Eau. Le ragioni del ritiro dalla guerra dello Yemen

di Giuseppe Gagliano

Gli Emirati Arabi Uniti si sono ritirati dalla coalizione a guida saudita anti-houthi, che a questo punto vede coinvolti oltre a Riad, Egitto, Sudan, Giordania, Marocco e Bahrain. Il Qatar è stato espulso dalla stessa coalizione lo scorso anno, a causa dei contrasti con le altre monarchie del Golfo e soprattutto la sua alleanza, necessaria per prevenire l’isolamento geografico totale, con l’Iran, paese che sostiene gli houthi.
La guerra nello Yemen ha preso il via nel gennaio 2015 a seguito del golpe degli houthi (sciiti), dopo che per mesi avevano chiesto invano alcuni riconoscimenti come l’inserimento di 20mila appartenenti alla minoranza sciita nelle forze armate governative, l’assegnazione di 10 ministeri e l’inclusione nella regione di Azal, di Hajja e dei governatorati di al-Jaw. Gli houthi hanno rovesciato il governo di Abd Rabbo Mansour Hadi.
Fra le motivazioni individuabili in merito al ritiro degli Emirati, preventivamente concordato con l’Arabia Saudita e come dall’Accordo di Stoccolma del dicembre 2018, dallo Yemen vi è innanzitutto la necessità di salvaguardare il commercio petrolifero dello stretto di Hormuz, ma anche nel Golfo di Oman e nel Mar Rosso meridionale, cercando di evitare di essere coinvolti direttamente in un conflitto con l’Iran a causa delle tensioni con Washington, conflitto che danneggerebbe gli stessi Emirati; vi sono poi il bisogno di consolidare la propria strategia di proiezione di potenza economica nel Corno d’Africa, nel Mar Rosso attuata e realizzata proprio grazie alla guerra yemenita; la possibilità di condurre una guerra per procura favorendo la secessione del sud dello Yemen dallo stato centrale senza essere coinvolti direttamente; e infine la necessità di riposizionare le proprie truppe a Hadhramawt e a Shabwa, luoghi con presenza di rilevanti giacimenti petroliferi.
In primo luogo dobbiamo ricordare che il ruolo degli EAU a livello militare nello Yemen è stato fondamentale. Non solo sono stati addestrati 90 mila soldati yemeniti, ma gli Emirati hanno posto in essere la realizzazione delle Forze d’Elite dell’Hadhramawt di Shabwa e la Security Belt Forces di Aden.
In secondo luogo la lunga guerra yemenita ha consentito agli EAU di impossessarsi di rilevanti snodi geoeconomici in Yemen: infrastrutture portuali come Aden e Mukalla in Hadhramawt, la regione orientale di Mahra, l’isola di Socotra, hub petroliferi e gasiferi come Bir ‘Ali e Ash e Balhaf, conseguendo in tal modo una significativa proiezione di potenza marittima sia sul Mar Rosso, sia sullo stretto di Bāb al-Mandabel, che sul Corno d’Africa, sul Golfo di Aden e sull’ Oceano Indiano.
In terzo luogo, allo scopo di capire in modo più chiaro le ragioni del conflitto in Yemen, dobbiamo considerare il ruolo chiave svolto dall’Iran in funzione anti-emiratina.
La prima ragione del contrasto tra Iran e EAU è legata al controllo di tre isole del Golfo e cioè Abu Musa e le due Tunb, che ora sono sotto il controllo iraniano.
La seconda ragione del conflitto tra Iran ed Emirati consiste nell’impedire che l’Iran possa attuare una proiezione di potenza nel Golfo a danno degli Emirati. Proprio per questo gli EAU sostennero Saddam Hussein contro l’Iran durante la guerra del 1980-88.
La terza ragione di contrasto è relativa al programma nucleare iraniano: gli EAU furono fra i principali protagonisti della politica anti-iraniana attuando anche pressioni sugli Stati Uniti per isolare e punire l’Iran. Infatti il ruolo degli Emirati, come quello dei sauditi, è fondamentale nel condizionare le scelte di politica estera americana in Medio Oriente.
La quarta ragione di conflitto è legata all’opposizione degli EAU al regime di Damasco in Siria, accusato di essere sponsorizzato dall’Iran.
La quinta ragione di conflitto è relativo al sostegno che il Qatar diede ai gruppi terroristi con il contributo dell’Iran.
Infine la sesta ragione è legata proprio alla questione dello Yemen. Infatti, secondo gli EAU, le milizie sciite houti sono uno strumento iraniano in funzione anti-saudita e anti-emiratina.
Nelle righe precedenti abbiamo più volte fatto riferimento all’importanza che gli stretti hanno per gli emiratini. Ebbene, dobbiamo domandarci quale strategia marittima gli emiratini stiano perseguendo sia nel Golfo che in Africa in relazione sia al conflitto yemenita che indipendentemente da esso.
Per quanto concerne lo Stretto di Hormuz, che connette il Golfo Persico con quello di Oman per sfociare poi nel l’Oceano Indiano, la sua centralità è determinata dal flusso di petrolio che è di circa 21 milioni di barili, cioè ad un quinto dei consumi mondiali. Di conseguenza la prolungata strategia iraniana di blocco navale ha già determinato rilevanti conseguenze sul mercato energetico mondiale.
Accanto allo stretto di Hormuz, un altro stretto rilevante per gli EAU è lo Stretto di Bāb al-Mandab, che connette il Golfo di Aden al Mar Rosso, toccando le coste dell’Eritrea e di Gibuti e quelle dello Yemen. Inoltre lo stretto di Bāb al-Mandab è importante per il transito commerciale da e per il Mediterraneo.
In altri termini, l’importanza geoeconimca dello stretto per gli Emirati è legata alla volontà di costruire un’ampia e articolata rete infrastrutturale sulle coste orientali dell’Africa che agevola il commercio in direzione del Mar Rosso e del Canale Suez. Nello specifico il centro nevralgico di questa strategia è certamente la Somalia.
Per quanto riguarda l’Africa non dobbiamo dimenticare che Abu Dhabi non solo ha un’importante infrastruttura militare nel porto eritreo di Assab, che si affaccia sul Mar Rosso, ma anche in Somalia, dove è stata realizzata un’infrastruttura militare nel porto di Berbera alternativo a quello di Gibuti, oramai sotto l’influenza cinese.Tuttavia è necessario sottolineare che il porto di Berbera è centrale anche per l’Etiopia, che ha fra l’altro una quota di proprietà del porto, che vede in esso uno strumento per la sua proiezione nell’Oceano Indiano.
A tale proposito gli Emirati hanno lanciato programmi di sviluppo di infrastrutture portuali e aeroportuali oltre che ferroviarie con obiettivi di proiezione di potenza economica analoghi e in concorrenza a quella cinese.
Per quanto riguarda invece l’Eritrea, la sua importanza è anche geopolitica perché
gli EAU possiedono un’infrastruttura militare a nord di Assab da dove ha pianificato la propria offensiva militare in Yemen.