di Giuseppe Gagliano –
La Francia si trova ad affrontare una delle sue crisi politiche più complesse degli ultimi anni. Il governo di minoranza, guidato dal primo ministro Michel Barnier, è sempre più a rischio, con l’estrema destra del Rassemblement National (RN) e la sinistra pronte a unire le forze per farlo cadere. Il bilancio della previdenza sociale del 2025 è diventato il campo di battaglia principale, ma le implicazioni di questa crisi vanno ben oltre.
Marine Le Pen, leader del RN, ha chiarito che il suo partito non esiterà a votare contro il governo se le sue richieste sul bilancio non saranno accolte. Nonostante Barnier abbia già fatto concessioni, Le Pen le ha giudicate insufficienti, mantenendo alta la tensione. Questo stallo mette il primo ministro in una posizione precaria, con l’Assemblea nazionale chiamata a votare sul bilancio lunedì pomeriggio.
Se il bilancio venisse respinto, potrebbe essere il preludio di una mozione di sfiducia, che costringerebbe Barnier a dimettersi e porterebbe il governo francese alla seconda crisi in sei mesi.
Anche i partiti di sinistra, spesso in opposizione ideologica al RN, sembrano pronti a collaborare per far cadere il governo. Questa alleanza inedita sottolinea la fragilità del governo Barnier e l’insoddisfazione trasversale per la sua gestione. La sinistra critica le politiche sociali e fiscali del governo, giudicandole insufficienti per affrontare le crescenti disuguaglianze nel Paese.
Barnier ha due strade davanti a sé: invocare l’articolo 49.3 della Costituzione per approvare il bilancio senza un voto parlamentare. Questa mossa, pur legittima, potrebbe scatenare una mozione di sfiducia immediata; oppure procedere con un voto regolare, sperando in un miracolo politico per salvare il bilancio. Tuttavia, anche se superasse questo ostacolo, resterebbero due votazioni critiche, il 4 e il 18 dicembre, che potrebbero rappresentare altrettanti momenti di rischio per il governo.
In caso di sfiducia il presidente Emmanuel Macron dovrebbe nominare un nuovo primo ministro. Tuttavia trovare una figura con sufficiente consenso trasversale nell’attuale Assemblea frammentata potrebbe essere un’impresa ardua. Una delle opzioni potrebbe essere un governo tecnico senza programma politico definito, ma ciò rischierebbe di alimentare ulteriori tensioni.
Nel frattempo il governo uscente rimarrebbe in carica per gestire gli affari correnti. Se entro il 20 dicembre il bilancio non fosse approvato, il governo ad interim potrebbe ricorrere a poteri costituzionali per far passare il bilancio per ordinanza. Tuttavia, questa mossa rischierebbe di essere contestata legalmente e politicamente.
Un bilancio incompleto o ritardato avrebbe ripercussioni significative. Le pensioni potrebbero essere bloccate, i livelli di tassazione non adeguati all’inflazione, e il piano di risparmi di Barnier sarebbe messo da parte. Secondo il ministro delle Finanze Antoine Armand, questo scenario colpirebbe duramente 17 milioni di cittadini, i cui redditi sarebbero erosi dall’inflazione.
Anche se un nuovo governo venisse formato, la situazione rimarrebbe fragile. Con nessun partito in grado di ottenere una maggioranza, ogni provvedimento potrebbe scatenare nuove mozioni di sfiducia. L’unica soluzione definitiva sarebbe lo scioglimento dell’Assemblea e nuove elezioni legislative, che però non potrebbero avvenire prima di luglio 2025, un anno dopo le ultime elezioni.
Alcuni parlamentari dell’opposizione stanno anche chiedendo le dimissioni di Macron, ma il presidente ha escluso questa possibilità, dichiarando di voler portare a termine il suo mandato fino al 2027.
La crisi attuale mette in evidenza le debolezze strutturali del sistema politico francese, dove governi di minoranza si trovano spesso paralizzati da rivalità interne. Nel breve termine, la sopravvivenza del governo Barnier dipenderà dalla sua capacità di gestire il bilancio e ottenere compromessi con l’opposizione. Nel lungo termine, però, la Francia potrebbe dover affrontare una revisione del suo sistema politico per garantire maggiore stabilità.
La crisi in atto non è solo un problema interno, ma un segnale per l’Europa: l’instabilità politica in Francia, uno dei motori dell’Unione Europea, potrebbe avere ripercussioni ben oltre i suoi confini, influenzando il futuro del continente in un momento di crescenti tensioni geopolitiche ed economiche.