Brasile. Le 12 fatiche che soffrirà il Lula ter

di Francesco Giappichini

Dopo la risicata vittoria del candidato delle sinistre, Luiz Inácio Lula da Silva, i media si dilettano a elencare le sfide e gli ostacoli che graveranno sul nuovo presidente, e il suo Esecutivo. Anche qui parteciperemo al gioco, e richiameremo la figura di Ercole, per via delle tante “fatiche” che si renderanno necessarie, per guidare un Brasile tanto polarizzato. Ecco le dodici sfide che segneranno il governo Lula ter. Al primo posto, ridurre la povertà. Il 29,6% dei brasiliani vive sotto la soglia di povertà, come certifica un recente studio pubblicato dall’Instituto brasileiro de geografia e estatística (Ibge). Ebbene Lula ha promesso d’intervenire sia preservando la misura socio-assistenziale dell’Auxílio Brasil, sia stimolando la creazione di posti di lavoro, con un programma di grandi opere.
Seconda sfida, pacificare il Paese. La cui società civile si è divisa come mai prima – spesso ricorrendo alla violenza – tra due opposte visioni del mondo. La ricetta lulista consiste sia nell’approssimarsi ai partiti centristi, sia nelle mediazioni del (futuro) vicepresidente Geraldo Alckmin, antico esponente del centrodestra. Terza “fatica”: creare un governo plurale, nella forma e nella sostanza. La nuova amministrazione non dovrà essere espressione del solo Partido dos trabalhadores (Pt) – inviso alla metà del Paese – ma dovrà valorizzare quelle forze riformiste, che hanno scelto di contrapporsi al presidente uscente, Jair Bolsonaro. La quarta fatica pare un tecnicismo, ma è un punto essenziale del programma lulista: ridurre nelle proporzioni (se non eliminarlo) l'”orçamento secreto”.
Ovvero le voci di bilancio con cui i singoli parlamentari – i relatori – beneficiano i propri bacini elettorali, dando luogo a sprechi e clientelismi. Al quinto posto, naturalmente, la crescita economica. Che la sinistra verde-oro vorrebbe perseguire con un programma di grandi infrastrutture, il sostegno alla piccola impresa e l’auspicata riforma fiscale. Sesta fatica erculea, l’equilibrio fiscale: considerando la promessa di eliminare l’imposta sui redditi per chi guadagna meno di 975 euro il mese, si potrebbe rassicurare i mercati solo nominando nell’esecutivo – qual guardiano dei conti pubblici – il politico moderato Henrique Meirelles. Settimo ostacolo, l’atavica sfiducia dei mercati finanziari, va da sé acuita da varie promesse elettorali: come l’eliminazione del tetto per la spesa pubblica, nuove norme sul lavoro, lo stop alle privatizzazioni.
L’ottava sfida riguarda il capitolo delle riforme: sia quella fiscale, sia un vero riordino della pubblica amministrazione. Con l’auspicio che una spending review a suon di samba consenta di finanziare le politiche sociali. Il nono obiettivo, è pacificare le relazioni tra i poteri dello Stato, dopo i conflitti dell’era Bolsonaro. La decima fatica riguarda i rapporti internazionali: eliminare quell’immagine di “pária internacional”, effetto della gestione di Bolsonaro, e magari anche cavalcare quell’onda progressista, che di nuovo investe il Latino America. L’undicesima sfida dovrà contrastare la corruzione, perché gran parte dell’elettorato di Bolsonaro considera il “lulismo” come un sistema di potere, che poggia su clientele e corruttele.
La dodicesima fatica ha a che vedere con l’incubo dell'”anatra zoppa”: Lula dovrà accordarsi con le formazioni del “Centrão”, per crearsi almeno una flebile maggioranza in Senato, e limitare i danni alla Camera, ove le forze politiche conservatrici hanno la maggioranza.