Filippine. Esercitazioni congiunte con Australia e Canada Nel Mar Cinese Meridionale

di Giuseppe Gagliano

L’esercitazione navale congiunta in corso di Filippine, Australia e Canada nel Mar Cinese Meridionale non è un semplice episodio di cooperazione militare, ma un segnale della crescente centralità strategica di quella che ormai è considerata la rotta marittima più contesa del pianeta. Dietro le dichiarazioni rassicuranti e la cornice formale delle manovre, si intravede il confronto tra chi difende la libertà di navigazione e chi, come la Cina, rivendica un controllo quasi totale sulle acque.
La presenza della fregata filippina BRP Jose Rizal, del cacciatorpediniere australiano HMAS Brisbane e della fregata canadese HMCS Ville de Quebec ha un significato che va oltre la tecnica militare. Non si tratta di un’esercitazione diretta “contro qualcuno”, come hanno tenuto a precisare i portavoce, ma dell’affermazione di un principio: garantire un Indo-Pacifico libero e aperto. Per Manila, che da anni vive il pressing cinese sulle sue acque territoriali, la partnership con potenze esterne rappresenta un messaggio di resistenza e di legittimazione internazionale.
Queste manovre si inseriscono nell’operazione ALON, avviata nel 2023 come simbolo della partnership strategica tra Australia e Filippine. Oggi, l’esercitazione ha raggiunto la massima dimensione mai realizzata, con 3.600 militari australiani e filippini, supportati da contingenti canadesi e statunitensi. Le attività comprendono operazioni anfibie, manovre terrestri e tiri dal vivo, pensati per accrescere l’interoperabilità e la deterrenza. È un modo per mostrare che la difesa non si costruisce solo sulle parole, ma su capacità integrate e verificabili sul campo.
Il contrammiraglio Roy Vincent Trinidad ha dichiarato che le Filippine intendono aumentare la frequenza delle navigazioni congiunte con partner stranieri. Perché? Perché ogni passaggio condiviso, ogni esercitazione multinazionale, contribuisce a dissuadere Pechino. Non si tratta di sconfiggere militarmente la Cina, impensabile per Paesi di dimensioni medio-piccole, ma di impedirle di presentarsi come padrona indiscussa delle rotte. Dalla fine del 2023 Manila ha moltiplicato le “attività cooperative marittime”, coinvolgendo non solo Washington ma anche India e ora Canada. È una strategia di rete: più bandiere, meno isolamento.
Naturalmente la Cina non resta a guardare. Ogni esercitazione occidentale nel Mar Cinese Meridionale viene bollata da Pechino come destabilizzante. Già a maggio aveva accusato l’Australia di voler “creare problemi”. La linea di Pechino è chiara: il Mar Cinese Meridionale è quasi interamente suo, malgrado il verdetto contrario della Corte arbitrale internazionale del 2016. Una rivendicazione sostenuta dalla costruzione di isole artificiali e dal dispiegamento massiccio di guardie costiere e navi militari. Ma più la Cina alza la voce, più le Filippine e i loro partner cercano nuove alleanze.
Per l’Australia, queste manovre consolidano il suo ruolo di attore regionale, rafforzando i legami con un alleato chiave come Manila. Per il Canada, la presenza è meno immediata ma significativa: serve a riaffermare la propria partecipazione alla sicurezza collettiva in un’area dove passano oltre 3 trilioni di dollari di commercio annuo. Gli Stati Uniti, intanto, osservano e capitalizzano: l’accesso a nove basi nelle Filippine consente loro di avere posizioni avanzate per qualsiasi crisi futura, Taiwan compresa.
La vera domanda è quanto durerà questo equilibrio instabile. Se da un lato le esercitazioni dimostrano determinazione, dall’altro rischiano di alimentare ulteriormente la tensione con la Cina. Manila, sotto la guida di Ferdinand Marcos Jr., ha scelto di allinearsi stabilmente con Washington e i suoi alleati, rompendo con la linea più ambigua di Duterte. È una scommessa: ottenere protezione rafforzando la cooperazione militare, ma correndo anche il rischio di trovarsi al centro di uno scontro tra giganti.
Quella che si svolge nel Mar Cinese Meridionale non è una semplice esercitazione, ma un atto politico. Ogni nave che solca quelle acque porta con sé un messaggio: la libertà di navigazione non è negoziabile. Eppure resta il dubbio se queste dimostrazioni di forza siano sufficienti a contenere l’espansionismo cinese o se, al contrario, finiranno per trasformare il Mar Cinese Meridionale in una miccia accesa, pronta a incendiare l’Indo-Pacifico.