Brics. Gli emergenti sono sempre più attrattivi

di Francesco Giappichini –

“Il nostro incontro dovrebbe inviare il messaggio forte che il mondo è multipolare, che si sta riequilibrando e che i vecchi metodi non possono far fronte alle nuove situazioni”, ha dichiarato giorni fa il ministro degli Affari esteri indiano, Subrahmanyam Jaishankar, nel corso del recente vertice del blocco economico Brics (Brasile Russia India Cina Sudafrica). Nell’occasione, ossia l’incontro dei ministri degli Esteri Brics, preparatorio al summit Brics che si svolgerà in agosto a Città del Capo in Sudafrica, il capo della diplomazia di Nuova Delhi ha precisato che al “centro dei problemi che dobbiamo affrontare c’è una concentrazione economica che lascia molte Nazioni in balia di poche. Siamo un simbolo di cambiamento e dobbiamo agire di conseguenza”.
Molti media occidentali hanno preferito esaminare l’evento, celebratosi l’1 e il 2 giugno a Cape Town, sotto il profilo giuridico; e si sono chiesti se le Autorità di Pretoria concederanno o no l’immunità al presidente russo Vladimir Putin. Tuttavia la riunione segna un cambio di passo per quest’organizzazione intergovernativa: si punta più in alto rispetto alla creazione di una nuova valuta in funzione anti dollaro, e alla stessa dedollarisation della finanza mondiale, e si vuole porre le basi di un’alleanza anti occidente. Che sappia essere un efficace contraltare al Gruppo dei sette (G7), e più in generale alle democrazie più industrializzate. E se gli obiettivi ultimi di questa lega dei Paesi emergenti hanno a che vedere con la volontà di decentrare i processi decisionali globali, meritano altresì attenzione i traguardi intermedi: da un lato l’espansione del blocco alle potenze regionali, e dall’altro una riforma radicale per il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite.
In primo luogo, nel corso del vertice ha prevalso la linea cinese di un’estensione tout court dell’alleanza. Così la volontà di Pechino, secondo autorevoli ricostruzioni giornalistiche, ha prevalso sulla linea più cauta di India e Brasile; i cui governi temevano che l’eccessivo allargamento del blocco potesse annacquare e ridurre la loro influenza, a vantaggio dell’egemonia del dragone. Alla fine però ogni divergenza è rientrata, e ha prevalso la narrazione secondo cui hanno formulato richiesta (formale o meno) di adesione ben 19 Nazioni, tra cui Arabia Saudita, Iran ed Emirati Arabi Uniti. E la circostanza che tre delle maggiori potenze petrolifere al mondo mirino all’ingresso nei Brics, è stata interpretata come una provocazione: ovvero, secondo molti analisti, saremmo di fronte a una sfida agli Stati Uniti (e alleati), da parte del resto del pianeta.
Si noti che il programma ufficiale prevedeva colloqui con i Paesi candidati, i cosiddetti “Amici dei Brics”: Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Cuba, Repubblica Democratica del Congo, Comore, Gabon e Kazakistan avevano inviato un rappresentante, mentre Egitto, Argentina, Bangladesh, Guinea-Bissau e Indonesia hanno partecipato online. Inoltre, come anticipato, sono state innumerevoli le critiche alle Nazioni unite, al loro anacronismo e alla progressiva perdita di legittimità. Tanto che la volontà di una riforma è stata inserita anche nella dichiarazione finale del summit: “Si riafferma la necessità di una riforma globale dell’Onu, compreso il suo Consiglio di sicurezza, al fine di renderla più rappresentativa, efficace ed efficiente, e di aumentare la rappresentanza dei Paesi in via di sviluppo; in modo che possa rispondere adeguatamente alle sfide globali”.