Cpi. Tajani, ‘va indagata’

di Giuseppe Gagliano

“Forse bisogna aprire un’inchiesta sulla Corte penale internazionale”. No, non è uno scherzo, bensì una dichiarazione del ministro degli Esteri della Repubblica Italiana, che evidentemente non ha mai letto lo Statuto di Roma o, se l’ha fatto, ha deciso che la giustizia internazionale va bene solo quando conviene.
Che la CPI desse fastidio ai soliti noti era prevedibile. Ma che ora il governo italiano si accodi al coro di chi la vorrebbe imbavagliare è la conferma che certe alleanze non si fanno gratis. Perché il problema non è la CPI in sé, ma il fatto che abbia osato ricordare a tutti che il diritto vale per chiunque, anche per chi è abituato a farne carta straccia.
Quando il procuratore Karim Khan ha chiesto i mandati d’arresto per Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant a seguito della mattanza di Gaza (47mila morti, di cui un terzo bambini), la destra internazionale è saltata sulla sedia: “Come si permette di mettere sullo stesso piano il premier israeliano e i leader di Hamas?”. Già, perché secondo questa brillante teoria la giustizia deve essere a senso unico. Peccato che il principio di uguaglianza davanti alla legge sia l’abc del diritto penale, ma questo ai campioni della “realpolitik” sfugge sempre.
E così, mentre gli Stati Uniti di Trump emettono le prime sanzioni contro la CPI, il governo italiano si allinea con un entusiasmo degno di miglior causa. L’esecutivo infatti ha già dato prova della sua allergia alla giustizia internazionale quando ha preferito rispedire a Tripoli il torturatore e assassino libico al-Masri con un volo di Stato, piuttosto che consegnarlo alla giustizia. La sorprendente dichiarazione di Tajani si rifà appunto a questo caso.
D’altronde il nostro governo ha scelto da tempo di essere la testa di ponte europea di certe manovre. Lo dimostra la mancata adesione dell’Italia al documento di protesta contro le sanzioni Usa alla CPI, firmato persino dal Regno Unito e dai paesi baltici, che di solito pendono dalle labbra di Washington.
Il vero punto è che la CPI sta cambiando pelle. Se fino a ieri si limitava a processare criminali di guerra africani e asiatici, oggi ha alzato il tiro e ha osato puntare il dito contro chi si riteneva intoccabile. E questa, per il blocco atlantista, è un’eresia da punire.
Dopo anni di giustizia internazionale a doppio standard, oggi la CPI potrebbe finalmente giocare un ruolo serio nel mettere fine all’impunità per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Ed è proprio questo che terrorizza chi ha sempre fatto finta di credere nel diritto internazionale, salvo voltarsi dall’altra parte quando a finire sotto accusa sono gli alleati di comodo.
Ma la domanda vera è un’altra: il governo italiano sta difendendo la giustizia o i suoi padrini internazionali?