Costa Rica. Non è tutto oro quello che luccica

di Paolo Menchi

La Costa Rica è un piccolo stato dell’America centrale abitato da circa cinque milioni di abitanti, che sotto molti punti di vista si differenzia dagli paesi dell’area latinoamericana, tanto che viene spesso definita la Svizzera centroamericana.
Dal 1948 è stato abolito l’esercito e la spesa destinata agli armamenti è stata indirizzata a politiche sociali che hanno portato il tasso di alfabetizzazione superiore al 95% , ad un sistema sanitario pubblico efficiente (l’OMS lo classifica primo nella regione e trentaseiesimo al mondo), ad un sistema di sicurezza che ha permesso di avere un tasso di criminalità “moderato” e ad una protezione del patrimonio naturale che ha portato a destinare il 30% del territorio a parco nazionale.
Per quanto possano essere discutibili certe classifiche, la Costa Rica nel primo decennio del 2000 è stata classificata la prima nazione al mondo per felicità media.
Fa un certo effetto leggere tutte queste cose positive di un paese che si trova in una delle zone più povere e pericolose del pianeta, vicino a nazioni come El Salvador, Honduras, Guatemala e Nicaragua, dove gran parte della popolazione per sopravvivere non ha altra via di salvezza se non l’emigrazione.
Tutto quanto esposto, accompagnato da una certa stabilità politica, ha portato negli ultimi anni non solo ad un eccezionale aumento del turismo, ma anche al trasferimento di molti stranieri che hanno aperto attività commerciali nel paese.
Purtroppo se viene analizzata meglio la Costa Rica, è possibile parlare di un paese che sta meglio di altri della stessa zona, ma certamente si riscontrano gravi problematiche a livello di redistribuzione della ricchezza.
È vero che da anni si assiste ad una crescita media del pil di circa il 3% ma, secondo la Banca mondiale, nel 2019 circa un quarto della popolazione viveva in povertà e il 7 per cento in miseria con un tasso di disoccupazione di quasi il 12 per cento (il dato provvisorio del 2020, anche per effetto della pandemia, dovrebbe toccare il 18%), ed è molto più alto tra i giovani.
Capita spesso quindi che i turisti si aspettino di trovare per le strade la Svizzera di cui parlano molti blog e che restino delusi nel vedere comunque povertà, cattiva manutenzione delle città, baracche o sporcizia, come si può trovare negli altri paesi vicini.
A livello politico il paese, che ha una sola Camera composta da 57 deputati, pur non essendo soggetto a rischi di golpe vista l’assenza dell’esercito, è molto frammentato tra diversi partiti per cui è di difficile governabilità e attuare riforme cercando un consenso trasversale è quasi impossibile.
Secondo molti osservatori buona parte dei problemi della Costa Rica sono nati nel 2009, quando un discusso referendum, sospettato di brogli, ha annesso il paese al neocostituito CAFTA-DR (Central America-Dominican Republic Free Trade Agreement), un accordo per il libero scambio che praticamente apriva le porte agli Usa.
Le ultime elezioni si sono tenute a maggio del 2018, nelle quali è risultato eletto presidente della Repubblica Carlos Alvarado con il 60,8% delle preferenze (Partito Accion Ciudadana – PA ), che ha dovuto fronteggiare già due importanti rivolte di piazza.
La prima a fine 2018 contro il tentativo del governo di approvare un pacchetto di riforme fiscali che avrebbe avuto pesanti ricadute sulle fasce medio-basse della popolazione, in particolare sui dipendenti pubblici, ma che non aveva avuto l’esito sperato perché la nuova legge era stata approvata comunque.
La seconda, ancora più grande della prima, nell’ottobre scorso, contro l’intenzione del presidente di firmare un accordo per un prestito con il FMI per circa 1,5 miliardi di euro che avrebbe comportato un notevole aumento delle tasse e privatizzazioni a raffica, portando il paese verso il modello neoliberista che, come sperimentato altrove, non fa altro che aumentare le differenze sociali e rendere ancora più precario il mondo del lavoro.
Il pesante bilancio delle proteste, con decine di feriti, aveva convinto il governo a congelare l’accordo ma non a rinnegarlo, ed aveva cercato senza grosso successo un accordo con gli altri partiti e le parti sociali.
Le trattative con il FMI sono riprese lo scorso mese di gennaio con la promessa di discuterle in parlamento prima di siglare l’accordo definitivo.