca trasparenza dei risultati comunicati, anche perché è di fatto in corso una gara con i paesi occidentali su chi “salverà” il mondo dalla pandemia. Ciononostante la Cina sta già regalando numerosi dosi di vaccino e ne ha promesse 500 milioni a 45 Paesi.
Sia La Russia che la Cina vorrebbero usare i vaccini da loro sviluppati per ragioni geopolitiche. Si tratterebbe di una “politica vaccinale” che ambirebbe a creare aperture ad eventuali mercati in Paesi poveri, rafforzando l’idea che il loro sistema politico funziona non solo dentro dei loro confini ma anche all’estero.
Biden ha dato segnali di riconoscere che l’America sta dando l’impressione di essere egoista con i vaccini. Il presidente americano, noto per la sua empatia verso i suoi cittadini, vorrebbe anche applicarla ai cittadini del resto del mondo. Lo ha riconosciuto anche dal lato pratico quando ha dichiarato che la pandemia non si “può fermare con i muri per quanto alti si possano costruire”. Gli americani “saranno sicuri solo quando tutto il mondo sarà sicuro”, ha continuato Biden. Fino al momento però la sua priorità rimane la popolazione americana.

* Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.