Cina. Il Libro Bianco prevede l’annessione di Taiwan. Ma gli Usa si mettono di mezzo

Intanto Pechino modernizza la propria flotta navale con nuove portaerei, ed in questi giorni procede con esercitazioni navali nelle acque attorno alla Repubblica di Cina.

di Giuseppe Gagliano –

Nel programma di politica estera del Libro Bianco, aggiornato con cadenza anche se non regolare, Pechino ha nuovamente sottolineato la necessità che la Repubblica di Cina, cioè Taiwan, ritorni alla Repubblica Popolare Cinese anche attraverso l’uso offensivo dello strumento militare. Ebbene, il sostegno militare che gli Stati Uniti hanno offerto a Taiwan e che è andato via via crescendo, soprattutto grazie all’amministrazione Trump, non fa altro che rendere verosimile da parte della Cina l’impiego di un’offensiva militare volta a riannettere l’isola.
Infatti sia la foto pubblicata da parte dell’Esercito popolare sul suo sito ufficiale del caccia Stealth cinese, noto come J-20, sia il fatto che dopo la pubblicazione del documento strategico della difesa cinese la Settimana Flotta Usa abbia inviato l’incrociatore lanciamissili Uss Antietam per svolgere attività di libera navigazione lungo lo Stretto di Taiwan, dimostrano come l’equilibrio politico-militare Usa e Cina continui a essere precario.
Non pochi analisti militari e di politica internazionale statunitensi ritengono l’obiettivo di annettere Taiwan alla Cina potrebbe essere conseguito su lungo periodo. Al di là del divario evidente tra la marina americana e quella cinese, numerose sono le variabili che potrebbero ostacolare o ritardare il conseguimento di questo obiettivo a cominciare dalla guerra economica con gli Stati Uniti o dalla stabilità o coesione interna del Partito Comunista Cinese. La necessità da parte della Cina di annettere Taiwan nasce da un lato da una politica estera di stampo nazionalista, e l’unificazione rientra nel più ampio progetto cinese di unità nazionale, ma dall’altro lato ha origine da esigenze di politica interna, poiché se questo obiettivo fosse conseguito la autorevolezza e la credibilità dell’attuale leader cinese sarebbero indiscutibili. Non è certo un caso che, fra i principali analisti cinesi, una delle ragioni di conflitto principali a medio lungo termine tra Stati Uniti e Cina riguarderà certamente Taiwan. Come indicato da Manlio Graziano, la ragione principale della volontà annessionistica cinese consiste nella possibilità di privare gli Stati Uniti di una fondamentale portaerei collocata difronte alle proprie coste, e quindi l’annessione di Taiwan consentirebbe alla Cina il controllo del Mar Cinese ed altresì un’adeguata proiezione di potenza verso il Pacifico. Da questo punto di vista Taiwan, come sottolineato da uno dei più noti studiosi di geopolitica, Nicholas Spykman, costituisce la chiave del Mediterraneo asiatico.
Tuttavia non c’è dubbio che il principale ostacolo per raggiungere un traguardo così ambizioso è rappresentato dalla presenza militare americana e nipponica. Uno degli scenari possibili ipotizzati dagli analisti internazionali prevede che in caso di aggressione da parte cinese gli Stati Uniti non si tirerebbero certamente indietro, come dimostra d’altra parte il fatto che nel dicembre del 2017 il presidente americano ha siglato un accordo con Taiwan noto come “National Defense Authorization Act”, il quale prevede mutua assistenza nel contesto del Sea power e come si evince dal fatto che Taipei nel 2018 ha firmato con gli Usa il “Taiwan Travel Act”, che promuove la collaborazione con i funzionari americani di alto livello in ambito sia civile che militare. Più recentemente, nel giugno del 2019, il segretario alla Difesa Patrick Shahanan ha sottolineato che gli Stati Uniti intendono rafforzare il loro sostegno militare a Taiwan con una spesa che si aggirerebbe intorno a due miliardi di dollari, sostegno approvato a luglio. D’altronde, sotto il profilo storico, gli Stati Uniti hanno cominciato a fornire armi a Taiwan già dal 1979 attraverso il “Taiwan Relations Act”, durante l’amministrazione di Jimmy Carter, che esplicitamente prevedeva l’intervento militare americano in caso di minaccia alla sicurezza di Taiwan.
Ebbene, una delle condizioni indispensabili affinché la Cina possa affrontare in modo adeguato sul piano militare gli Stati Uniti nell’eventualità di una offensiva militare ai danni di Taiwan è certamente la trasformazione e la modernizzazione della marina militare. Non a caso nel giro di breve tempo la marina cinese ha sviluppato sia una progettualità militare difensiva che offensiva, che dovrebbe consentirle non solo di tutelare la difesa costiera ma anche di attuare un’adeguata proiezione di potenza negli oceani sulla falsariga di quanto già attuato dalla marina sovietica. Proprio per questo gli investimenti che la Cina sta attuando nella costruzione di portaerei sta a dimostrare la consapevolezza dell’importanza sempre più rilevante che sta acquisendo il potere marittimo,o “sea power”, nella strategia militare cinese. Naturalmente il rafforzamento del dispositivo marittimo consente alla Cina di salvaguardare anche le vie di comunicazione marittima sia a livello commerciale che attraversano l’Africa, l’Oceano indiano, lo stretto di Malacca e naturalmente il Mare Cinese Meridionale, in particolare le isole Spratly, ricche di giacimenti petroliferi, sulle quali la Cina nel giugno del 2015 ha costruito una pista d’atterraggio.
In quest’ottica dobbiamo leggere la strategia marittima cinese volta ad avere infrastrutture militari oltremare come quella di Gibuti in Africa, o infrastrutture portuali come quelle di Gwadar in Pakistan, la quale si trova in una posizione strategica a metà strada tra Medio Oriente, l’Asia centrale e l’Asia del sud, e che proprio per questo costituisce lo snodo fondamentale del China-Pakistan Economic Corridor.
Proprio in questi giorni, e si protrarranno fino al 2 agosto, la Cina sta procedendo con esercitazioni navali nelle acque attorno a Taiwan, sia nord e quindi nello stretto che separa i due paesi, sia a sud-ovest. Nell’area è stato alzato il livello d’allerta, ma è certo che l’iniziativa ha un valore espressamente politico, oltre che dimostrativo.
In altri termini,la strategia della Belt and Road Initiative (Nuova Via della seta) implica da parte cinese un incremento del suo impegno sia nell’Oceano Indiano che nel Pacifico e quindi la modernizzazione della marina militare diventa una condizione fondamentale perché questo ambizioso progetto possa compiersi.

Portaerei cinese Shandong. (Foto Li Gang/Xinhua).