di Giuseppe Gagliano –
La riconsegna della base militare di Port-Bouet da parte della Francia alla Costa d’Avorio rappresenta molto più di un semplice ritiro logistico. Si tratta di un segnale che riflette un più ampio ridimensionamento della presenza militare francese in Africa occidentale, in un momento di crescente instabilità e ridefinizione delle relazioni di potere nel continente. Questo passaggio avviene senza una rottura politica, a differenza di quanto accaduto in Mali, Burkina Faso e Niger, dove i governi di transizione hanno mostrato un forte orientamento anti-francese, spesso accompagnato da una maggiore apertura verso Mosca.
Sebbene il contingente francese si riduca a poche centinaia di uomini in rotazione, Parigi manterrà un’influenza significativa attraverso accordi di cooperazione militare e programmi di addestramento. L’Accademia internazionale per la lotta al terrorismo a Jacqueville e l’Istituto interregionale per la sicurezza marittima sono solo due esempi del nuovo modello di presenza francese: meno basi permanenti, più interventi mirati e maggiore coinvolgimento delle forze locali.
Questo cambio di strategia è in parte una risposta alla crescente pressione politica interna nei paesi africani, dove il sentimento anti-francese è stato amplificato dalle crisi economiche e sociali. Per il presidente Alassane Ouattara, il ridimensionamento della presenza militare francese risponde a una necessità politica: dare un segnale di sovranità senza compromettere la stabilità del paese, che rimane un hub strategico per gli investimenti occidentali nella regione.
La Francia ha subito un drastico ridimensionamento della sua influenza nel Sahel, in seguito ai colpi di stato che hanno portato al potere giunte militari vicine alla Russia. Mosca, attraverso il Gruppo Wagner e accordi bilaterali, ha sostituito le forze francesi in diversi paesi africani, offrendo assistenza militare e sicurezza in cambio di concessioni minerarie e appoggio politico.
Tuttavia, la Costa d’Avorio rimane un’eccezione nel panorama regionale. A differenza di Mali e Burkina Faso, il governo di Abidjan mantiene rapporti positivi con Parigi e Washington. Questo permette alla Francia di mantenere un punto d’appoggio strategico, anche se con una configurazione differente. Il ridimensionamento delle truppe francesi non significa l’abbandono dell’Africa occidentale, ma una ricalibrazione degli assetti militari per rispondere alle nuove esigenze geopolitiche.
Il ridimensionamento della presenza francese in Costa d’Avorio è in linea con la strategia più ampia dell’Occidente di decentralizzare le operazioni di sicurezza in Africa. L’Unione Europea e gli Stati Uniti stanno spingendo per un approccio che favorisca il rafforzamento delle forze di sicurezza locali, riducendo la necessità di interventi diretti. Questo modello mira a evitare lo scenario osservato in Mali, dove il ritiro francese ha lasciato un vuoto rapidamente colmato dalla Russia e dai gruppi jihadisti.
L’elemento chiave sarà la capacità della Costa d’Avorio di gestire autonomamente la propria sicurezza senza ricorrere ad attori esterni. Se il paese riuscirà a mantenere la stabilità interna e a evitare infiltrazioni jihadiste, potrà diventare un modello per altri stati dell’Africa occidentale che cercano di ridurre la dipendenza militare dalle ex potenze coloniali. Al contrario, un’eventuale escalation della minaccia terroristica potrebbe spingere Abidjan a riconsiderare un maggiore coinvolgimento di partner internazionali.
La riconsegna della base di Port-Bouet non segna la fine dell’influenza francese in Costa d’Avorio, ma ne ridefinisce la natura. Parigi non si ritira, ma adatta la propria strategia a un contesto in mutamento, privilegiando la cooperazione piuttosto che la presenza militare diretta. Questo approccio riflette una più ampia trasformazione della politica occidentale in Africa, dove l’enfasi è sempre più sulla formazione e sul supporto indiretto piuttosto che sul dispiegamento di truppe permanenti.
Resta da vedere se questa nuova strategia sarà sufficiente a mantenere l’influenza francese nella regione, o se l’Africa occidentale seguirà la traiettoria del Sahel, avvicinandosi progressivamente ad altri attori globali come Russia e Cina. La sfida per Parigi sarà dimostrare che la sua presenza è ancora un valore aggiunto per la sicurezza e lo sviluppo della regione.