di Giuseppe Gagliano –
Il negoziato fra Pechino e Kuala Lumpur per aprire una raffineria di terre rare in Malesia segna un passaggio cruciale nello scontro globale per il controllo dei minerali strategici. La Cina, leader mondiale nella raffinazione, ha sempre mantenuto un ferreo divieto all’export di tecnologie di trattamento: l’ipotesi di condividerle con un Paese terzo, pur sotto vincoli statali, rappresenta una svolta. In cambio, Pechino punta ad accedere alle riserve malesi — stimate in 16 milioni di tonnellate — e a frenare l’avanzata della rivale australiana Lynas, unico grande operatore non cinese.
Il contesto è segnato dalla corsa degli Stati Uniti e dei loro alleati a costruire filiere alternative. Washington, preoccupata dalla vulnerabilità industriale e militare, offre partecipazioni azionarie e pre-acquisti di forniture a imprese australiane di litio, cobalto e terre rare, mentre Canberra prepara una riserva strategica da condividere con partner come Regno Unito e USA. In parallelo, Pechino cerca di consolidare il proprio predominio in Asia sud-orientale, proponendo trasferimenti tecnologici mirati ma mantenendo la supervisione statale sulle imprese coinvolte.
Per Kuala Lumpur il progetto potrebbe attirare investimenti miliardari e inserire il Paese tra i rari hub con doppia tecnologia, cinese e occidentale. Tuttavia, l’estrazione comporta rischi ambientali e vincoli normativi: il governo ha già vietato lo sfruttamento in aree forestali protette e bloccato l’export di minerale grezzo per evitare la fuga di risorse. L’eventuale raffineria dovrà gestire sia elementi leggeri sia pesanti, indispensabili per auto elettriche, smartphone, turbine e sistemi d’arma, ma la scarsità di alcune terre rare pesanti resta un collo di bottiglia per la filiera verde globale.
Se il progetto si concretizzasse, la Malesia diventerebbe un nodo chiave nella competizione tecnologica USA-Cina, capace di condizionare catene di fornitura che vanno dall’energia pulita alla difesa. Per Pechino significherebbe spezzare l’isolamento tecnologico imposto dai propri stessi divieti di export; per Washington, un campanello d’allarme sul rischio che l’Indo-Pacifico scivoli ancor più nell’orbita industriale cinese. La sfida sulle terre rare non è più soltanto commerciale: tocca la sicurezza nazionale e le alleanze geopolitiche dell’intero Indo-Pacifico.












