Brexit. Ancora irrisolto lo scoglio del confine irlandese

di Elisabetta Corsi

Ormai siamo agli sgoccioli per la consegna definitiva dell’accordo sulla Brexit. Mancano infatti solo quattro settimane alla scadenza programmata delle trattative tra la Gran Bretagna e l’Unione Europea, tuttavia, nonostante il 95% dell’accordo sia stato fatto, permane il problema della frontiera tra Irlanda e Irlanda del Nord, un nodo ancora da risolvere.
L’Unione Europea ha proposto di mantenere l’Irlanda del Nord all’interno del mercato unico per evitare di tornare a un confine fisico, una posizione non accettabile per il Regno Unito che non si vedrebbe più “padrone” dell’Ulster. La proposta di Londra sarebbe quella di far rimanere l’intera Gran Bretagna nell’unione doganale, ma come soluzione temporanea al fine di creare una futura partnership sul modello canadese, quindi con ampia libertà di manovra commerciale per Londra. A riferirlo sono state alcune testate britanniche, ma Downing Street ha smentito tale ipotesi.
E’ insomma in atto una corsa contro il tempo per evitare confini rigidi tra la Gb e l’Ue, ma vi è anche a rischio il mantenimento della pace in Irlanda del Nord, sancita dal Good Friday Agreement del 1998. Il premier irlandese, Leo Varadkar, spinge per un accordo veloce e un backstop breve: secondo lui l’unica soluzione è un accordo duraturo tra Regno Unito e Unione Europea e spera che Londra mantenga gli impegni presi con l’Ue per la protezione dei confini irlandesi da possibili rigide frontiere. Il premier britannico Theresa May sostiene che il backstop sarà veramente temporaneo, una misura semplicemente di transizione.
Se non vi sarà un accordo, con la Brexit non vi sarà più la possibilità delle merci e dei beni di passare liberamente tra i due stati senza rigidi controlli, come avviene oggi con la libera circolazione comunitaria. Secondo Varadkar la May avrebbe anche preso in considerazione la proposta di revisionare il meccanismo del backstop, cioè della temporanea rimanenza nel mercato comune e nell’unione doganale dell’Irlanda del Nord, per evitare la unilateralità. In una precipitosa telefonata alla May infatti Varadkar ha ribadito la sua totale contrarietà che sia solo l’Unione Europea a decidere il tempo di backstop senza l’opinione del Regno Unito, e che si possa decidere in modo congiunto di fermare il meccanismo al momento più opportuno.
Nel frattempo più di 1.500 tra i maggiori avvocati britannici hanno inviato una lettera a Theresa May chiedendo la possibilità di un secondo referendum per la Brexit, appellandosi alla non conoscenza con precisione di quello per cui nel 2016 si è andati al voto, cioè le possibili conseguenze.