Birmania. l’assai debole intervento di Aung San Suu Kyi sui Rohingya

di Guido Keller –

Non è da oggi che i Rohingya, la comunità musulmana che abita lo stato birmano del Rakhine, viene perseguitata dai buddisti. In passato vi sono stati villaggi incendiati con gli abitanti dentro, intere famiglie linciate e proteste diffuse, infiammate anche dai monaci buddisti. In occasione dell’ultima tornata elettorale, quella che ha portato al potere Aung San Suu Kyi e il suo clan, alla minoranza Rohingya vennero levati i documenti di identità per impedire loro il voto.
Discriminazioni e persecuzioni che hanno portato alla nascita di gruppi armati che di recente sono entrati in conflitto con l’esercito, una situazione che si è via via aggravata costringendo almeno 420mila persone a fuggire verso il Bangladesh, dove già vivono centinaia di migliaia di profughi Rohingya.
Un dramma di proporzioni enormi, nel paese dove la Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi comanda. E dove è stato interdetto agli ispettori delle Nazioni Unite l’accesso al Rakhine.
Dopo giorni, troppi, di silenzio, la pasionaria birmana è intervenuta con un discorso rivolto a funzionari governativi e diplomatici stranieri e ripreso in televisione in cui non ha mai menzionato il termine “Rohingya”, né ammesso gli abusi delle forze armate denunciati con tanto di prove satellitarida Human Rights Watch, che dimostrano l’incendio di 214 villaggi da fine agosto.
Mantenendosi sul vago la premio Nobel per la Pace si è etta preoccupata per le sofferenze di “tutte le comunità coinvolte” nel Rakhine, ed ha parlato degli “sforzi del governo per la riconciliazione nazionale e la pace”.
Affermando di “non avere paura del giudizio internazionale”, Sue Kyi ha spiegato che le zone della crisi sono da due settimane libere dalle violenze, nonostante i giornalisti continuino a riportare i contrario ed anche i pochi presenti al discorso abbiano smentito la cosa.
Duro il giudizio di Amnesty International, che ha accusato Suu Kyi di “continuare a tenere la testa nella sabbia” e di aver tenuto un discorso che è stato “poco più di un miscuglio di menzogne e biasimo delle vittime”.
Intervenendo oggi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite il segretario generale Antonio Guterres oggi ha chiesto alla Birmania di “mettere fine alle operazioni militari e di permettere l’accesso umanitario e affrontare le afflizioni dei Rohingya”.