Diga di Gerd: l’Egitto e il Sudan davanti alla scelta militare

di Mustafa Karim

Nonostante le polemiche lunghe e faticose seguite al progetto etiope della diga Gerd (Great Ethiopian Renaissance Dam), lo stato più grande del corno d’Africa non sembra intenzionato a tirarsi indietro e ha messo il primo del mese di luglio come data per riprendere i lavori, temporaneamente sospesi per diversi motivi tra cui la stagione delle piogge, la guerra nella regione Tigrè e il dialogo con i paesi con i quali l’Etiopia condivide il Nilo, il Sudan e l’Egitto. Prima di arrivare al mese di luglio però i tre paesi devono arrivare a una soluzione che paradossalmente sembra più lontana che mai.
L’Egitto e Sudan hanno considerato le mancate risposte dell’Etiopia quasi come una dichiarazione di guerra nell’intento di proteggere i propri interessi. L’Etiopia dall’altra parte cerca di allungare il dialogo il più possibile arrivando in questo modo direttamente al mese di luglio e mettendo il Sudan e l’Egitto davanti a una realtà che sarà difficile cambiare: si tratta dell’operazione di secondo riempimento della diga e così il progetto si potrà considerare completo. Tale operazione fa paura all’Egitto e al Sudan perché rappresenterà la fine delle carte che usavano per far pressioni sull’Etiopia.
Per impedire all’Etiopia di compiere questo passo decisivo, l’Egitto e il Sudan restano davanti a due scelte molto importanti, la prima è quella di continuare i dialoghi, ed è questa la strada che hanno percorso dal 2011 fino ad oggi, conclusasi a Kinshasa pochi mesi fa con un esito fallimentare. La seconda soluzione resta quella militare, cioè la distruzione totale della diga. Una soluzione estrema e non espressa esplicitamente dalle forze politiche egiziane e sudanesi, che però sembra la più percorribile stando alle ultime dichiarazioni dei ministeri della Difesa dei due paesi.
La diga, nel caso di completamento dei lavori, sarà capace di bloccare circa 74 miliardi di litri d’acqua e per tornare indietro nello stesso periodo nell’anno passato 2020, con completa solo la prima fase dei lavori, l’Etiopia ha potuto bloccare 4.9 miliardi di litri, un’operazione costata molto cara all’Egitto in quantità di acqua ricevuta e soprattutto al Sudan, che l’autunno scorso ha visto distruggersi grandi città e villaggi interi a causa della carenza d’acqua in una prima fase e eccesso nella seconda.
Dal novembre del 2020 l’Etiopia ha continuato il lavoro nell’aumentare l’altezza della diga da 70 metri con l’obiettivo di arrivare all’altezza richiesta per il completamento dell’opera, cioè 100 metri, e questo lavoro deve essere fatto prima dell’arrivo delle piogge e quindi prima del mese di luglio. Se dovesse concludersi questo lavoro l’Etiopia sarà obbligata a bloccare non 5 miliardi di litri d’acqua come lo scorso anno ma saranno almeno 18 miliardi di litri.
Per l’Egitto e soprattutto per il Sudan i problemi non finiscono con la distruzione della diga, perché nel caso della scelta militare abbattere il muro mentre blocca 18 miliardi di litri d’acqua rappresenterebbe un grande pericolo per le città e i villaggi vicini al Nilo, e si è già visto di cosa è capace il grande fiume con solo 5 miliardi di litri bloccati nonostante le precauzioni prese dall’Etiopia per il controllo dei danni. Tutto questo spinge la coalizione di Sudan e Egitto ad agire nel modo più veloce ed efficace perché con il completamento dei lavori a luglio dell’anno corrente non sarà più possibile agire militarmente e si tornerà al tavolo del dialogo con l’Etiopia che avrà, questa volta, il coltella dalla parte del manico.
Tornare al dialogo semplicemente vorrà dire che l’Egitto e il Sudan potranno solo ascoltare le condizioni che porrà l’Etiopia, e dovranno mettere da parte quelle preoccupazioni che fino ad ora hanno comportato il fallimento dei dialoghi. La prima preoccupazione dell’Egitto e del Sudan è che l’Etiopia, come aveva già fatto l’anno scorso, vorrebbe utilizzare la diga per il proprio bene senza avere nessun coordinamento con il Sudan e con l’Egitto, che a loro volta chiedono di avere garanzie dopo aver vissuto realmente i danni che può causare una simile costruzione se non venisse gestita tra i tre stati in modo chiaro e coordinato. La seconda preoccupazione, manifestata più dal Sudan, è che l’Etiopia vorrebbe essere libera nel costruire altre dighe simili sul Nilo Blu. Il terzo punto di disaccordo è la richiesta dell’Etiopia di avere la maggiore quantità di acqua dal Nilo Blu, ed è una questione che continua a non risolversi dai tempi del colonialismo inglese in Egitto e in Sudan.
Una soluzione parziale potrebbe essere la posticipazione della seconda fase da parte dell’Etiopia, e questa non può avvenire se l’Egitto e il Sudan non dimostrano serietà militare e politica nei confronti dell’Etiopia. Il Sudan è già impegnato in un conflitto militare con l’Etiopia che riguarda la questione dei confini, accesa anche dalla guerra nella regione del Tigrè, e in questo avrà bisogno di un aiuto da parte dell’Egitto per unire le forze al fine di convincere l’Etiopia a fermare o almeno rallentare il progetto della diga.
Uno scenario probabile e possibile è anche l’intervento delle potenze mondiali come Usa, Cina e Ue, che sembrano avere molti interessi nella zona del Corno d’Africa. Queste potenze però fino ad ora non hanno trattato la questione della diga con il giusto peso, che verrà in auge comunque nel caso di un conflitto militare tra i tre stati, e ciò può rappresentare una fonte di grande instabilità nella regione. E se non dovesse realizzarsi quest’ultimo scenario, l’Egitto e il Sudan resteranno con l’unica scelta di attaccare militarmente l’Etiopia e distruggere, in parte o completamente, la diga di Gerd prima del mese di luglio.