Elezioni in Moldavia: Dodon potrebbe fare da ponte tra la Russia e l’Ue

di Dario Rivolta * –

Chi ha interesse a mantenere tesi i rapporti tra l’Europa e la Russia? Sicuramente non l’Italia e nemmeno la maggior parte dei Paesi europei. Anche la presidente del Senato Elisabetta Casellati ne è convinta. Non a caso ha deciso una visita in Russia durante la quale ha esplicitamente affermato che la ripresa di rapporti virtuosi con Mosca è interesse del nostro Paese e di tutta l’Europa. Ma come farlo?
Sembra un paradosso, ma se ci sarà buona volontà da parte di Bruxelles, un Paese che potrebbe essere utile per riaprire una strada di buoni rapporti potrebbe essere un piccolo stato, il più povero del continente: la Moldavia. E importanti potrebbero essere le elezioni politiche che vi si terranno il prossimo 24 febbraio.
Il quarantaduenne presidente Igor Dodon, pure leader indiscusso del Partito Socialista Moldavo, ci crede e l’ha sostenuto a più riprese, sia nei suoi colloqui con Vladimir Putin sia quando ha incontrato Emmanuel Macron lo scorso novembre a Parigi.
A seguito della cosiddetta Eastern Partnership firmata dal governo moldavo in carica nell’ormai lontano 2013, la piccola repubblica aveva allacciato stretti rapporti economici anche con il mercato europeo, allontanandosi così dalla possibilità di entrare a far parte dell’Unione Euroasiatica, capeggiata da Mosca. A questo punto è bene ricordare che il suddetto programma di partnership è un qualcosa messo in piedi da Bruxelles dietro pressioni polacche e scandinave e mirante a far entrare nell’area d’influenza politica ed economica europea (e della NATO) sei Paesi dell’est, alcuni dei quali con l’Europa non hanno nemmeno una vicinanza geografica. Si ricorderà che quello che successe in Ucraina dopo quella data fu dovuto al fatto che il governo di Kiev rifiutò di sottoscrivere quell’accordo, dando così il via al colpo di stato che rovesciò il sistema politico locale e costrinse il presidente Viktor Janukovich, democraticamente eletto, a fuggire all’estero.
Su pressioni della Romania che continua a puntare a impadronirsi di quel paese, non si sa quanto per propria volontà o per “suggerimenti” d’oltreoceano, la Moldavia sottoscrisse il patto.
Salvo che, come in Ucraina, la popolazione moldava è equanimemente divisa tra due tendenze: c’è chi vuole mantenere le tradizionali relazioni storiche, culturali, linguistiche ed economiche con Mosca e chi invece punta a una maggiore integrazione con l’Europa.
Nell’ultimo decennio, una leggera maggioranza di elettori aveva votato per i partiti che si dichiaravano “filo-europei”. Tuttavia la gran parte della popolazione potrebbe oggi aver cambiato idea. I governi di questi pseudo europeisti si sono comportati in modo “non rispettoso delle leggi, corrotto, antidemocratico e lontano da ogni sincera volontà riformatrice”. Tanto è vero che perfino la benevolente Bruxelles ha deciso di sospendere ogni aiuto economico già promesso a Kishinau, posponendolo a dopo le prossime elezioni politiche e sempre che si svolgano in maniera internazionalmente riconosciuta come “free and fair”.
Stando a una valutazione di Transparency International Corruption Perception Index, la corruzione in Moldavia situa il Paese al 122mo posto su 180. Anche l’indice di World Press Freedom parla di una forte limitazione dell’indipendenza dei suoi media e ha degradato il Paese dall’80esimo nel 2017 all’81esimo posto nel 2018. E’ proprio per la disaffezione verso molti dei partiti locali, sedicenti “europeisti”, che alle presidenziali del 2016 gli elettori hanno votato Dodon, notoriamente amico di Putin e che tutti i sondaggi per le prossime elezioni politiche vedono in testa con il 32% il suo Partito Socialista. Il partito adesso al governo, monopolizzato dall’oligarca Plahotniuc, è il filo-europeo PDM ma raccoglie soltanto il 16%. Anche il tasso di fiducia attribuito alle varie personalità politiche più significative non è lusinghiero per l’attuale Primo Ministro. Dodon raccoglie il 23,6% di fiducia dei suoi concittadini e al secondo posto c’è una donna ex ministro, Maia Sandu, oggi all’opposizione e leader di una coalizione che alle elezioni potrebbe raccogliere il 20% dei voti, con un tasso di fiducia del 10,4. Plahotniuc, vero capo del PDM, e il suo primo ministro Pavel Philip ottengono rispettivamente il 9,5 e 8,9%.
Fortunatamente lo svolgimento delle elezioni sarà controllato da una missione del Consiglio d’Europa, da un’altra del Parlamento europeo e dall’OSCE attraverso il proprio ufficio Per Le Istituzioni Democratiche e Diritti Umani (ODIHR). In tutto, saranno presenti alcune centinaia di osservatori, una parte dei quali è già sul posto per controllare lo svolgimento di tutta la campagna elettorale. Le premesse affinché tutto si svolga regolarmente potrebbero dunque esserci e si spera che saranno realizzate. Se, come i sondaggi lasciano intravedere, il Partito Socialista otterrà una forte maggioranza e se Dodon attuerà la sua intenzione di preservare contemporaneamente i legami in essere tra Kishinau e Bruxelles e rinforzare i contatti “tradizionalmente forti con Mosca” (sue parole), potrebbe essere un buon inizio per ricucire anche i rapporti tra l’Europa e la Russia. Purché qualche “manina” male intenzionata non ci metta lo zampino e non succeda come in Ucraina.
Un diplomatico europeo citato da Le Monde dice che “Il piano di Dodon non è assurdo. Giuridicamente niente vi si oppone e i russi hanno dimostrato in questi ultimi anni apertura verso la Moldavia. Si tratta soltanto di un problema politico”. Appunto.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.