Cresce la fame nel mondo

di C. Alessandro Mauceri –

Ormai non passa giorno senza che si parli di migranti e sbarchi (prima negati e poi concessi). Come al solito quintali d’inchiostro di polemiche e poche reali considerazioni sulle norme che dovrebbero regolare questi flussi migratori a livello comunitario (l’Unione Europea è un’ “unione” o solo un Mercato Europeo Comune a cui è stato dato un altro il nome per motivi di marketing?) o sulle cause di questi spostamenti.
Eppure le fonti e le ricerche internazionali per comprendere quali sono le vere cause di questi flussi migratori non mancano. Ultima ma non ultima, il rapporto della FAO sullo stato dell’arte della Sicurezza alimentare e Nutrizione nel mondo.
Il primo dato che coglie l’attenzione del lettore è che nel mondo il numero di persone che soffrono la fame, fino a qualche anno fa in leggero ma costante calo, ha ricominciato a crescere, tornando ai livelli di quasi un decennio fa. Il numero assoluto di persone nel mondo colpite da denutrizione, o deprivazione alimentare cronica, è aumentato da circa 804 milioni a quasi 821 milioni. E i paesi dove la situazione sta peggiorando sono proprio i paesi in cui si registrano i maggiori flussi migratori: Sud America e soprattutto la maggior parte delle nazioni africane. In Africa in particolare nella zona del sub sahariana, o nel Corno d’Africa, ovvero proprio nei paesi da dove maggiore è il numero dei migranti verso l’Europa, la percentuale di persone che non riceve abbastanza cibo varia dal 23,2% a oltre il 30%. Percentuali che sono il doppio e a volte anche il triplo dei livelli massimi raggiunti nei paesi più poveri del continente asiatico e da quattro a cinque volte di più del Centro e Sud America.
Oggi l’Africa è il continente dove maggiore è il PoU (Prevalence of Undernourishment, indice di sottonutrizione). In termini assoluti, significa che almeno 256 milioni di persone soffre la fame. Dei 50 milioni bambini sotto i cinque anni che soffrono di malnutrizione circa la metà vive in Asia meridionale e un quarto nell’Africa sub-sahariana.
Una grave insicurezza alimentare (FIES) della popolazione che non può non avere conseguenze geopolitiche a largo raggio. Alcune stime basate sui dati raccolti dalla FAO utilizzando la FIES in più di 140 paesi in tutto il mondo e sui dati raccolti dalle istituzioni nazionali che utilizzano la FIES o altre scale di sicurezza alimentare Confermano che, nel 2017, circa il 10 per cento della popolazione mondiale è stata esposta a gravi insicurezza alimentare, corrispondenti a circa 770 milioni persone. Ma mentre questo valore è pari al 1,4 per cento in Nord America e in Europa, in Africa è quasi il 30 per cento.
E senza un aumento degli sforzi è praticamente certo che non sarà mai possibile raggiungere gli obiettivi SDG di eradicare la fame entro 2030.
Sull’altro lato della medaglia, secondo i ricercatori, sono oltre 38 milioni i bambini sotto i cinque anni in sovrappeso. Un dato che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è un indicatore di ricchezza. Anche se può sembrare un paradosso, l’insicurezza alimentare è spesso associata anche al sovrappeso e all’obesità. Il più alto costo di alimenti nutrienti, lo stress di vivere con insicurezza alimentare, e adattamenti fisiologici alla restrizione alimentare aiutano a spiegare perché le famiglie che consumano cibo di scarsa qualità presentano percentuali di sovrappeso e obesità maggiori. Un scarso accesso al cibo e ai cibi particolarmente sani contribuisce alla sottonutrizione, al sovrappeso e all’obesità. Fame e obesità spesso sono entrambi sintomi di problemi sociali ed economici.
Scarso accesso al cibo aumenta il rischio di basso peso della nascita e lo stallo della crescita nei bambini, che sono associati con un maggiore rischio di sovrappeso e obesità più tardi nella vita.
I primi mille giorni tra il concepimento e il secondo compleanno di un bambino sono una finestra di opportunità per prevenire il ritardo nella crescita e al tempo stesso evitare o ridurre il rischio di sovrappeso dei bambini.

Qualche anno fa l’OMS ha approvato sei obiettivi globali per migliorare la nutrizione materna, infantile e infantile e aveva fissato come data per realizzarli il 2025. Questi obiettivi prevedevano di

– ridurre l’anemia nelle donne in età riproduttiva;
– ridurre il basso peso dei neonati alla nascita;
– aumentare i tassi di allattamento al seno esclusivo;
– ridurre l’arresto della crescita dovuto alla mancanza di cibo;
– ridurre lo spreco;
– e arrestare l’aumento del sovrappeso tra i bambini al di sotto dei cinque anni di età.

Questo obiettivi oggi appaiono sempre più lontani al ridursi del tempo a disposizione per raggiungerli. E questo nonostante la data sia stata spostata al 2030. Se a livello globale il numero di bambini che presentano ritardi nella crescita a causa della nutrizione è in leggero calo (da 165,2 milioni in 2012 a 150,8 milioni in 2017), in alcune aree del pianeta è aumentato tanto che oggi Africa e Asia ospitano più di nove su dieci bambini sottonutriti a livello globale. Africa e Asia sono anche le aree del pianeta dove minore la percentuale di sovrappeso infantile che oggi colpisce 38,3 milioni bambini.
Milioni e milioni di persone che muoiono (letteralmente) di fame a causa di sfruttamento del suolo e cambiamenti della produttività dei terreni causati dalle scelte di poche, pochissime grandi imprese e dell’ostinazione nel negare le cause antropiche dei cambiamenti climatici.
Sono queste alcune delle vere cause dei flussi migratori cui stiamo assistendo: molti prima di morire di fame cercano di trasferirsi altrove per trovare una nuova vita. Anche a costo di violare le che regolamentano l’attraversamento delle frontiere.