Fake news, informazione pilotata e censura: come i governi controllano l’opinione pubblica

di Dario Rivolta *

Recentemente un giornalista della Fox News che intervistava il neo-presidente Donald Trump su come potesse “rispettare” l’omologo russo Vladimir Putin, “un assassino che aveva commesso una marea di atrocità”, si è sentito rispondere: “Ci sono un sacco di assassini nel mondo. Siamo pieni di assassini. Che cosa pensa? Che il nostro Paese sia così innocente?”
Complimenti al “politicamente scorretto”, presidente americano e complimenti anche a quei giornali che hanno avuto il coraggio di riferire questo scampolo di quella conversazione, comunque pubblica e registrata!
Uguale sincerità manca però in tanti tra coloro che parlano di “fake news”. In questi giorni è moneta corrente accusare la Russia di propaganda attraverso notizie false diffuse ad arte per influenzare le opinioni pubbliche di altri Paesi a proprio favore e, che Mosca lo faccia, è molto probabile. Ciò che però non si dice è che noi “occidentali” facciamo esattamente la stessa cosa. Da sempre!
E’ bene ricordare per esempio che la guerra contro la Serbia fu giustificata anche in Italia come un dovere umanitario di tutto il mondo “democratico” per salvare il presunto genocidio di poveri cittadini kossovari, sterminio attuato senza pietà dal governo di Belgrado. Tutti i nostri organi d’informazione furono inondati nei giorni precedenti i bombardamenti di fotografie dall’alto che evidenziavano fosse comuni in cui, si dicevano, erano stati seppelliti inermi civili massacrati dalla polizia e dall’esercito serbo. Ovviamente, tutte le opinioni pubbliche europee ne rimasero impressionate e le proteste contro la guerra furono molto limitate. Finito il conflitto, il Tribunale internazionale dell’Aia inviò sul territorio pattuglie di medici legali di varie nazionalità con lo scopo di documentare i massacri e raccogliere le prove per incriminare i responsabili. Il risultato? Si scoprì che la maggior parte di quelle pretese “fosse” erano solo terra artatamente smossa e non contenevano alcun cadavere. In alcune, poche in realtà, si trovarono invero dei corpi, ma nel loro rapporto i medici scrissero che i decessi risalivano sicuramente a dopo l’inizio dei bombardamenti e non c’era alcun elemento per stabilire se si trattasse di kossovari o serbi. Pochi mesi dopo, il procuratore capo del Tribunale penale internazionale per l’ex – Jugoslavia, il magistrato svizzero Carla del Ponte, cercò di incriminare sulla base di prove evidenti i guerriglieri kossovari dell’UCK (allora nostri alleati contro il “macellaio” Milosevic) per sequestro di persona di cittadini serbi al fine di espiantare loro organi vitali e farne commercio. La Del Ponte non riuscì a organizzare alcun processo e il capo di quel gruppo, Hashim Thaci è tuttora il presidente in carica del Kosovo, indipendente grazie ai nostri bombardamenti “umanitari”. Pochi giornali ne parlarono allora e nessuno oggi lo vuole più ricordare.
Un altro (tra gli innumerevoli) esempi? La storia delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, mai ritrovate e quasi sicuramente mai esistite.
Come si vede, le fake news non sono cosa insolita, ne’ recente.
Basterebbe ricordare l’uso della radio fatto da Goebbels nella Germania nazista e la famosa Radio Londra sul fronte opposto. Ogni Stato in grado di permetterselo ha sempre cercato di usare la comunicazione per influenzare gli umori delle popolazioni e le azioni dei governi considerati nemici o comunque utili ai propri fini (vogliamo ricordare la scoperta dello spionaggio americano ai danni dei capi di Stato europei?).
Le varie campagne elettorali non fanno eccezione. C’è qualcuno disposto a credere che le nostre elezioni non abbiano mai visto l’uso di notizie false diffuse ad arte da nostri organi di stampa, magari “aiutati” da qualche governo straniero?
Per cercare però di essere credibili, le notizie offerte devono appoggiarsi a fonti che si presentino come “sopra le parti”. E queste fonti sono davvero e spesso insospettabili. Willy Wimmer, un ex presidente dell’OSCE e già sottosegretario al ministero della Difesa tedesco (uno che se ne intende dunque), cita la stessa OSCE e addirittura la Croce Rossa Internazionale come organi al servizio d’interessi faziosi: “…Basandomi sulle mie esperienze passate, occorre essere ben coscienti che è un usuale modo di procedere. Cito, tra gli altri, il Comitato internazionale della Croce Rossa, poiché dal mio punto di vista è difficilmente accettabile che il finanziatore principale di quest’organizzazione siano gli Stati Uniti e che gli Stati europei vi partecipino per un massimo dell’uno o due per cento… Se si volesse veramente sapere ciò che succede nelle diverse regioni del mondo, le popolazioni sconcertate potrebbero eventualmente pensare che questi rapporti siano corretti. Tuttavia le esperienze che ho avuto nel corso degli ultimi 20 anni mostrano che, come regola generale, non ci si può fidare”. Gli stessi dubbi Wimmer li esprime a proposito dell’”Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo”, chissà perché con base in Gran Bretagna.
E l’Europa è quindi innocente e soltanto vittima di macchinazioni altrui?
Niente affatto: anche noi non stiamo a guardare. Molte organizzazioni sono “coperte” e nemmeno hanno personalità giuridica ma agiscono subdolamente influenzando in vario modo gli organi di stampa. Nei vari Paesi europei, e l’Italia non fa eccezione, alcune testate vivono grazie a entrate che non si sa da dove arrivino e che non sembrerebbero giustificate ne’ dalle inserzioni pubblicitarie ne’ dalle copie vendute. Saranno veramente indipendenti o saranno filo russe? O filo americane? O filo qualcosa d’altro? Comunque sia, alcuni organismi sono noti e il loro scopo di fare contro informazione è palese.
Dal settembre 2014 esiste in Gran Bretagna la 77esima Brigata, un’unità incaricata di contrastare la propaganda straniera composta di 440 militari e circa un migliaio di civili. All’inizio del 2015 la signora Anne Applebaum ha dato vita a una “Iniziativa sulla guerra dell’informazione” e tale nuovo istituto è, casualmente, locato presso il “Centro d’analisi della politica europea” con sede a Washington. La Applebaum è, guarda le coincidenze!, moglie dell’ex ministro della Difesa polacco Radoslav Sikorski. Nel marzo 2015 il Consiglio europeo ha dato mandato al cosiddetto Alto Rappresentante per la Politica Estera, Federica Mogherini, di preparare un “piano di comunicazione strategica” per denunciare le campagne di “disinformazione” russe. Un’unità con questo scopo è stata allora creata in aprile all’interno del Servizio Europeo Per l’Azione Estera. Lo dirige il signor Giles Portman, conosciuto come agente del MI6 britannico. Il loro compito è quello di distribuire due volte la settimana informazioni a varie testate europee (una volta si chiamavano veline) per contrastare le notizie in arrivo da Mosca. Anche la NATO non è da meno: da sempre è dotata di un manuale per le strategie della comunicazione e, com’è politicamente corretto dire, non ha l’obiettivo di dare le notizie che piacciono a noi, ma soltanto di denunciare le bugie altrui.
Naturalmente, oltre ai già citati, esistono una marea di altri “centri studi” o “laboratori per la verità” ma non ci è possibile conoscerli nel dettaglio.
Tuttavia, anche se numerosi e ramificati, qualcuno non ha giudicato sufficienti tutti gli organismi già attivi e allora, in spregio al proclamato valore europeo della libertà d’informazione, il Parlamento europeo ha appena votato (su proposta di una ex ministro degli Esteri polacca, ora deputata europea) un provvedimento che invita i governi degli Stati membri a censurare alcuni organi di stampa russi, colpevoli di diffondere le loro “verità” e non le nostre.
Per non essere da meno, nel novembre 2016 il Washington Post ha pubblicato una lista di addirittura 200 siti internet identificati come organi del Cremlino da un fantomatico gruppo, un certo “Propaganda or Not?”. Ci si domanda chi sta dietro questa scoperta? Presto detto: Voice of America (attraverso Polygraph e The Interpreter) e il National Endowment for Democracy diretto dagli ex ministri degli Esteri americani Zbigniev Brzezinsky e Madeleine Albright.
Difficile, dunque, districarsi con obiettività dalla marea di notizie che ci raggiungono. L’unica cosa da fare, se si vuol cercare di capire cosa sia vero e cosa sia falso, resta documentarsi da più fonti possibili. Censura permettendo.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.