di Giuseppe Gagliano –
La Colombia di Gustavo Petro ha scelto di imboccare una strada che potrebbe ridisegnare il suo ruolo nel mondo: aderire alla Belt and Road Initiative (BRI), il colossale progetto infrastrutturale e commerciale cinese che, dal 2013, tesse una rete di connessioni tra Asia, Europa, Africa e, sempre più, America Latina. L’annuncio, fatto dal presidente colombiano il 7 maggio 2025 e ribadito in un’intervista dalla Grande Muraglia, non è solo un segnale di intenti economici, ma una mossa geopolitica audace, che rischia di incrinare il tradizionale asse con gli Stati Uniti e di riposizionare Bogotá in un contesto globale segnato dalla competizione tra grandi potenze. Mentre Petro parla di una “lettera di intenti” non vincolante, da firmare durante un imminente viaggio a Pechino, le implicazioni di questa decisione si riverberano ben oltre i confini colombiani, toccando nervi scoperti in un’America Latina che cerca il suo posto in un ordine mondiale in trasformazione.
La Belt and Road Initiative, lanciata da Xi Jinping, è molto più di un programma di infrastrutture. Con investimenti che hanno superato il trilione di dollari e l’adesione di circa 150 Paesi, di cui 21 in America Latina, la BRI è il volto della Cina che si proietta come potenza globale, costruendo strade, porti, ferrovie e reti digitali per collegare mercati e consolidare influenza. Per la Colombia, aderire alla BRI significa aprire la porta a finanziamenti cinesi per progetti strategici: dai porti del Pacifico, come Buenaventura, alle infrastrutture rurali, fino alle tecnologie verdi e all’intelligenza artificiale, settori che Petro considera cruciali per il futuro del Paese.
Economicamente, la BRI offre opportunità allettanti. La Colombia, con un’economia ancora legata a materie prime come petrolio e carbone, ha bisogno di diversificare. La Cina, secondo partner commerciale dopo gli Stati Uniti, ha visto le sue importazioni da Bogotá crescere del 14,8% nei primi otto mesi del 2024, raggiungendo 2,3 miliardi di dollari, mentre le esportazioni cinesi verso la Colombia hanno toccato i 14,7 miliardi. Aziende come Huawei, BYD e Jinkosolar stanno già radicandosi nel Paese, e un possibile accordo di libero scambio, ventilato dall’ambasciatore cinese Zhu Jingyang, potrebbe amplificare questi flussi. La BRI, in questo senso, non è solo un’iniezione di capitali, ma un’occasione per modernizzare infrastrutture obsolete e ridurre la dipendenza dai mercati tradizionali.
Eppure, la BRI non è un semplice affare economico. È un progetto intriso di strategia geopolitica. I porti finanziati dalla Cina, come Chancay in Perù, possono diventare snodi per il controllo delle rotte commerciali, mentre le infrastrutture digitali, spesso gestite da aziende cinesi, sollevano interrogativi sulla sovranità tecnologica. Per la Colombia, partecipare alla BRI significa entrare in un’orbita dove Pechino detta molte delle regole, un passo che Petro sembra disposto a compiere per emanciparsi dall’egemonia statunitense.
La decisione di Petro arriva in un momento di tensione con gli Stati Uniti. La Colombia, storico alleato di Washington, unico partner NATO in America Latina e destinatario di miliardi di dollari in aiuti militari ed economici, sta vivendo un raffreddamento senza precedenti nei rapporti con la Casa Bianca. L’elezione di Petro, primo presidente di sinistra nella storia del Paese, ha già segnato una svolta: le sue critiche agli accordi di sicurezza con gli Stati Uniti, la sospensione di alcune operazioni antidroga e il rifiuto di un volo americano per il rimpatrio di migranti espulsi il 26 gennaio 2025 hanno inasprito i toni. La risposta di Donald Trump, tornato al potere, è stata una tariffa del 25% sui prodotti colombiani, un colpo duro per un’economia che dipende dagli Stati Uniti per il 27% delle sue esportazioni.
In questo contesto, la BRI diventa per Petro una leva per diversificare le alleanze. La Colombia non è sola: Paesi come Argentina, Bolivia, Cile e Perù hanno già aderito all’iniziativa cinese, vedendo in Pechino un’alternativa al tradizionale dominio occidentale. Ma per Bogotá, la scelta ha un peso simbolico maggiore. La Colombia è stata a lungo il bastione degli interessi americani in America Latina, un contrappeso a governi di sinistra come quello venezuelano. L’adesione alla BRI, anche solo come lettera di intenti, è un messaggio chiaro: Petro vuole un Paese più autonomo, capace di giocare su più tavoli in un mondo multipolare.
La mossa di Petro, però, non è priva di ombre. In Colombia, il dibattito sulla BRI è acceso. L’Associazione Nazionale degli Imprenditori (ANDI), guidata da Bruce Mac Master, ha espresso perplessità sull’utilità strategica dell’iniziativa, lamentando una mancanza di trasparenza e coinvolgimento del settore privato. Javier Diaz, presidente dell’Associazione nazionale del commercio estero (Analdex), ha definito la scelta “scomoda”, avvertendo che potrebbe compromettere i rapporti con gli Stati Uniti, ancora il principale mercato di esportazione. Le critiche si concentrano sui rischi di dipendenza economica: la BRI, infatti, è spesso accusata di intrappolare i Paesi aderenti in debiti difficili da ripagare, come accaduto in Sri Lanka con il porto di Hambantota, ceduto alla Cina per 99 anni.
Anche sul piano geopolitico, i timori abbondano. Gli Stati Uniti vedono la BRI come uno strumento di espansione dell’influenza cinese, e la recente pressione su Panama, costretta a uscire dall’iniziativa sotto minaccia di ritorsioni, dimostra che Washington non intende restare a guardare. La Colombia, già sotto sanzioni tariffarie, potrebbe affrontare ulteriori ritorsioni, come l’esclusione da accordi commerciali preferenziali o la riduzione degli aiuti militari. Inoltre, l’adesione alla BRI potrebbe complicare i rapporti con altri partner, come l’Unione Europea, che guarda con sospetto all’avanzata cinese in America Latina.
La scelta colombiana si inserisce in un trend più ampio. L’America Latina, tradizionalmente considerata il “cortile di casa” degli Stati Uniti, sta diversificando le sue alleanze. La Cina è oggi il primo partner commerciale di Brasile, Cile e Perù, e il secondo di molti altri, inclusa la Colombia. La BRI, con i suoi investimenti in porti, ferrovie ed energia, sta ridisegnando le rotte commerciali della regione, spostando l’asse verso il Pacifico. Progetti come il porto di Chancay o la ferrovia bioceanica, che potrebbe collegare Brasile e Perù, sono esempi di come Pechino stia costruendo un’infrastruttura che non solo facilita il commercio, ma rafforza la sua presenza strategica.
Per la Colombia, questo è un momento di opportunità e rischio. L’adesione alla BRI potrebbe portare investimenti in settori chiave, come le energie rinnovabili e le infrastrutture rurali, aiutando un Paese che fatica a collegare le sue regioni interne ai mercati globali. Ma il prezzo potrebbe essere alto: una maggiore dipendenza dalla Cina, tensioni con gli Stati Uniti e il rischio di progetti poco trasparenti, come già visto in altri Paesi dove le aziende cinesi dominano appalti e manodopera. Petro, con la sua visione di un’America Latina più indipendente, scommette su un futuro multipolare, ma il suo azzardo potrebbe costare caro se non accompagnato da una strategia chiara.
La decisione di Petro non è un fulmine a ciel sereno. Le relazioni con la Cina si sono intensificate negli ultimi vent’anni, dai primi accordi economici sotto Álvaro Uribe alla costruzione della metropolitana di Bogotá, affidata a un consorzio cinese. Ma è con Petro che il rapporto ha assunto una dimensione strategica. La sua visita a Pechino nell’ottobre 2023, culminata nella firma di una “partnership strategica”, e l’annuncio del 2024 da parte del vice ministro Jorge Rojas hanno preparato il terreno. Ora, con la lettera di intenti, la Colombia si avvicina a un punto di non ritorno.
Il significato geopolitico di questa scelta è evidente: la Colombia, un tempo baluardo dell’influenza americana, sta cercando di emanciparsi, seguendo l’esempio di altri Paesi del Sud globale. Ma il significato geo-economico è altrettanto cruciale. In un mondo dove le catene di approvvigionamento si stanno ridisegnando e l’Asia guida la crescita globale, la BRI offre alla Colombia una chance per non restare ai margini. Tuttavia, senza una gestione oculata, il sogno di Petro potrebbe trasformarsi in un abbraccio troppo stretto con Pechino, con conseguenze che i futuri governi colombiani dovranno affrontare.
Mentre Petro si prepara a volare verso Xi Jinping, il mondo osserva. La Colombia, con il suo passo verso la Via della Seta, non sta solo scegliendo un partner economico: sta scommettendo sul proprio ruolo in un ordine globale che cambia. Se vincerà la scommessa, o se pagherà il prezzo di un azzardo, lo dirà solo il tempo.