Cina. Tregua sui dazi con gli Usa: un reset geopolitico o un fuoco di paglia?

di Giuseppe Gagliano

Il mondo tira un sospiro di sollievo, ma è meglio non abbassare la guardia. Stati Uniti e Cina hanno annunciato una tregua di 90 giorni, tagliando i dazi reciproci del 115%: Washington scende dal 145% al 30%, Pechino dal 125% al 10%. Una mossa che ha fatto balzare i mercati, con l’S&P 500 in rialzo del 2,5% e l’Euro Stoxx 600 su dello 0,9%. Ma dietro i numeri e l’ottimismo di facciata, cosa bolle in pentola? Questa non è solo una questione di dollari e container: è un braccio di ferro che ridefinisce gli equilibri globali, e il diavolo, come sempre, sta nei dettagli.
Geopoliticamente questa pausa è un segnale che nessuno vuole il disastro totale. Gli Stati Uniti, sotto la guida di Trump, hanno sparato alto con i dazi per colpire il cuore dell’economia cinese e ridurre il deficit commerciale, che nel 2024 ammontava a 295 miliardi di dollari a favore di Pechino. L’obiettivo? Stroncare l’interdipendenza economica, quel “decoupling” che Trump sbandiera da anni per ridimensionare la Cina come rivale strategico. Ma la realtà è più complicata. Le economie dei due giganti sono intrecciate come un nodo gordiano: la Cina produce di tutto, dagli iPhone ai giocattoli, e gli Stati Uniti non possono sostituirla dall’oggi al domani senza mandare in tilt le proprie catene di approvvigionamento. La tregua quindi non è un atto di buon cuore, ma un riconoscimento che il gioco duro stava diventando un boomerang.
Sul fronte cinese la svolta è altrettanto pragmatica. Pechino, che per settimane ha tuonato contro i “dazi esorbitanti” di Trump, ha capito che un’escalation senza freni rischia di affossare la sua economia, già sotto pressione per un Pil previsto in calo al 4% nel 2025 secondo Goldman Sachs. La Cina non può permettersi di perdere l’accesso al mercato statunitense, che assorbe il 15% delle sue esportazioni. Ma non illudiamoci: il tono conciliatorio di He Lifeng e soci non è un segno di resa. La Cina sta giocando una partita lunga, rafforzando i legami con Africa e Sud-est asiatico per diversificare i mercati e posizionarsi come paladina del libero scambio, mentre gli USA si chiudono nel protezionismo.
Geoeconomicamente l’impatto è a doppio taglio. La riduzione dei dazi allenta la pressione sui consumatori americani, che rischiavano scaffali vuoti e prezzi alle stelle, come avvertito da colossi come Walmart. In Europa l’accordo scongiura per ora il temuto “secondo shock cinese”, ovvero un’inondazione di merci cinesi a basso costo che avrebbe devastato le industrie locali. Ma i rischi restano. I dazi residui (30% USA, 10% Cina, più il 25% su acciaio, alluminio e auto) tengono alta la tensione, e l’indagine americana su aerei e motori a reazione potrebbe aprire un nuovo fronte. Inoltre la Cina potrebbe svalutare lo yuan per spingere le esportazioni altrove, creando nuovi squilibri globali.
E qui sta il punto: questa tregua è un cerotto su una ferita profonda. I 90 giorni servono a guadagnare tempo, ma le posizioni di fondo non sono cambiate. Trump vuole un’America che produca in casa e domini il commercio globale; la Cina vuole scalzare gli USA come leader economico. Entrambi sanno che un decoupling totale è un’utopia, ma nessuno è pronto a cedere il timone. L’ottimismo dei mercati è comprensibile, ma rischia di essere effimero. La storia insegna che le guerre commerciali non finiscono con una stretta di mano a Ginevra: si trasformano, si spostano, si incattiviscono.
Il mondo resta in bilico. L’Europa, che festeggia il rialzo delle borse, deve guardarsi le spalle: i dazi americani sull’UE, sospesi fino a luglio, potrebbero tornare a mordere. E l’Italia, con 44 miliardi di surplus commerciale con gli USA, non può dormire sonni tranquilli. Intanto, la Cina stringe accordi in Africa e Asia, mentre gli Stati Uniti usano i dazi come leva per isolare Pechino, offrendo sconti tariffari a chi “si allinea”. È una scacchiera globale, e la prossima mossa potrebbe cambiare tutto. Per ora, la tregua è un punto di svolta, ma non fatevi illusioni: la partita è appena cominciata.