Cambogia. Il voto che prepara il premierato ereditario

di Francesco Giappichini

Si terranno il 23 luglio le elezioni legislative della Cambogia. Il voto rinnoverà l’Assemblea nazionale per il prossimo quinquennio, e determinerà il governo della nazione. In Cambogia non esistono sondaggi elettorali, ma il risultato del voto è scontato: la quasi totalità dei seggi andrà al Cambodian people’s party (Cpp), la formazione ora conservatrice, ma statutariamente marxista-leninista sino al ’91, guidata dal primo ministro Hun Sen. Questi, dopo le elezioni del ’13 (le ultime democratiche), ha portato avanti una decisa involuzione democratica, che è culminata con lo scioglimento, nel novembre ’17, del partito di opposizione Cambodia national rescue party.
Tra le cause addotte, il coinvolgimento in un complotto straniero. Una deriva autoritaria in cui si è assistito all’esilio in Francia di Sam Rainsy, lo storico leader dell’opposizione riformista, all’arresto del suo successore Kem Sokha, e alla chiusura dei media indipendenti. In particolare Sokha è stato condannato di recente a 27 anni per tradimento, tra le proteste delle organizzazioni a difesa dei diritti umani. Così in questa legislatura, iniziata con le elezioni (farsa) del ’18, tutti i 125 seggi sono finiti nelle mani del Cpp e di un premier al potere dal ’98. La cui biografia è narrata dai media locali con toni leggendari: la lotta a fianco della guerriglia dei khmer rossi, la vicenda dell’occhio perduto in battaglia, il rientro a fianco dei vietnamiti liberatori, sino alla guida di un Paese pacificato, in crescita economica (si prevede un +5,8% del prodotto interno lordo per il ’23), e forte dell’alleanza con la Cina.