di Enrico Oliari –
L’ambasciatrice italiana a Teheran Paola Amedei è stata convocata dal direttore generale per l’occidente del ministero degli Esteri iraniano Majid Nili Ahmadabadi per discutere del caso di Cecilia Sala, la giornalista arrestata e tutt’ora rinchiusa nel carcere di Evin con non meglio specificate accuse di aver “trasgredito le leggi della Repubblica Islamica dell’Iran”. Ahmadabadi ha definito “illegale” l’arresto di Mohammad Abedini, l’ingegnere 38enne fermato dagli agenti della Digos il 16 dicembre all’aeroporto di Malpensa su richiesta delle autorità degli Stati Uniti, e ha osservato che “tale iniziativa potrebbe danneggiare i rapporti di lunga data tra i due paesi”. Ha quindi invitato il governo italiano a “respingere la politica statunitense di presa di ostaggi, che è contraria al diritto internazionale e al diritto umanitario, e che può comportare detenzioni arbitrarie”.
L’iniziativa diplomatica segue di un giorno quella della Farnesina, che ha visto la convocazione dell’ambasciatore iraniano Mohammad Reza Sabouri, al quale il segretario generale Riccardo Guariglia ha chiesto la liberazione della giornalista e che le siano garantite “condizioni di detenzione dignitose, nel rispetto dei diritti umani”, come si legge nella nota del ministero degli Esteri.
Il caso è intricato e complicato sotto ogni profilo, ed è palese che l’arresto di Sala sia finalizzato a fare pressioni per la liberazione di Mohammad Abedini. L’uomo, residente in Svizzera, è ricercato negli Usa per aver trasferito all’Iran, in associazione con Mohammad Sadeghi (arrestato dalla polizia statunitense) informazioni e materiale per la costruzione di droni. Nello specifico, come riporta Voa, il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti accusa Abedini di sostenere un’organizzazione terroristica straniera che ha ucciso tre militari statunitensi in un attacco di droni in Giordania, ma con tutta probabilità Abedini più che un estremista è semplicemente un imprenditore del settore delle armi.
Tuttavia è ancora mistero sulle indagini o sulle accuse che potrebbero aver esso la giornalista italiana dietro le sbarre, quel generico aver trasgredito “le leggi della Repubblica Islamica dell’Iran” che non vuole dire niente. Sala è entrata regolarmente in Iran e con un regolarissimo permesso giornalistico rilasciato dalle autorità, ma forse è propio il suo lavoro ad aver fornito il “casus” alla macchinazione politica, prima ancora che diplomatica, innescatasi per il rilascio di Abadi.
Fonti ancora in fase di conferma parlano di interviste ad ex membri del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie che rappresenterebbero una sorta di terza via fra i conservatori e i moderati, cosa che avrebbe innescato rivalità che potrebbero portare all’artificiosa accusa di spionaggio, un classico quando si tratta di arresti arbitrari per arrivare a scambi di detenuti.
Intanto sul fronte italiano c’è da registrare il parere negativo, non vincolante, della Procura generale di Milano alla Corte d’Appello sulla richiesta degli arresti domiciliari presentata dai legali di Mohammad Abedini.