Diritti civili: Kasem Alarab, ‘è essenziale il dialogo con la società civile’

Il responsabile per l’Africa dell’Iohrdpf, ‘I Saharawi costretti nei campi profughi in Algeria per non far perdere i fondi al Polisario’. E sulla Siria, ‘rivoluzione spontanea, ma poi sono subentrati gli interessi stranieri, in particolare dell’Iran’.

a cura di Enrico Oliari –

I diritti umani non nascono sotto le piante. Sono il frutto dell’impegno di donne e uomini che con perseveranza e coraggio li costruiscono ogni giorno, anche nell’avversità delle circostanze. Libertà di espressione e di associazione, da noi date per scontate, vengono ad essere un lusso in quelle realtà dove a comandare sono i regimi, gli ideologismi e gli interessi politici a discapito delle minoranze.

Kutiba Kasem Alarab è siriano, ma da anni vive tra gli Stati Uniti e il Nordafrica. E’ rappresentante dell’International Organization for Human Rights and Defense of Public Freedom, di base nell’Ohio, e in particolare è il delegato dell’associazione per l’Africa.
Lo incontriamo a Dakhla, nel Sahara Marocchino, dove segue il dramma che colpisce il popolo Saharawi dopo oltre mezzo secolo di confino a Tindouf, in Algeria, dove a dettare legge è il Polisario.

Noi siamo per la pace – afferma -, crediamo nell’autonomia del Sahara nel contesto del Regno del Marocco quale occasione di gestione di un conflitto che oggi non ha più ragion d’essere. I Saharawi sono costretti a vivere in condizioni miserrime nei campi pèrofughi di Tindouf, in Algeria, che noi abbiamo tentato di visitare senza successo già nel 2019”.

– Chi vi ha fermati? Perchè?
”Era stato il ministro della Difesa dell’Algeria a impedirci di andare a Tindouf, perché c’è una realtà scomoda, che l’Algeria non vuole si conosca. Non vuole che si scopra in che condizioni vivono i Saharawi sotto l’amministrazione del Polisario, non vuole che si sappia dei bambini – soldato, di che fine fanno gli aiuti internazionali, anche dell’Ue. Aiuti che non arrivano alla popolazione: vengono consegnati e fatti sparire per alimentare la guerra del Polisario”.

– Eppure il Marocco ha concesso un’ampia autonomia al Sahara, tra l’altro di recente riconosciuta anche dagli Stati Uniti e da alcuni Paesi europei…
“Non li lasciano andare. Se i Saharawi abbandonano Tindouf finiscono i fondi internazionali, vengono meno i bambini – soldato. Il tutto nel quadro di un accordo con l’Algeria, che così viene ad essere complice”.

– Lei è siriano, parliamo del suo Paese. Il termine “diritti civili” è ampio: cosa significa in Siria?
”In Siria non esistono istituzioni per i diritti umani, come pure non esiste una vera e propria società civile, perché il regime controlla tutto. Viene risposto che il regime tutela le minoranze religiose, che le donne vengono rispettate… ma in realtà non è così.
Ci tengo tuttavia a precisare che io sono indipendente, non sono schierato dall’una o dall’altra parte: siamo contro il regime ma anche contro i Fratelli Musulmani e il terrorismo, come pure contro le interferenze straniere, a cominciare da quella iraniana. Ma è fondamentale capire che alla popolazione non serve lo scontro, per cui come associazione comunichiamo con la società civile”.

– Ritiene che la guerra abbia cause esogene o endogene?
”All’inizio l’opposizione al regime era spontanea, ma poi vi sono stati gli estremismi, il terrorismo, l’intervento dell’Iran. La Siria di oggi deve fare i conti con i qaedisti a Idlib, il blocco economico e una situazione umanitaria disperata. La soluzione? Ridare centralità alla società civile, è con quella che noi vogliamo dialogare”.