Cpi. Partiti i primi mandati d’arresto per crimini russi in Georgia

Nel 20mo anniversario della Corte un monito per la guerra in Ucraina.

di Maurizio Delli Santi * –

Il 1 luglio in una Conferenza ad Alto livello la Corte penale internazionale dell’Aja ha commemorato il 20mo anniversario della sua istituzione. L’evento è stato seguito per lo più dal mondo dei giuristi che hanno a cuore il percorso della giustizia penale internazionale. La ricorrenza avrebbe richiesto una sensibilità diversa, specie in questi giorni in cui purtroppo le cronache drammatiche dei massacri che si succedono in Ucraina hanno posto il tema della illiceità della guerra di aggressione, dei crimini di guerra e contro l’umanità compiuti in maniera sistematica anche in danno della popolazione civile, che invece dovrebbe essere sempre tutelata in base alle Convenzioni dell’Aja e di Ginevra.
In ogni caso le riflessioni sull’anniversario sono state superate dalla cronaca dell’ultima iniziativa giudiziaria della stessa Corte dell’Aja, che ad una attenta lettura viene ad assumere un significato che va oltre la vicenda specifica, e si presenta come un vero e proprio monito per chi in Ucraina sta compiendo le più gravi violazioni al diritto internazionale umanitario.
Il 30 giugno un comunicato stampa della Corte ha reso noto che la Pre Trial Chamber ha emesso il primo mandato d’arresto nei confronti di due alti funzionari russi e di un georgiano del governo collaborazionista perché ritenuti responsabili di gravi crimini di guerra commessi durante il conflitto armato deflagrato tra la Russia e la Georgia nel 2008. Di fatto anche in questo caso, l’aggressione di Mosca fu attuata con il pretesto di tutelare l’autodeterminazione delle popolazioni transcaucasiche dell’ Ossezia del sud e dell’Abcasia, ora sotto occupazione russa.
Di particolare interesse è il profilo dei tre imputati. Il primo è il tenente generale Mikhail Mindzayev, cittadino russo, oggi 67enne, originario dell’ Ossezia del Nord; alto ufficiale di polizia presso il Ministero degli Affari Interni della Federazione Russa, dal 2005 al 31 ottobre 2008 ha ricoperto la carica di Ministro degli Affari interni dell’ amministrazione de facto dell’ Ossezia del Sud. Il secondo è Gamlet Guchmazov, di cittadinanza russa e presumibilmente anche georgiana, 47enne, che era il diretto responsabile della discussa struttura di detenzione Isolator. Il terzo ha poi un profilo del tutto particolare: si tratta di David Georgiyevich Sanakoev, 47enne originario di Tskhinvali (Georgia), che ha ricoperto le funzioni di “rappresentante presidenziale per i diritti umani” dell’amministrazione de facto dell’ Ossezia del Sud, in sostanza una sorte di difensore civico o di garante dei diritti umani che avrebbe dovuto tutelare la popolazione. La versione resa pubblica dei mandati non reca tutti gli elementi d’accusa testimoniali acquisiti nelle investigazioni specie per tutelare le vittime dei reati, ma il fatto che il mandato sia passato al vaglio della Camera preliminare è indicativo della forte rilevanza degli elementi probatori acquisiti.
In particolare ai tre imputati si attribuiscono responsabilità penali dirette per una serie di fatti compiuti in danno della popolazione civile georgiana in quanto tale, ed in particolare nei confronti di un gruppo di persone arrestate nella parte osseta del Sud della Georgia. I georgiani sono stati ingiustamente detenuti, maltrattati e tenuti in dure condizioni nel citato Isolator, il famigerato centro di detenzione di Tskhinvali, noto anche come “KPZ”. Poi i georgiani catturati sono stati utilizzati come strumento di contrattazione dalla Russia e dall’Ossezia del Sud per ottenere uno scambio di prigionieri, per cui di fatto sono stati costretti a lasciare le loro terre d’origine. Da qui l’imputazione specifica di avere operato arresti illegali, torture e trattamenti disumani, oltraggi alla dignità personale, prese di ostaggi e trasferimenti illegali di civili, tutti comportamenti configurabili “crimini di guerra” ai sensi dell’articolo 8 dello Statuto della Corte penale internazionale.
Rimane il problema della eseguibilità dei mandati d’arresto, anche nella considerazione che la Corte non può celebrare processi in absentia degli imputati, una norma di cui da più parti si sollecita la revisione. Tuttavia anche la scelta della Corte penale internazionale di divulgare la notizia ha oggi un forte valore simbolico. Le vicende risalgono al 2008, ma non può sfuggire un riferimento ai fatti che si stanno compiendo nella guerra in Ucraina, in particolare nel Donbass e negli altri territori conquistati dai Russi. A parte gli eccidi di Bucha e gli effetti devastanti dei bombardamenti indiscriminati, l’analogia è del tutto evidente con gli arresti, i processi illegali e le condizioni di detenzione in cui sono tenuti i combattenti arresisi a Mariupol, nonché con la situazione di oltre un milione di civili costretti all’esodo forzato e trasferiti illegalmente in centri di raccolta e poi in lontane regioni russe. Il monito è quindi senz’altro diretto ai zelanti funzionari russi e ai collaborazionisti del Donbass che si stanno prodigando in queste iniziative inscenando processi senza fondamenti giuridici, come è accaduto per le recenti condanne a morte e all’ergastolo nei confronti di asseriti “mercenari” intervenuti per difendere l’Ucraina, e prospettando alla popolazione dei territori occupati falsi “corridoi umanitari” per costringerli a trasferirsi.
Non va dunque sottovalutato l’impulso alla effettività della giurisdizione penale internazionale che la Corte dell’Aja sembra più decisa ad affermare dopo i drammatici resoconti degli eccidi compiuti in Ucraina. È stata quindi lungimirante la scelta dell’Ucraina di avviare a suo tempo la procedura di “accettazione” di giurisdizione della Corte per i crimini di guerra, contro l’umanità e il genocidio (nota: la procedura non ha riguardato però il crimine di “aggressione”, ma potrebbe essere presto estesa). E certamente ha avuto un peso il referal, la richiesta di procedimento sui crimini in Ucraina inoltrata al “Prosecutor” dell’Aja il 2 marzo scorso dai primi 39 Paesi con in testa la Lituania, l’Italia e tutti gli altri paesi dell’Unione Europea.
L’iniziativa ha conferito maggiore forza e autorevolezza al Procuratore della Corte Karim Khan, che ha subito posto a disposizione della autorità ucraine un team investigativo, si è recato più volte in territorio di guerra e per ultimo ha annunciato un’iniziativa che avevamo ipotizzato opportuna all’esordio del conflitto: l’imminente costituzione di un ufficio distaccato della Corte penale internazionale in Ucraina. Forse stavolta si darà un senso di concretezza al 20mo anniversario dell’istituzione della Corte penale internazionale.

* Membro dell’International Law Association.