Cisgiordania. Operazione di Israele: 27 mila sfollati e case rase al suolo

di Giuseppe Gagliano

La recente operazione militare israeliana in Cisgiordania ha portato allo sfollamento forzato di oltre 26mila palestinesi dai campi profughi di Jenin e Tulkarm. Nel solo campo di Jenin 17mila persone hanno dovuto abbandonare le proprie case a causa dell’intensificarsi degli attacchi israeliani, che hanno incluso bombardamenti e incursioni via terra.
L’offensiva, denominata “Operation Iron Wall”, è iniziata il 21 gennaio e rientra tra gli obiettivi di guerra ufficiali di Israele. Jenin è da tempo considerata una roccaforte delle fazioni armate palestinesi, tra cui Hamas e la Jihad Islamica, organizzazioni che Israele accusa di ricevere supporto diretto dall’Iran. Il campo è disseminato di manifesti raffiguranti militanti uccisi, celebrati come martiri della causa palestinese.
Secondo l’UNRWA ampie porzioni del campo sono state rase al suolo, con almeno 100 edifici distrutti o gravemente danneggiati. Il 2 febbraio le forze israeliane hanno demolito simultaneamente circa 20 edifici sul lato orientale del campo. Intere famiglie si sono ritrovate senza casa, fuggendo verso altre zone di Jenin o rifugiandosi in abitazioni già sovraffollate. Mancano acqua ed elettricità, mentre il sistema scolastico è completamente paralizzato: 13 scuole sono state chiuse e circa 5.000 bambini sono rimasti senza istruzione.
A Tulkarm la situazione è simile. Le incursioni israeliane hanno sfollato almeno 9mila persone, mentre l’esercito ha demolito infrastrutture e edifici civili. Gli abitanti raccontano di attacchi mirati alle reti idriche ed elettriche, una strategia che mira a rendere le condizioni di vita insostenibili.
Le operazioni militari in Cisgiordania hanno provocato almeno 70 morti palestinesi dall’inizio dell’anno, secondo il ministero della Salute palestinese. Chi vive a Jenin racconta che l’intensità dell’attacco supera persino quella dell’invasione del campo durante la Seconda Intifada.
Nel frattempo a Washington alcuni legislatori repubblicani hanno presentato un disegno di legge per eliminare il termine “Cisgiordania” dai documenti ufficiali del governo statunitense, sostituendolo con “Giudea e Samaria”, la denominazione biblica adottata dalla destra israeliana. Il senatore Tom Cotton ha dichiarato che gli Stati Uniti dovrebbero riconoscere i “diritti storici e legali del popolo ebraico su quelle terre”.
Israele prosegue dunque con la sua strategia militare in Cisgiordania, mentre sul fronte politico emergono segnali di un possibile cambio di narrazione da parte di Washington.