di Giuseppe Gagliano –
Nel silenzio quasi assordante delle diplomazie occidentali, la Corea del Nord ha appena mostrato al mondo due cose: la sua nuova nave da guerra e la sua lealtà militare alla Russia. Il test del cacciatorpediniere della classe Choe Hyon, supervisionato personalmente da Kim Jong Un, non è stato solo un’esercitazione. È stata una dichiarazione d’intenti: Pyongyang vuole giocare un ruolo strategico, e non più solo simbolico, nel nuovo disordine mondiale.
Contemporaneamente è stato dato il via alla costruzione di un ponte stradale sul fiume Tumen, che collegherà fisicamente la Corea del Nord alla Russia. Un’infrastruttura da 850 metri, concepita per rafforzare una collaborazione che ormai va ben oltre il partenariato economico. Il “Ponte dell’Amicizia” era ferroviario, quello nuovo sarà autostradale: una metafora concreta della volontà di muovere uomini, mezzi e, se necessario, armamenti.
Ma è la conferma ufficiale, da parte di Pyongyang, della presenza di truppe nordcoreane al fianco dell’esercito russo a Kursk a rappresentare lo scatto più inquietante. Fino a ieri era un’ipotesi. Oggi è un fatto. Le parole di Gerasimov al presidente Putin certificano che la guerra in Ucraina si sta internazionalizzando in modo sempre più esplicito. La Corea del Nord, paese formalmente estraneo al conflitto, entra così nel teatro europeo dalla porta principale, mettendo fine a decenni di confinamento strategico.
Il messaggio è duplice. Da un lato, Mosca mostra di non essere sola. Dall’altro, Pyongyang si emancipa dal ruolo di minaccia regionale per entrare nel novero delle potenze revisioniste globali. Che il nuovo cacciatorpediniere nordcoreano non sia ancora autonomo nella navigazione poco importa: l’intenzione è chiara, e il linguaggio delle immagini satellitari e delle esercitazioni missilistiche lo dice meglio di qualunque comunicato.
Nel frattempo, l’Occidente osserva. Ma mentre si concentra solo sul fronte ucraino, rischia di perdere di vista un altro fronte in costruzione: quello che, dall’Estremo Oriente al Mar Nero, unisce i regimi che contestano l’ordine liberale globale, ne sperimentano le crepe e vi costruiscono sopra un’alleanza alternativa.