a cura di Francesco Giappichini –
L’ultima fase della storia costaricense è segnata da ingredienti contraddittori. Forte crescita economica da un lato, aumento delle disuguaglianze e impennata della criminalità dall’altro. Né potevano mancare, in sintonia coi tempi, certe venature populiste dei governanti. Ne abbiamo parlato con Alfredo Ingegno, persona chiave nelle relazioni tra Italia e Costa Rica. Residente da oltre un decennio e imprenditore turistico nel Paese centroamericano, è anche titolare del portale Italiani in Costa Rica. Ha intervistato personalità locali di spicco, come l’allora vicepresidente Alfio Piva Mesén (per il sito Lombardi nel mondo); ma soprattutto è lui stesso a rilasciare testimonianze sulla sua esperienza.
E non solo, com’è facile immaginare, alle testate rivolte al mondo expat, come Voglio vivere così; per l’autorevole magazine dedicato all’arte Artribune lo ha intervistato Neve Mazzoleni, dopo averlo incluso nella lista dei “Brain drain”: i “cervelli in fuga del settore della cultura e creatività”. E nell’occasione Ingegno, per quasi quarant’anni architetto presso le Soprintendenze di Cagliari e Firenze, ha potuto anche esprimersi sulle politiche culturali della nazione centro-americana.
– Qual è il suo giudizio sul presidente Rodrigo Chaves, un conservatore che alcuni esperti giudicano un populista? La proposta di referendum per ampliare i poteri dell’esecutivo e gli attacchi alle istituzioni, hanno sollevato molte critiche.
“Il presidente Chaves è un conservatore che cavalca con un certo successo l’onda del populismo. Ama arringare il popolo con slogan di sicuro effetto, in stile trumpiano, disprezza i giornalisti, e mostra ostilità verso partiti tradizionali e istituzioni. Costretto a confrontarsi con un’Asamblea legislativa frammentata, ha di recente proposto di organizzare un referendum per ampliare i poteri dell’esecutivo. E secondo alcuni osservatori la proposta, al vaglio della Corte costituzionale, potrebbe incidere sulla stessa tenuta democratica. L’approccio demagogico di Chaves ha una fetta consistente di sostenitori, specie tra le fasce più deboli. Sono convinti che si debbano prendere le decisioni rapidamente, e senza i presunti intralci al buon funzionamento del governo. È certo tuttavia, secondo gli osservatori internazionali, che in quanto a libertà civili e diritti umani, la Costa Rica gode ancora di buona salute“.
– Quali sono le ragioni degli ottimi risultati macroeconomici? L’economia nazionale è stata definita come un’”economía jaguar”: dalla crescita della ricchezza prodotta, al calo di inflazione e disoccupazione, il Paese non fa che collezionare ottime performance…
“I dati macroeconomici della Costa Rica nel 2023, confermati nel ’24, parlano chiaro. Una crescita del prodotto interno lordo del 5,1%, l’inflazione più bassa dell’America latina (1,8%), il rapporto tra debito pubblico e producto interno bruto sceso di due punti e oggi al 61%, la diminuzione della disoccupazione a meno dell’8%, e l’aumento dei salari reali. Le ragioni di questi successi sono numerose e ovviamente non tutte ascrivibili all’attuale esecutivo. Del resto il Paese beneficia di stabilità politica e istituzioni solide, che favoriscono la fiducia degli investitori costaricani ed esteri. L’apertura verso gli investimenti stranieri, insieme a politiche favorevoli alle imprese, hanno creato un clima imprenditoriale attraente; che ha stimolato la crescita e ha portato alla quotazione del dollaro più bassa da un decennio. I settori trainanti sono il turismo e le esportazioni in vari settori ad alto valore aggiunto: si scongiura la dipendenza da un’unica industria, e al contempo si riescono a diversificare gli acquirenti. Non meno importanti, l’istruzione e il benessere sociale, che nel lungo periodo hanno contribuito a formare una forza lavoro qualificata e produttiva, e hanno migliorato la competitività economica”.
– Non mancano tuttavia le critiche, che segnalano un aumento del divario tra ricchi e poveri, e soprattutto il crollo degli investimenti nell’istruzione. Le condivide?
“Sono critiche condivisibili. I buoni dati macroeconomici nascondono le condizioni in cui vivono ampie fasce della popolazione. La Costa Rica è il Paese dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico con la maggiore disparità di ricchezza, e vi ha contribuito il calo degli investimenti sociali registrato nell’ultimo decennio. Tra il 2014 e il 2024, questi sono passati dal 50% del bilancio al 38 per cento. Mentre solo nel 2022 è stato tagliato il 28% delle borse di studio per gli studenti meno abbienti. La sfida consisterà nel non perdere di vista i settori dell’istruzione, della sanità, della sicurezza e dell’assistenza. E non solo per motivi di giustizia sociale o perché si tratta di un segno distintivo del sistema costaricense; ma anche perché, a medio termine, questi investimenti offrono un ritorno misurabile in termini finanziari”.
– Secondo recenti reportage, il Costa Rica non sarebbe più un’oasi di pace, ma anche qui starebbe attecchendo la piaga del narcotraffico. Solo esagerazioni?
“Non sono esagerazioni. La Nazione sta affrontando un’emergenza senza precedenti. Non è mai circolata tanta droga e la violenza legata alle bande di narcotrafficanti è alle stelle, con un tasso di omicidi cresciuto in pochi mesi del 40 per cento. Schierare il dieci per cento in più di agenti di polizia nelle strade non pare sufficiente a garantire la sicurezza degli abitanti, molti dei quali vedono la decisione come una risposta tardiva, e che non porterà a grandi risultati. La Conferencia episcopal de Costa Rica osserva che pensare allo sviluppo solo in termini di indicatori economici è un errore. La crescita non raggiunge tutti, e il modello di organizzazione socio-economica è incapace di ridurre la povertà, nelle cui sacche il narcotraffico trova terreno fertile”.
– Ci può fornire un quadro della comunità italiana residente? Prevalgono gli investitori, o coloro che magari scelgono quelle spiagge paradisiache come meta del buen retiro?
“La comunità italiana non è tra le più numerose né rappresenta un gruppo omogeneo e coeso. Si tratta in prevalenza di piccole comunità sparse su ogni regione, ma soprattutto nella capitale San José e nelle aree turistiche. Le fonti ufficiali attestano oltre 2400 persone: quelle nate in Italia ed escludendo i discendenti di italiani. Vi si aggiungono alcune migliaia, ancora non iscritte all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero. In generale, si tratta di individui o famiglie giunti negli ultimi decenni, con background e motivazioni variegate. Alcuni hanno scelto la Costarica dopo il pensionamento, attratti dalle bellezze naturali e dal clima tropicale. I grandi investitori sono senz’altro una insignificante minoranza. La maggioranza si è invece trasferita in cerca di piccole opportunità imprenditoriali, attratta dalla stabilità politica ed economica. I settori prevalenti sono turismo, import-export e commercio, e di solito si opera attraverso società di persone o di capitali”.