Egitto. Al-Sisi e Abiy lavorano Alĺ diga di Gerd. Ma la Turchia…

di Giuseppe Gagliano

Il presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi è il primo ministro etiope Abiy Ahmed hanno deciso di riprendere le trattative relative alla Grande diga della Rinascita etiope (Gerd), grazie all’accordo raggiunto durante il vertice Russia-Africa di Sochi. La Gerd è una delle più grandi dighe del mondo, situata in prossimità delle sorgenti sul Nilo Blu per un costo di 4 miliardi di dollari, progetto che l’Etiopia ha iniziato nel 2011 e la cui realizzazione consentirà al paese africano di diventare il primo esportatore di energia dell’Africa. Il progetto della Grande diga del Rinascimento etiope è in buona sostanza una centrale idroelettrica, nata negli anni ’60 dall’immaginazione di Giorgio Pietrangeli con lo scopo di sfruttare il potenziale del Nilo Azzurro a fini idroelettrici.
Il progetto Gerd ha un bacino idrico così grande che da solo controlla completamente il fiume, realizzando così un sogno antico e cioè la speranza che il Nilo Azzurro possa in qualche modo essere dominato. La Gerd si trova a circa 40 km a valle della confluenza con il fiume Beles e a circa 15 km a monte del confine etiope con il Sudan. Ovviamente la costruzione della Gerd è stata particolarmente complessa perché ogni fase ha richiesto il coinvolgimento dei tre stati interessati (Etiopia, Egitto e Sudan) e l’approvazione di numerosi stakeholder.
Ritornando alle questioni diplomatiche, il primo ministro etiope premier Ahmed ha sottolineato che l’Etiopia non intende porre in essere azioni offensive sul piano politico ed economico che possano danneggiate l’Egitto. Anche al-Sisi ha sottolineato che il proprio paese. pur non volendo contrastare il progetto Gerd, intende tuttavia salvaguardare i propri interessi nazionali. Infatti la principale preoccupazione di al-Sisi consiste nel fatto che la Gerd potrebbe incidere in modo profondamente negativo sul suo fabbisogno energetico che dipende dal 90% dal Nilo. Secondo l’Egitto infatti il flusso d’acqua sarebbe ridotto in modo rilevante danneggiando sia il settore agricolo che quello industriale. Se da un punto di vista giuridico e diplomatico la questione dello sfruttamento delle acque del Nilo dipende dall’accordo del 1929
tra Egitto e Inghilterra che consentiva all’Egitto un ruolo dominante insieme al Sudan a danno dell’Etiopia che ha preteso di svolgere un ruolo di gran lunga più significativo, considerando che l’85% delle acque del Nilo provengono proprio dal Nilo Blu, il quale inizia propio in Etiopia. Tuttavia la situazione, altamente conflittuale sul piano sia politico che diplomatico, si è ulteriormente complicata con l’entrata della Turchia che in quanto sostenitrice dei Fratelli Musulmani, ostili all’attuale presidente egiziano,ha deciso di svolgere un ruolo anti egiziano incontrando il presidente sudanese con lo scopo di potere usufruire di una infrastruttura dual use, cioè sia civile che militare, presso la città portuale sudanese di Suakin, che si affaccia sul Mar Rosso. Naturalmente questo investimento infrastrutturale deve essere contestualizzato all’interno di accordi bilaterali con il Sudan che sono finalizzati, almeno per quanto riguarda la Turchia, ad aumentare il suo ruolo in Africa.