di Francesco Giappichini –
Mentre i media del mondo intero danno conto delle presidenziali in Ciad, e del definitivo instaurarsi di una «dynastie Déby», analizziamo qui gli interessi francesi nel Paese del Sahel. Un coinvolgimento ben sintetizzato, in marzo, da Jean-Marie Bockel; l’envoyé personnel in Africa del presidente Emmanuel Macron, riferendosi alla presenza militare, ha dichiarato: «Dobbiamo restare e ovviamente resteremo». Sì, perché si tratta di vincoli minacciati dal vento antifrancese, e da un neo-espansionismo russo in Africa, non solo militare. Come dimostra la fondazione, in novembre, del Russkiy Dom di N’Djamena: il primo centro culturale russo in Ciad.
Né il recente esito elettorale segna alcuna svolta, su questo fronte: sia Parigi sia Mosca hanno sostenuto il presidente riconfermato Mahamat Idriss Déby Itno. Parigi come scelta obbligata, poiché a cavalcare il sentimento anti-coloniale è stato lo sfidante sconfitto, il premier Succès Masra. Che ha di recente affermato che «la place de l’armée française est en France»; (tuttavia settori del Quai d’Orsay lo preferivano al rivale, per il minor tasso di autoritarismo). Il Cremlino invece ha sostenuto Déby per la scelta di puntare sul cavallo vincente; l’attrazione è comunque reciproca, col generale che ha definito il Ciad un «pays frère» della Russia.
La determinazione francese nel difendere il baluardo, poggia su interessi variegati. Tra cui emergono quelli militari. Dopo la fine dell’Operazione Barkhane nel ’22, sono presenti quasi mille soldati. Tra i loro compiti, definiti da un accordo di cooperazione, la tutela degli interessi francesi e dei concittadini residenti, e il supporto (logistico e d’intelligence) all’Armée nationale tchadienne. La principale base francese è quella di N’Djamena, cui si aggiungono quelle di Faya-Largeau e Abéché. Il contingente comprende fanteria, mezzi corazzati, aerei ed elicotteri. Un’importanza strategica che va di pari passo ad aspetti immateriali, come il prestigio.
Non solo l’Armée française è ininterrottamente presente nel Paese del Sahara dal 1983, ma i suoi desertici panorami sono da sempre legati all’aura leggendaria della Legione straniera. Uno scenario militare, che va letto in combinato disposto sia col recente sbarco di un contingente ungherese (200 uomini, per contrastare i flussi migratori), sia con l’irrituale espulsione di una sessantina di militari statunitensi, che non sarebbero stati in regola con lo norme locali. Vanno poi segnalati gli interessi economici: dopo i golpe nel Sahel e la débâcle commerciale in Camerun (con la perdita del 30% delle quote di mercato in 30 anni), Parigi farà il possibile per non perdere influenza sul Paese. Il deficit commerciale col Ciad è significativo, e tocca i 318 milioni di euro. L’export transalpino, trainato dai macchinari meccanici ed elettronici, supera i 78 milioni: è in crescita, ma distante dai picchi del passato. Le importazioni sono dominate dagli idrocarburi, e in forte crescita (superano i 397 milioni). Vi giocano un ruolo strategico il petrolio e la gomma arabica, di cui il Ciad è il secondo fornitore dei francesi. Vi è poi la necessità di difendere quella ventina di grandi imprese presenti in loco: dalle filiali dei gruppi Somdiaa e Castel, sino a Total Energies e all’anglo-francese Perenco, attive nel settore petrolifero. Senza dimenticare Tractafric (motori), Nexira per l’export di gomma arabica, e le aziende locali possedute da cittadini francesi, che operano soprattutto nel settore dei servizi.