Birmania. Continua la persecuzione della minoranza etnica musulmana dei Rohingya

di C. Alessandro Mauceri –

MYANMAR-US-RELIGION-ROHINGYA“Ci sono persecutori che agiscono in nome del’Islam, ma ci sono anche donne e uomini perseguitati perché islamici”: i Rohingya sono una delle comunità più perseguitate del mondo, con i buddisti che negano loro ogni diritto e li definiscono con il termine dispregiativo di “bengali”. Da anni sono vittime di ogni genere di violenza da parte di altri gruppi etnici e l’ultimo episodio, denunciato da Human Rights Watch (Hrw), riguarda la distruzione di oltre quattrocento abitazioni bruciate anche con l’uso di elicotteri d’assalto dalle forze armate governative nella zona di Rakhine, vicino al confine occidentale con il Bangladesh.
Hrw ha descritto ciò che è avvenuto nei giorni scorsi una sistematica pulizia etnica: le immagini satellitari mostrano la completa distruzione dei villaggi abitati dai Rohingya. Gli scontri sono iniziati nel 2012: fu allora che scontri e imboscate si trasformarono in una pulizia etnica contro i musulmani, con almeno 200 morti e 140mila Rohingya costretti a fuggire. L’inasprirsi degli scontri risale a pochi mesi fa quando, come ha riportato il quotidiano Global New Light of Myanmar, una sessantina di militanti armati di armi da fuoco, lance e coltelli ha teso un’imboscata ad un gruppo di soldati. All’inizio di ottobre un gruppo di Rohingya aveva assaltato diverse postazioni delle forze di sicurezza. Per questo motivo le autorità avevano chiuso la zona a giornalisti e operatori umanitari e hanno intensificato la presenza dell’esercito.
Il nuovo governo del premio nobel Aung San Suu Kyi non è stato finora in grado di risolvere questa spinosa vicenda: le autorità birmane da un lato si ostinano in una repressione generale e violano tutte le norme nazionali e internazionali e dall’altro continuano a ignorare le richieste della comunità Rohingya. Yanghee Lee, relatrice speciale sulla situazione dei diritti dell’uomo in Birmania, ha chiesto di considerare la lotta contro la discriminazione antimusulmana una “priorità assoluta”.
Con l’inasprirsi di quella che appare sempre di più come una epurazione razziale, il problema si sta estendendo oltre i confini nazionali: son migliaia i Rohingya fuggiti oltre i confini con la Tailandia, la Malesia e l’Indonesia e molti altri cercano di sopravvivere come possono su barche lungo i fiumi.
Il piano internazionale per risolvere il problema dei migranti, sottoscritto anche dalla Birmania (durante un summit dei paesi della regione) si è rivelato un totale fallimento: i Rohingya sono visti come immigrati illegali arrivati dal vicino Bangladesh. Pochi mesi fa, migliaia di buddisti, fra cui dei monaci, avevano manifestato in segno di protesta contro la decisione del governo di Aung San Suu Kyi di riconoscere questa minoranza sotto la denominazione di “comunità musulmane nello stato di Rakhine”. Anche la task force istituita contro i trafficanti di esseri umani ha fallito: in Tailandia, sono state scoperte decine di fosse comuni nei luoghi dove si erano rifugiati i Rohingya. E molti dei cadaveri presentavano segni di torture.