di Giovanni Migotto –
La liberta di movimento delle persone ha da sempre costituito un presupposto fondamentale per rilanciare l’integrazione economica e sociale in diverse aree del mondo. Ciò permette a cittadini di paesi diversi ma facenti parte di una stessa comunità di poter liberamente muoversi, studiare, lavorare all’interno di una determinata area regionale del globo. L’esempio piu noto di tale forma di cooperazione oggigiorno è quello europeo, con l’area Schengen a costituire una delle aree di libero scambio e libera circolazione piu ampie e geopoliticamente rilevanti del pianeta. Sulla scia anche di questo e altri esempi, nel mese di luglio 2025 quattro Stati della Comunità Caraibica (CARICOM), Barbados, Belize, Dominica e Saint Vincent e Grenadine, hanno deciso di dare avvio ad una forma di cooperazione rafforzata per favorire gli spostamenti reciproci di cittadini tra i loro territori, rafforzando i diritti dei lavoratori e non solo, e garantendo loro libero accesso a servizi educativi e sanitari.
Iniziative come questa risultano di particolare importanza, soprattutto in contesti come quello dell’area caraibica-centroamericana, caratterizzata da piccole economie fortemente interconnesse tra loro e che quindi hanno necessità di integrazione in termini di mobilità tra i diversi territori coinvolti. Quest’azione, la cui effettiva implementazione e pianificata per il prossimo ottobre, si pone così in linea con quanto già aveva auspicato il Trattato di Chaguaramas alla base del CARICOM Single Market and Economy (CSME). Promuovere la libera circolazione di persone, merci, capitali e servizi nell’area è infatti l’obiettivo principale della Comunità caraibica. L’idea, per lo meno per la prima di queste quattro libertà, è di estendere le prerogative che valgono al momento solo per lavoratori specializzati quali insegnanti, infermieri e tecnici, anche al resto della cittadinanza degli Stati membri.
Tentativi simili sono già ampiamente in vigore nell’Unione Economica dell’Est dei Caraibi (OECS) ma nonostante ciò permangono alcune difficoltà. Significative disparita di sviluppo economico, burocrazia e difficoltà varie nel riconoscimento dei titoli professionali spesso generano flussi migratori irregolari che destano preoccupazioni in alcuni paesi (Bahamas, Antigua e Barbuda) piuttosto che in altri. Alcuni ad esempio temono un afflusso sproporzionato di cittadini qualificati che entrerebbero in concorrenza con la manodopera locale, altri ne chiedono deroghe temporanee all’applicazione. Inoltre, nonostante vi siano stati tentativi di standardizzazione e comparabilità delle informazioni sul fenomeno, permane comunque una certa penuria di infrastrutture per la raccolta e la gestione dei dati migratori. Oltre a ciò barriere culturali e logistiche, date dalla diversa tradizione storica dei diversi Stati coinvolti e dalla conformazione geografica della regione, giocano un ulteriore ruolo di penalizzazione.
Ciò detto i quattro “paesi volenterosi”, durante la 49ma riunione della Conferenza dei capi di Stato e di governo del CARICOM tenutasi a Montego Bay (Giamaica) tra il 6 e l’8 luglio, hanno deciso comunque di dare avvio al progetto pilota di libero movimento completo dei loro cittadini. Obiettivi principali, come già sottolineato, sono l’integrazione regionale, anche in settori strategici come agricoltura, turismo e servizi, e una risposta efficace alla carenza di manodopera qualificata su alcuni territori, con una mobilità delle persone coordinata. L’eliminazione di obbligo di permessi di lavoro e visti e l’accesso a diritti contingenti come istruzione primaria e secondaria pubblica e assistenza medica primaria ed emergenziale mirano proprio a facilitare il tutto. L’intento è quello di poter concretizzare nel medio termine fluidità nei legami economici, sociali e culturali e interdipendenza tra le comunità coinvolte, nonostante permangano alcune perplessità in tema di sostenibilità dell’iniziativa da parte di vari sistemi di welfare state della zona e in ambito di immigrazione irregolare o traffico illegale di manodopera.
Molti sono i risvolti attesi, una maggiore manodopera qualificata e la flessibilità del mercato del lavoro sono due di essi. Facilitare l’occupazione con annessi benefici sociali ed economici ne è il traguardo che si vuole raggiungere. Inoltre maggiori spostamenti e scambi commerciali transfrontalieri nell’area caraibica mirano proprio a stimolare i flussi nella regione, aumentando le opportunità di impresa e cooperazione, anche nell’ambito del turismo intra CARICOM. Tramite poi le nuove legislazioni che si andrebbero ad instaurare si permetterebbe di incentivare il lavoro di cittadini dei paesi della Comunità caraibica, scongiurando l’invio di rimesse al di fuori, trattenendo capitali per gli investimenti sul territorio e quindi, rafforzando la stabilita economica di tutti i partecipanti. Consolidamento dei legami tra famiglie e comunità, istruzione piu accessibile, continuità educativa, promozione di scambi culturali e condivisione d’identità sono ulteriori elementi che ne deriverebbero. E questo si tradurrebbe poi in una maggiore coesione territoriale regionale, un modello replicabile, una comunità interna più unita e quindi più influente internazionalmente in ambito di cambiamenti climatici, accesso a fondi internazionali o negoziazioni commerciali, temi cari per il proprio sviluppo e per la propria vita quotidiana alle popolazioni dell’area.
A fine luglio scorso la CARICOM Private Sector Organization (CPSO) ha incoraggiato anche gli altri Stati membri ad adottare le stesse misure di Barbados, Belize, Dominica e Saint Vincent e Grenadine entro la fine del 2025, e alcuni paesi come la Giamaica si sono già dichiarati ben disposti a lavorare in tal senso. Con un ampliamento delle categorie lavorative abilitate su tutto il territorio della Comunità caraibica tramite il CSME Skills Certificate del CARICOM, la creazione di un “passaporto comune” CARICOM o, addirittura, un documento d’identità regionale standardizzato, anche se emesso a livello nazionale, si potrebbe dare avvio ad un processo di sempre maggiore prosperità dei diversi territori parte del progetto, consolidando procedure semplificate di spostamento e un sistema simile a quello di Schengen in Europa.
Si tratta di un meccanismo graduale, primo vero caso operativo concreto di integrazione avanzata nel quadro CARICOM, che ne rafforza la resilienza regionale e ne richiede partecipazione civica e istituzionale attiva di tutti gli attori coinvolti. L’accordo tra Barbados, Belize, Dominica e Saint Vincent e Grenadine costituisce un tassello fondamentale nel dare avvio all’attuazione reale degli impegni assunti dai governi caraibici in materia di libero movimento delle persone. Un atto fondativo di una nuova stagione per i Caraibi e i suoi popoli, caratterizzata da responsabilità condivisa, solidarietà economica e maturazione istituzionale. Si tratta di promuovere azioni di formazione e informazione sui diritti dei cittadini e far sì che la mobilità diventi veicolo di sviluppo condiviso. Il successo del tutto dipenderà tuttavia dalla capacità della regione di tradurre l’integrazione in una realtà quotidiana tangibile, equa e accessibile a tutti, all’insegna di un futuro ancora migliore per i Caraibi.
















