Brexit. I trasportatori britannici denunciano il 68% di calo dell’export

di Guido Keller

La miscela di Covid e Brexit rischia di esplodere nelle mani del governo britannico, ed a farne le spese è l’export. Lo ha denunciato la Road Haulage Association, associazione di categoria dei trasportatori, ripresa dall’Observer, per la quale si assiste oggi ad un calo del 68% dell’export verso l’Unione Europea, nonostante l’accordo stabilito in extremis abbia scongiurato l’introduzione dei dazi. Tra l’altro la situazione potrebbe addirittura aggravarsi con l’introduzione dei controlli alle frontiere stabilita per luglio, per cui i trasportatori hanno puntato il dito contro il cancelliere di Lancaster (ministro di gabinetto) Michael Gove, reo di non aver dato peso ai campanelli d’allarme.
Nel Regno Unito la situazione pandemica continua ad essere grave, sono passati i tempi in cui i giornalisti londinesi scrivevano che il lock down introdotto in Italia un anno fa era una scusa degli italiani per non lavorare. In particolare la cosiddetta “variante inglese” fa paura e continua a mietere vittime: l’8 gennaio si è toccato un picco di oltre 68mila casi accertati, poi vi è stato un calo, ed il 6 febbraio sono stati 18.262; stando ai dati della John Hopkins University nel Regno Unito i casi complessivi riconosciuti sono 3,93 milioni, i decessi 112mila.
Un quadro, quello pandemico, che continua a destare preoccupazione fra gli imprenditori britannici e a cascata sui trasporti delle merci, con un indice Pmi, cioè il Purchasing Managers Index (Indice composito degli acquisti dei manager) dato a quota 40,6, quasi 10 punti sotto quel 50 di equilibrio tra crescita e contrazione che permette di porsi al sicuro dai competitor europei e internazionali. Se il Pmi manufatturiero è al 52,9, quello dei servizi è crollato al 38,8, e realtà come il Giappone e gli Usa, ma anche i singoli stati membri dell’Ue, non sperano di meglio per guadagnare quote nel contesto europeo ed extraeuropeo.
Il tempo perso dai trasportatori per i controlli doganali incide non poco sul costo delle merci britanniche, le quali rischiano di essere meno appetibili per i consumatori europei. Un mix che sta comportando il calo dell’export, ed una nuova grana per il governo di Boris Johnson.