Brunei. Il sultanato nello scacchiere geopolitico tra pressioni di Usa, Asean e Cina

di Giuseppe Gagliano –

La scorsa settimana, il capo delle forze statunitensi nell’Indo-Pacifico USINDOPACOM, Philip Davidson, si è recato in Brunei: questo attore statuale riveste un ruolo rilevante in relazione alla sicurezza nella regione indo-pacifica sia per il fattore del terrorismo sia per quanto concerne il ruolo geopolitico del Mar Cinese Meridionale oggetto di permanente conflittualità diplomatica e politica tra la Cina, l’Asean e gli USA.
Nel corso degli ultimi anni i due paesi hanno intensificato la collaborazione in materia di difesa e sicurezza come dimostra la partecipazione del Brunei alla esercitazione Rim of the Pacific (RIMPAC) del 2018. Dal punto di vista storico non dobbiamo dimenticare che il ruolo degli Stati Uniti, sotto il profilo della sicurezza, è importante come dimostra il fatto che il sultano Hassanal Bolkiah nel 2013 si sia recato a Washington per incontrare l’allora presidente Barack Obama.
Tuttavia vi è la presenza di un altro attore di estrema rilevanza nel quadro dell’indo Pacifico e in modo particolare nel Mar cinese meridionale, e cioè la Cina, la quale sta operando per contenere la proiezione di potenza asiatica americana.
La visita del presidente Xi Jinping nel novembre del 2018 in Brunei ha segnato infatti il rafforzamento delle relazioni Brunei-Cina. Non dimentichiamoci infatti che la Cina riveste un ruolo molto rilevante nel sostegno finanziario di Brunei Darussalam, Indonesia, Malesia, Filippine, Asean.
A tale proposito è opportuno ricordare che sull‘isola di Pulau Muara Besar la China Harbor Engineering Company ha iconcluso nel maggio del 2018 la costruzione di una fondamentale infrastruttura, e cioè un ponte a doppia careggiata che collega l’isola di Besar all’impianto petrolchimico in costruzione ad opera del gruppo cinese Hengyi. Inoltre, dopo che l’HSBC e Citibank si sono ritirati dal Brunei, la Bank of China ha aperto la sua prima filiale nel sultanato a dicembre del 2016.
Naturalmente il Brunei riveste un ruolo rilevante nel più ampio progetto della Belt and Road Initiative e gli investimenti cinesi sono finalizzati proprio al consolidamento della Via della Seta marittima, come confermato esplicitamente nel febbraio del 2017 dall’ambasciatore cinese in Brunei Yang Jian. Se da un lato la Cina investe nel Brunei per consolidare la sua proiezione di potenza, dall’altro questi investimenti sono finalizzati anche a dividere le nazioni del sud-est asiatico per impedire che non si arrivi a un consenso unanime in merito alle controversie territoriali del Mar Cinese Meridionale. Considerando la sua collocazione geografica e considerando che il Brunei non rappresenta certamente né una potenza economica né una potenza militare, non potrà sottrarsi all’influenza e al condizionamento della Cina, degli Stati Uniti e dell’Asean. È ovvio quindi che la sua autonomia politica ed economica dipenderanno proprio dalla capacità del sultanato di trovare un equilibrio, per quanto precario, tra questi tre attori fondamentali.