a cura di Francesco Cirillo * –
La comparsa sul mercato delle app per AI (Intelligenza artificiale) della cinese DeepSeek si sta dimostrando un tornado in grado di mandare all’aria le aziende hi-tech statunitensi e di intensificare lo scontro tecnologico e geopolitico con la Cina. DeepSeek è una startup cinese fondata da Liang Wenfeng, che ha lanciato sul mercato modelli di AI che si pongono avanti a quelli offerti negli Usa, ma soprattutto con chip costosi un decimo rispetto a quelli americani. Ovvio che l’app è divenuta immediatamente popolare, e il lancio lunedì del modello R1 ha scosso i mercati degli Usa e di tutto il mondo, con le azioni dell’americana Nvidia crollate del 17%, ovvero 589 miliardi di dollari bruciati. DeepSeek è stata scaricata negli Usa persino più di Chatpt, di produzione tutta statunitense, ma ieri ha denunciato un importante attacco hacker che ha temporaneamente bloccato gli accessi.
Per molti siamo tuttavia al momento “Sputnik” dell’Intelligenza artificiale, e ancora non si conoscono i rischi, non solo etici e sociali, bensì geopolitici dell’evoluzione di tali modelli. Ne parliamo con Alessandro Aresu, consigliere scientifico di Limes e autore di “Geopolitica dell’Intelligenza artificiale”, edito da Feltrinelli.
– Il lancio di DeepSeek sembra aver sconvolto il panorama internazionale. Pechino ha dimostrato che può competere con Washington, nonostante le restrizioni che ha subito dall’amministrazione Biden?
“A mio avviso sì. Quello che hanno fatto i ricercatori di DeepSeek, perfino se avessero detto il falso su alcuni aspetti, come l’infrastruttura di calcolo utilizzata, è comunque molto significativo, perché ha colpito in modo consistente la narrazione dominante e ha posto le capacità e i prodotti cinesi al centro della scena. Mette gli Stati Uniti sulla difensiva, tanto che i vari campioni tecnologici statunitensi oscillano tra prendersela con DeepSeek o complimentarsi con DeepSeek.
La vicenda delle restrizioni va avanti ormai da molti anni. Se da un lato la possibilità della Cina di acquisire aziende centrali nell’ecosistema dei semiconduttori all’estero è stata ridotta in modo molto consistente, la Cina ha risposto attraverso un’organizzazione interna del suo ecosistema, che ha posto al centro il ritorno sulla scena di Huawei, un’azienda che ha già dimostrato di resistere alle sanzioni degli Stati Uniti mantenendo la sua forza di mercato nelle infrastrutture di telecomunicazione rispetto alle aziende occidentali. Certo, la Cina non ha ancora aziende come ASML, il campione dei Paesi Bassi dei macchinari per i semiconduttori, ma è facilmente dimostrabile che ASML per fare ricavi consistenti deve puntare lo stesso sul mercato cinese, quindi non può ridurre a zero le sue vendite in Cina. E questo vale per molte altre aziende. La stessa Nvidia, in molti passaggi che cito nel mio libro, sia di Jensen Huang che di Bill Dally, ha sempre sostenuto che le restrizioni avrebbero ridotto la visibilità sul mercato cinese e che avrebbero stimolato i cinesi a contro-innovare.
Quello che fa DeepSeek è scalare ulteriormente questa controffensiva cinese, dimostrando che i talenti cinesi, che hanno una enorme forza sia quantitativa che qualitativa, sono in grado di portare prodotti apprezzati dai consumatori internazionali e che possono cambiare i rapporti di forza degli ecosistemi tecnologici“.
– Come sarà il rapporto tra grandi aziende tech e il governo federale?
“Nella prospettiva di Donald Trump è utile che il maggior numero di leader tecnologici sostenga la sua amministrazione, così ci possono essere alcuni interessi comuni, come la riduzione della burocrazia e della regolamentazione, e poi alcuni contrasti su specifiche filiere. In questo modo, dallo spazio ai motori di ricerca, dai social media agli altri servizi digitali legati all’intelligenza artificiale, non ci sarebbe un unico potere soverchiante, come quello che ha attualmente Musk nella filiera spaziale. Questa è la cosa più intelligente da fare, e sicuramente a Trump piace l’idea di far sfidare i “gladiatori” più o meno allenati. Ma non è detto che si realizzi.
Per quanto riguarda il Deep State federale, il primo aspetto da considerare è che la burocrazia federale degli Stati Uniti è piuttosto scadente. Per ragioni economiche il capitale umano che attraggono da tempo è mediamente scarso rispetto al settore privato, perciò l’idea che ci sia questo invincibile e super-competente Deep State che custodisce la potenza dell’impero va anche calata nella realtà di burocrati piuttosto scarsi e che hanno ottenuto in alcuni casi risultati scadenti. Per ragioni ideologiche e di interessi personali, molti sostenitori di Trump vogliono sostituire questo corpo. Ovviamente, come ha già fatto Elon Musk, possono piazzare personalità a loro vicine alla guida della NASA o della FCC, ma il funzionamento delle organizzazioni nella storia non dipende mai solo dal vertice“.
– Nel tuo ultimo libro analizzi benissimo la storia di Palantir e di Peter Thiel. Qual è il ruolo attuale e quale potrebbe essere in futuro, visti gli interessi della sua compagnia con i settori governativi degli Stati Uniti?
“Palantir è l’azienda co-fondata da Peter Thiel all’inizio del secolo. Nasce per fornire servizi di analisi e organizzazione dei dati al sistema di difesa, sicurezza e intelligence degli Stati Uniti. L’azienda gioca da sempre sul suo stretto rapporto col sistema di sicurezza degli Stati Uniti, anche perché ha ricevuto iniziali investimenti dal venture capital della CIA, ma allo stesso tempo, negli ultimi due anni, la parte di servizi al settore privato, dall’energia alla farmaceutica, è divenuta più importante in termini di ricavi rispetto al settore pubblico, anche perché è salita sull’onda dell’intelligenza artificiale. Perciò, in termini di ricavi e di soldi, non bisogna esagerare l’interesse governativo di Palantir. Tuttavia l’azienda ha una tesi precisa sul riequilibrio delle spese governative degli Stati Uniti, e in particolare del bilancio della difesa. Come spiego in modo dettagliato nel mio libro, si tratta del concetto di “prima colazione”, in cui si rovescia l’attuale organizzazione delle imprese della difesa alla fine della guerra fredda, la cosiddetta “ultima cena” di William Perry, grande figura dell’elettronica e segretario alla Difesa di Clinton, da cui è derivato il consolidamento dell’industria. La tesi di Palantir è che l’attuale sistema inefficiente non garantisca Washington rispetto alla competizione con la Cina e quindi la spesa va riallocata dagli attori tradizionali verso di loro, verso aziende come Anduril e altri attori di questo nuovo ecosistema, spinto anche da altri sostenitori di Trump come Marc Andreessen“.
* Analista Junior AIAIG (Associazione Italiana Analisti di Intelligence e Geopolitica).