Burkina Faso. Stretta sulle ONG e guerra invisibile per il controllo dell’informazione

di Giuseppe Gagliano

Il governo militare del Burkina Faso ha annunciato l’arresto di otto operatori di un’organizzazione umanitaria europea accusandoli di spionaggio e tradimento. Si tratta di personale dell’INSO (International NGO Safety Organisation), un ente specializzato nel monitoraggio della sicurezza per il personale delle ONG. Tra i fermati figurano un cittadino francese, una franco-senegalese, un ceco, un maliano e quattro burkinabé.
Secondo Ouagadougou, l’ONG avrebbe continuato ad agire “clandestinamente” nonostante la sospensione delle sue attività decisa a luglio, raccogliendo e trasmettendo dati ritenuti sensibili per la sicurezza nazionale. L’INSO ha respinto le accuse, spiegando che le informazioni servivano solo a garantire la protezione degli operatori umanitari e non avevano natura militare o strategica. L’organizzazione ha definito l’arresto “ingiustificato” e ha chiesto il rilascio immediato del personale.
Non è il primo caso. Già a settembre il direttore francese di INSO era stato arrestato con le stesse accuse: spionaggio e violazione della sospensione imposta dal governo. La ripetizione dell’episodio indica che non si tratta di incidenti isolati, ma di un chiaro segnale politico: il regime guidato dal capitano Ibrahim Traoré vuole limitare la presenza delle organizzazioni internazionali e il flusso di informazioni che da queste proviene.
L’atteggiamento di Ouagadougou si inserisce in una linea più ampia, che vede i governi militari del Sahel, in Burkina Faso come in Mali e Niger, progressivamente ridurre l’influenza occidentale, rafforzando invece i legami con Russia e altre potenze alternative. Il controllo sull’informazione diventa cruciale: non solo per motivi di sicurezza interna, ma per consolidare il consenso politico e gestire la narrativa del conflitto contro i gruppi jihadisti.
Intanto la crisi umanitaria non si arresta: violenze jihadiste, sfollamenti di massa e insicurezza alimentare continuano a colpire milioni di civili. La sospensione o l’ostacolo alle attività delle ONG rischia di peggiorare l’accesso agli aiuti e di lasciare intere aree del Paese prive di supporto. A pagarne il prezzo più alto è la popolazione, già intrappolata tra violenze armate e restrizioni governative.
L’escalation segna un altro passo nel distacco del Burkina Faso dai partner europei e potrebbe aggravare l’isolamento internazionale del Paese, con ripercussioni sui flussi di aiuti e sulla cooperazione in materia di sicurezza. Questa scelta rafforza la linea di Traoré: concentrare il potere, ridurre l’influenza esterna e ridefinire gli equilibri regionali.